Difesa e sicurezza, come l’Ue si prepara ai risultati delle elezioni americane

L’Ue tra Harris e Trump: difesa, energia e trasporti al centro delle sfide post-elezioni americane
2 settimane fa
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Kamala Harris o Donald Trump, questo è il dilemma. E lo è ancora di più per l’Unione europea. Le elezioni presidenziali americane aprono diversi scenari a ciò che il blocco dei 27 Stati membri dovrà affrontare nei prossimi anni.

L’Europa, innanzitutto, dovrà potenziare il settore della difesa per diventare più autosufficiente. Così come, sul lato della competitività è richiesto all’Unione europea di assumere un ruolo centrale nelle politiche future internazionali e nei legami che intrattiene, tra alti e bassi, con i vicini orientali.

Ma cosa succede all’Unione europea se vince Donald Trump e cosa, se vince Kamala Harris? Scopriamolo insieme.

La difesa europea

La guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina è bastata per far capire all’Unione europea quanto sia necessario che si renda indipendente nella sua capacità di difesa. Il potenziale ritorno di Donald Trump ha aperto uno scenario plausibile di qui a pochi mesi: il tycoon ha minacciato di lasciare scoperti quei membri della Nato che non sono in grado di soddisfare l’obiettivo di investire nella difesa. Il rischio? Non avere protezione sufficiente in caso di un attacco russo.

“Harris o Trump? Alcuni sostengono che il futuro dell’Europa dipenda dalle elezioni americane, mentre dipende prima di tutto da noi – ha scritto il primo ministro polacco Donald Tusk su X -. A condizione che l’Europa cresca finalmente e creda nella propria forza. Qualunque sia l’esito, l’era dell’outsourcing geopolitico è finita”.

Alla preoccupazione crescente di gran parte dell’Unione europea su un possibile ritorno di Trump al governo americano si è aggiunta l’analisi del think tank European Couincil of Foreign Affairs. L’ex ministro degli esteri della Moldova e co-autore del report Nicu Popescu, ha spiegato l’importanza di munirsi di “corsie preferenziali amministrative”. Meno burocrazia e più capacità di azione, in sintesi, per affrontare “i propri problemi senza sperare sempre che gli Stati Uniti arrivino a salvarla (l’Unione europea, ndr)”.

Seppur sia parere condiviso da analisti e leader politici che l’Unione europea debba impegnarsi di più nell’investire in una difesa comune, alcuni Stati membri continuano a mantenere delle riserve su questo tipo di incentivi. Germania e Paesi Bassi, ad esempio, si sono opposti all’assunzione di nuovo debito congiunto per finanziare l’esercito. E le elezioni americane saranno il banco di prova anche per l’Unione europea per capire chi è davvero intenzionato a portare avanti un blocco unico e non frammentato da rapporti bilaterali che ne minerebbero la sicurezza.

Ad esprimersi in merito è stata anche la Corte dei conti europea che ha spiegato quanto sia diventata un’esigenza strategica europea la mobilità militare, “sempre più urgente alla luce della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e dei problemi incontrati dalle forze armate in quest’area nell’Ue”.

Con questo termine si fa riferimento alla capacità di “garantire un movimento rapido e fluido di personale, materiali e risorse militari all’interno e all’esterno dell’Ue, con breve preavviso e su larga scala. Per la prima volta, l’Ue dispone di un bilancio per la mobilità militare, costituito principalmente da 1,69 miliardi di euro per infrastrutture a duplice uso. Il primo piano d’azione dell’Ue sulla mobilità militare è stato pubblicato nel 2018, seguito da un secondo nel 2022. Gli auditor hanno esaminato se il piano d’azione 2.0 fosse stato costruito su solide fondamenta e fosse sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi”.

Dal punto di vista legale, la difesa territoriale è una competenza dei singoli Stati membri, 23 dei quali sono anche membri della Nato. Tuttavia, secondo i trattati europei, “la competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che potrebbe condurre a una difesa comune”.

La vera sfida, oltre la spesa a sé stante, è l’armonizzazione delle norme tra i Paesi e, come spiega la Corte, “l’esplorazione del potenziale per un approccio civile-militare allo sviluppo delle infrastrutture”.

Il piano d’azione europeo 2022-2026 si basa su quattro pilastri principali: corridoi multimodali e hub logistici, resilienza e preparazione, misure di supporto normativo e dimensione di partenariato. Include 38 azioni, la maggior parte delle quali devono essere implementate su più livelli. Per questi motivi, la Corte ha esaminato la strategia di lungo termine alla base del Fondo europeo per la difesa e sta preparando “il secondo rapporto speciale che esamina le azioni e la spesa dell’Ue. I revisori stanno valutando se la governance per le azioni e la spesa per la mobilità militare nell’Ue includa accordi di rendicontazione chiari e idonei, se la progettazione del Piano d’azione 2.0 sia favorevole al raggiungimento dell’obiettivo generale di avere una rete di mobilità militare ben collegata con tempi di reazione più brevi e se il piano sia sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi”.

Il rapporto uscirà questo inverno.

Energia e trasporti

La sfida europea, alla luce dei risultati delle presidenziali americane, non riguarda solo la difesa. Dal punto di vista energetico, ad esempio, i tentativi della Russia di distruggere o impossessarsi dell’infrastruttura elettrica dell’Ucraina hanno costretto l’Europa a reagire in poco tempo. “Fino all’invasione – si legge nel report dell’Ecfr -, l’Ucraina poteva contare sulla produzione di quattro centrali nucleari. La centrale di Zaporizhia è la più grande d’Europa, ma è stata occupata dalla Russia nei primi giorni della guerra. Poi, a partire dall’ottobre 2022, la Russia ha lanciato una massiccia campagna di bombardamenti concentrata principalmente sulla rete di distribuzione elettrica, attraverso la quale l’Ucraina aveva precedentemente esportato il suo surplus”.

La capacità di sincronizzazione tra Ucraina e Moldova con la European Network of Transmission System Operators (Entso-E), la rete di operatori energetici che copre la maggior parte del continente, ha dimostrato la capacità di armonizzare la produzione energetica con il resto d’Europa.

“La sincronizzazione delle reti elettriche – continua il report – con il resto d’Europa tramite ENTSO-E ha aiutato in modo significativo Ucraina e Moldavia ad alleviare gli effetti degli attacchi russi sulle loro reti elettriche. Secondo Ukrenergo, la compagnia elettrica statale ucraina, il volume totale di elettricità che l’Ucraina ha importato dall’Ue è aumentato del 94% rispetto al 2021. Ma mentre questo ha contribuito a ridurre gli shock, c’è un limite a quanta elettricità può essere trasportata dall’Ue all’Ucraina e alla Moldavia sulle reti esistenti. Sono necessari nuovi interconnettori. Il rischio, tuttavia, è che questi vengano costruiti utilizzando procedure e velocità di tempo di pace”.

La situazione dei trasporti in Ucraina è diventata molto complessa a causa dell’incertezza delle spedizioni attraverso il Mar Nero e la chiusura dello spazio aereo ucraino. Questo ha portato a un aumento significativo del traffico di merci e persone attraverso i confini terrestri occidentali dell’Ucraina, causando lunghe code ai valichi di frontiera con i paesi vicini come Ungheria, Polonia, Romania, Moldavia e Slovacchia. Questo ha fatto sì che si rendesse necessario da parte dei Paesi Ue e della Nato l’aggiornamento delle infrastrutture per scopi strategici, come nuove strade, aggiornamenti ferroviari e il rinforzo dei ponti per il dispiegamento di mezzi militari.

L’Unione europea dopo Harris o Trump

Se da un lato tutto ciò ha permesso all’Unione europea di aprire gli occhi su cosa di deve o non deve fare, dall’altro lato il rischio è che questa presa di coscienza arrivi tardi. Con Kamala Harris potrebbe esserci il tempo di realizzare piani strategici, contribuire alla vittoria dell’Ucraina continuando a finanziare aiuti militari e umanitari e concedendosi la possibilità di ripensare all’Europa non più come un insieme di Stati singoli, ma come una vera comunione di beni e forze. Con Donald Trump il rischio è che questa presa di coscienza diventi come un brusco risveglio da un incubo che continuerà anche ad occhi aperti.

Perché? Secondo il tycoon, l’Unione Europea dovrà “pagare un prezzo elevato” per non acquistare abbastanza prodotti americani. Lo ha promesso in un comizio in Pennsylvania, aggiungendo: “Vi dirò una cosa, l’Unione europea sembra così carina, così adorabile, vero? Tutti i bei paesini europei che si uniscono”, poi però, “non prendono le nostre auto. Non prendono i nostri prodotti agricoli. Vendono milioni e milioni di auto negli Stati Uniti. No, no, no, dovranno pagare un prezzo elevato”. Una promessa che, al pari di quella di risolvere il conflitto russo-ucraino in meno di 24 ore, rischia di diventare un pericolo per l’economia e il futuro dell’Ue.