Commissione von der Leyen bis, dall’Europarlamento un via libera tra contrasti e strategia politica

Fumata bianca, dopo oltre una settimana di suspense, per i sei vicecommissari – compreso Raffaele Fitto - e il commissario ungherese ‘rimandato a settembre’. Il secondo quinquennio guidato dalla tedesca inizierà ufficialmente il primo dicembre
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Von Der Leyen Ride Ftg
Ursula von der Leyen (Immagine di repertorio - EUC/ROPI/Fotogramma)

Fumata bianca – al cardiopalma – per la seconda Commissione von der Leyen. Dopo oltre una settimana di suspense, ieri sera l’Europarlamento ha dato l’ok ai 6 vicecommissari e al commissario ungherese, dando così il via al nuovo quinquennio guidato dalla tedesca, che inizierà ufficialmente il primo dicembre.

Il nodo Fitto

Risolti dunque i veti incrociati e i giochi politici: gli eurodeputati hanno trovato un accordo. L’italiano Raffaele Fitto, uno degli scogli più grandi da superare, per il quale i Socialisti e Democratici (S&D) avevano chiesto un ridimensionamento a commissario semplice da vicecommissario esecutivo in quanto ‘di estrema destra’, è stato confermato nel ruolo proposto da von der Leyen.

Il gruppo ha dovuto cedere, pena veder cadere la propria candidata vicecommissaria e punta di diamante, Teresa Ribera, sotto la scure dei Popolari (Ppe). Ora Ribera diventerà la numero 2 dell’esecutivo Ue, con importantissime competenze su concorrenza e clima.

Il nodo Ribera

il Ppe, dal canto suo, non ha dovuto rinunciare a molto. La sua prima richiesta, che la spagnola rispondesse nel Parlamento nazionale della gestione delle inondazioni a Valencia, è stata accolta, mentre la seconda, quella di impegnarsi a dimettersi se fosse incriminata da un tribunale sempre per la gestione delle inondazioni, è stata rifiutata. Ma i Popolari alla fine l’hanno sostenuta.

Per il governo Sanchez la nomina di Ribera, che ha ottenuto deleghe pesantissime, è un grande successo, e i Popolari spagnoli lo sanno bene, tanto che hanno tentato in tutti i modi di azzopparla.

L’accordo per il via libera alla nomina dei sei vicepresidenti designati infatti è rimasto in stand-by a Bruxelles, in attesa che a Madrid ieri si concludesse appunto l’audizione di Ribera alle Cortes, centrata sulle alluvioni che hanno causato oltre 200 morti nella regione di Valencia alla fine del mese scorso.

Si sarebbe trattato di un gesto di riguardo di Manfred Weber, presidente e capogruppo del Ppe, nei confronti del Partido Popular e del suo leader Alberto Nunez Feijòo: il politico bavarese non poteva annunciare l’accordo sulla nomina di Ribera prima che i deputati popolari alle Cortes avessero finito di attaccarla, perché gli avrebbe rotto le uova nel paniere. E gli spagnoli gli sono indispensabili se vuole essere rieletto presidente del partito nel congresso che si terrà a Valencia nel prossimo aprile.

Il nodo Várhelyi

Altro nodo era il commissario ungherese di estrema destra Olivér Várhelyi, la cui audizione aveva sollevato diversi dubbi tanto che il politico era stato ‘rimandato a settembre’, con richiesta di offrire alcuni chiarimenti nei giorni successivi. Alla fine è stato confermato, con un ritocco ad alcune delle sue responsabilità: un ridimensionamento che si aggiunge a quello, a monte, del portafoglio che von der Leyen gli ha riservato a questo giro. Várhelyi, infatti, era già commissario nella precedente commissione, dove aveva la delega alla politica di allargamento del blocco, ma per questo secondo mandato la tedesca gli ha assegnato salute e benessere degli animali.

I vicepresidenti e l’intesa raggiunta

Alla fine dunque i vicepresidenti sono stati “tutti confermati”:

Kaja Kallas, Estonia (il gradimento del Parlamento era una formalità, in questo caso, perché è stata indicata direttamente dal Consiglio Europeo)
Stéphane Séjourné, Francia
Roxana Minzatu, Romania
Henna Virkkunen, Finlandia
Teresa Ribera, Spagna
Raffaele Fitto, Italia.

E confermato anche, come detto, il commissario ungherese alla Salute, Olivér Várhelyi.

È la prima volta dal 1999 che l’Europarlamento non respinge nessun candidato commissario. Va ricordato che quello delle audizioni e del voto finale è in sostanza l’unico momento in cui i Mep possano esercitare un vero controllo e un certo potere sui commissari.

Quanto all’intesa sottoscritta, secondo quanto ha riferito il copresidente dei Verdi/Ale Bas Eickhout al termine della conferenza dei presidenti a Bruxelles, questa si basa sulla “ripetizione delle linee guida” della Commissione già presentate nello scorso luglio. Effettivamente nelle due pagine del ‘Final Platform Statement’, ad una prima lettura, è arduo trovare grosse novità.

Meloni: “Vittoria di tutti gli italiani”

Weber ha commentato l’ok dell’Eurocamera: “Per noi come Ppe la cosa più importante è avere la Commissione in carica il primo dicembre, perché l’Europa ha bisogno di stabilità”. “Tutti possono dire la loro sul futuro dell’Europa. I socialisti hanno dossier forti. I liberali hanno dossier forti, il Ppe è in testa e [ha] molti commissari. E anche l’Italia dovrebbe far parte di tutta la futura leadership della Commissione“, ha aggiunto.

Il leader dei Popolari ha anche sottolineato, rispondendo ai timori di chi guarda con sospetto le intese tattiche del Ppe con i gruppi alla destra, di essere “orgoglioso” di avere nel suo gruppo il partito di centrodestra ungherese Tisza, fiero nemico di Viktor Orban.

Grande soddisfazione è stata espressa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Quest’importante incarico attribuito al commissario designato dall’Italia è una vittoria di tutti gli italiani, non del Governo o di una forza politica. Abbiamo ottenuto un portafoglio di peso e il coordinamento di deleghe strategiche per la nostra Nazione e per l’Europa intera, come l’agricoltura, la pesca, l’economia del mare, i trasporti e il turismo. Questa indicazione è la conferma di una ritrovata centralità dell’Italia in ambito europeo, all’altezza del nostro ruolo come Stato fondatore della Ue, seconda manifattura d’Europa e terza economia del Continente”.

Mercoledì prossimo il voto all’intera Commissione

A questo punto, la Commissione von der Leyen bis dovrebbe essere votata nella plenaria a Strasburgo mercoledì prossimo, per entrare in carica il primo dicembre. Il voto sull’intero collegio dei commissari, a differenza di quello sul presidente della Commissione che si è tenuto nel luglio scorso, è a maggioranza semplice e a scrutinio palese, quindi molto meno insidioso. Ciò non vuol dire che tutto vada per il meglio: una fonte dei Popolari riconosce che l’accordo lascia “spaccature un po’ dappertutto”. Particolarmente arrabbiati i Popolari spagnoli, il cui leader Nunez Feijòo aveva puntato molto sul siluramento di Ribera.

Anche i Verdi, che hanno votato Ursula von der Leyen a luglio, decideranno lunedì prossimo se votare l’intera Commissione, ma “il mood non è positivo”, perché “c’è pochissima chiarezza e molto malcontento dietro” la dichiarazione politica dei gruppi della maggioranza. “Non vedo come si possa lavorare stabilmente con l’Ecr”, ha aggiunto Eickhout.

Anche nel gruppo S&D non mancano gli scontenti: in particolare, secondo un partecipante alla riunione di gruppo di ieri mattina, i Socialisti francesi, ai quali non va giù la nomina di Fitto, considerato di estrema destra in quanto membro di Fratelli d’Italia e dell’eurogruppo Conservatori e Riformisti (Ecr).

Tuttavia, dicono le fonti, alla fine darà difficile che non ingoino il rospo. Weber ha ricordato che l’Ecr ha contribuito alle conferme dei commissari e che Fratelli d’Italia, votando nella scorsa primavera a favore di parti importanti del patto Ue sulle migrazioni, ha dimostrato di voler “risolvere i problemi” a livello europeo, cosa che costituisce un “buon segnale”.

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