Il primo ministro ungherese Viktor Orbán si appresta a recarsi a Washington il prossimo 7 novembre per un incontro bilaterale con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, suo alleato di lunga data. L’incontro è cruciale e verte su due obiettivi principali: siglare accordi di cooperazione in settori chiave come l’economia, l’energia e la difesa, e soprattutto, definire un percorso verso un accordo di pace in Ucraina che potrebbe passare per un vertice tra Stati Uniti e Russia.
La necessità ungherese di deroghe energetiche
Uno dei punti centrali della discussione sarà la richiesta ungherese di essere esentata dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro le compagnie petrolifere russe, in particolare Rosneft e Lukoil. Orbán spera di convincere il presidente Trump a concedere questa deroga a causa della singolare situazione geopolitica dell’Ungheria.
L’Ungheria è un Paese senza sbocco sul mare. Ciò la rende estremamente dipendente dalle reti di gasdotti russi per il suo approvvigionamento energetico. L’obiettivo principale di Budapest è mantenere la stabilità delle importazioni e garantire un flusso continuo, malgrado i rischi posti dalle misure punitive statunitensi. Il governo ungherese ritiene essenziale far comprendere questa specifica vulnerabilità agli Stati Uniti.
Va notato che l’impatto delle sanzioni sulla fornitura di greggio russo per l’Ungheria è una preoccupazione concreta, evidenziata anche da un recente incendio che ha costretto la raffineria del gruppo Mol, la principale ungherese, a operare a capacità ridotta. Simili meccanismi di esenzione sono già stati discussi per altri Paesi; ad esempio, la Germania ha ottenuto rassicurazioni per Rosneft nella sua sede tedesca, dopo che gli asset non erano più considerati sotto il controllo diretto russo, riguardando in particolare la raffineria di Schwedt.
Le sanzioni Usa e l’impatto globale ed europeo
Le sanzioni statunitensi contro Rosneft e Lukoil hanno l’obiettivo di paralizzare la capacità di Mosca di finanziare la guerra, privandola di entrate derivanti dai combustibili fossili. Queste misure comportano per le aziende acquirenti il rischio di essere escluse dal sistema finanziario internazionale basato sul dollaro, con conseguenze potenzialmente vaste.
L’effetto è stato immediato: le sanzioni hanno provocato un aumento del 6% del prezzo globale del petrolio e si sono registrate immediate interruzioni nelle consegne di greggio russo verso le principali raffinerie in Cina e India, che sono tra i maggiori importatori. Una significativa riduzione degli acquisti da parte di questi mercati asiatici sarebbe “devastante” per le entrate del Cremlino.
Le ricadute sull’Europa dipendente
Nonostante l’Unione europea abbia ridotto notevolmente la sua dipendenza dal gas russo dai tempi dell’invasione, diversi Stati membri continuano a comprare combustibili fossili, mantenendo un flusso di finanziamento verso Mosca. L’Ue nel suo complesso è ancora il principale acquirente di Gas naturale liquefatto (Gnl) russo.
Tom Keatinge, direttore del Centre for Finance and Security (Cfs) del think tank sulla difesa Rusi, ha dichiarato: “Gli Stati Uniti sono stati più efficaci in 24 ore di quanto lo sia stata l’Ue negli ultimi sei mesi. Trump è disposto a dire ciò che molti altri sono troppo timidi o troppo diplomatici per dire ad alta voce. Da tempo si chiede a Trump di tirare fuori il martello delle sanzioni. Potrebbe essere molto significativo”.
Per gli Stati Uniti, rompere il predominio russo sull’energia è vantaggioso, da un lato per porre fine alla guerra, dall’altro per rendere l’Unione europea dipendente da Washington per le forniture di gas. Lo scorso anno, le forniture Usa di gas all’Ue hanno rappresentato oltre il 55% delle importazioni di Bruxelles.
Ma dovrà superare le resistenze di Ungheria e Slovacchia, le quali, lo scorso mese, sono state le maggiori importatrici di gas russo dell’Ue, acquistando rispettivamente combustibili fossili russi per un valore di 393 e 207 milioni di euro. E non sono le sole, secondo le stime del think tank, anche Francia, Belgio e Paesi Bassi hanno continuato a importare gas russo. Parigi, per un totale di 153 milioni di euro di combustibili fossili russi. Il Belgio ne ha importato 92 milioni di euro, mentre i Paesi Bassi hanno acquistato il valore di 62 milioni di euro.
La tabella di marcia per la pace in Ucraina
Oltre alla sicurezza energetica, i colloqui tra Trump e Orbán mirano a definire una “tabella di marcia” che possa condurre a un incontro tra i capi di Stato di Stati Uniti e Russia. L’obiettivo finale di tale vertice sarebbe mediare un accordo di pace tra Russia e Ucraina.
In precedenza, il presidente Trump aveva proposto la capitale ungherese, Budapest, come sede per un possibile incontro con il presidente russo Vladimir Putin. E anche se il vertice suggerito in precedenza è stato sospeso dopo il rifiuto di Mosca di accettare un cessate il fuoco, l’incontro del 7 novembre riapre le discussioni sulla possibilità di usare Budapest come ponte diplomatico per la risoluzione del conflitto.
Orbán, che vede nel ritorno di Trump alla Casa Bianca l’inizio di una “epoca d’oro” nelle relazioni tra Usa e Ungheria, si prepara, quindi, a un complesso negoziato che intreccia sicurezza economica nazionale e ambizioni di pace internazionale.
