L’Europa al bivio delle riforme. La strada da prendere secondo Pirozzi (IAI) 

L'Ue rischia la paralisi decisionale se non riesce a riformare la governance e impedire i veti incrociati che tengono ferme decisioni chiave per mesi o anni
6 mesi fa
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Nicoletta Pirozzi
Nicoletta Pirozzi

Ci sono nove candidati a entrare nell’Unione Europea, dalla A di Albania alla U di Ucraina. Se tutti riuscissero ad aderire, nel corso dei prossimi anni, vorrebbe dire un blocco di 36 paesi ancora più eterogenei di adesso. Dunque il processo decisionale, che è spesso all’unanimità, sarebbe ancora più paralizzante. Ma riformare i Trattati per allargare le aree in cui si vota a maggioranza qualificata, è ugualmente un processo che fa venire il mal di testa solo a immaginarlo. A che punto sono le riforme europee? L’Adnkronos lo ha chiesto a Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma Unione europea dello IAI, Istituto affari internazionali.  

“l’Unione europea sta riflettendo su queste riforme già da molto tempo e le crisi recenti che ha dovuto attraversare, tra la pandemia e l’aggressione russa dell’Ucraina, hanno messo in luce un po’ tutte le debolezze del sistema di funzionamento dell’Unione, sia a livello di governance sia di procedure decisionali. E in effetti si parla già da tanto tempo della necessità, ad esempio, di superare la regola del consenso in materie fondamentali come la politica estera, di sicurezza e di difesa. Che risultano fondamentali per l’Unione europea. Ma ancora siamo fermi a una continua guerra di veti incrociati”.  

È il caso per esempio di Orban, il presidente ungherese che per mesi ha tenuto in scacco il Consiglio perché non intendeva votare le sanzioni alla Russia o gli aiuti all’Ucraina. Alla fine si è convinto, ma se Kyiv in questo momento soffre gli attacchi martellanti di Putin è anche perché Unione Europea e Stati Uniti hanno perso mesi fondamentali per trovare il giusto compromesso politico.  

“In passato l’Unione europea aveva dovuto fronteggiare le stesse situazioni, ad esempio nel caso dell’intervento in Libia e in altre crisi a livello regionale e internazionale. E poi c’è la prospettiva dell’allargamento che rende queste riforme ancora più urgenti. Perché è chiaro che se l’Unione europea deve prepararsi ad avere 30, 35, anche 36 membri potenzialmente, risulta fondamentale riuscire ad avere delle procedure delle istituzioni più agili e più efficaci. La scelta coraggiosa di aprire il processo di adesione a Ucraina, Moldavia e forse anche Georgia (ma la legge in approvazione al parlamento georgiano potrebbe bloccare questo processo) ha ‘risvegliato’ la procedura anche per i Balcani occidentali. Ora dobbiamo chiederci come l’Europa possa funzionare con questi nuovi membri”.  

La questione è semplice: stati piccoli o che temono le scelte politiche di alcuni governi (es: frugali contro spendaccioni, nella diffusa quanto erronea classificazione) si oppongono alla riforma, che è invece appoggiata da Francia e Germania. Certo, perché sanno che in un sistema di voto “ponderato” difficilmente potrebbe esserci una maggioranza senza il via libera dei membri più importanti in termini di popolazione. “Scholz ha dichiarato di essere pronto a rinunciare temporaneamente al commissario tedesco per far funzionare la Commissione con un numero ridotto di membri e dunque renderla più efficiente”, ricorda Pirozzi. “Però i paesi, diciamo del Nord-Est bloccano questa opzione. Sono 13 quelli che si sono schierati contro una possibile riforma dei trattati, temendo la creazione di un’Europa di serie A e di serie B”. 

I contrari sono Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia. 

Certo, a livello istituzionale l’Europa ci sta provando. “L’esperimento della Conferenza sul futuro dell’Europa ha mobilitato un numero alto di cittadini nell’immaginare il futuro dell’Unione, la Commissione ha presentato una serie di proposte di riforma e anche il Parlamento, in particolare la Commissione Affari Costituzionali, ha sul tavolo varie ipotesi, a trattati vigenti o con la modifica dei trattati. Alcune di queste possono essere messe in campo anche senza modificare i testi fondamentali dell’Ue. Ma i tempi sono lunghi e ora è tutto fermo perché siamo alla vigilia delle elezioni”, prosegue Pirozzi, che ha appena pubblicato “Europa Matura” con Linkiesta books. Cosa farà l’Europa entrata nella terza età? 

“Al di là delle riforme specifiche di cui parlo nel libro è necessario che l’Unione europea recuperi l’attaccamento ai suoi valori fondanti, che sono quelli che poi l’hanno caratterizzata, l’hanno fatta forte come modello per i suoi cittadini ma anche per i paesi partner nel vicinato e a livello internazionale. La democrazia, lo Stato di diritto, la solidarietà dovranno essere le basi su cui costruire una nuova identità europea. Non è assolutamente detto che ce la farà, anche perché le prossime elezioni potrebbero portare a un cambiamento politico importante”. 

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