Draghi protezionista? “L’Ue utilizzi i dazi contro la concorrenza sleale”

L'ex presidente della Bce richiama l'attenzione dell'Unione verso "i Paesi di cui non possiamo più fidarci"
4 mesi fa
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Mario Draghi ritira Premio Carlos V 2024
Mario Draghi riceve il Premio Europeo Carlos V

Mario Draghi invita l’Unione europea ad utilizzare anche i dazi per contrastare la concorrenza sleale nel commercio internazionale. Nel frattempo, traccia la linea da seguire per aumentare la competitività europea, minacciata da un contesto geopolitico teso e dal divario sempre più ampio con l’economia Usa.

Intervenendo al Monastero di San Jeronimo de Yuste in Estremadura, dove ha ricevuto dal re Felipe VI di Spagna il Premio Europeo Carlos V, l’ex presidente della Bce ha delineato tre risposte che l’Ue deve mettere in campo contro la concorrenza sleale:

  • ridurre i danni invitando i partner a seguire un commercio e una concorrenza regolari;
  • incoraggiare gli investimenti in Ue;
  • creare un sistema di sussidi e tariffe per compensare chi è stato danneggiato dalla concorrenza sleale.

Vediamoli da vicino tramite le parole di Mario Draghi, nome rilanciato da alcuni per la presidenza della nuova Commissione Ue prima che le elezioni europee confermassero la “maggioranza Ursula”.

Cosa ha detto Draghi sulla concorrenza sleale

“La prima risposta europea al cambiamento delle regole del commercio mondiale dovrebbe essere quella di cercare di riparare il più possibile i danni all’ordine commerciale multilaterale, incoraggiando tutti i partner disposti a impegnarsi nuovamente per un commercio basato sulle regole”, ha detto in apertura l’ex presidente del Consiglio italiano.

“La seconda risposta dovrebbe essere quella di incoraggiare gli investimenti esteri diretti, in modo che i posti di lavoro nel settore manifatturiero rimangano in Europa.
La terza risposta dovrebbe essere l’utilizzo di sussidi e tariffe per compensare gli ingiusti vantaggi creati dalle politiche industriali e dalle svalutazioni dei tassi di cambio reali all’estero. Ma se intraprendiamo questa strada, deve essere nell’ambito di un approccio generale pragmatico, cauto e coerente”, ha specificato Draghi, temendo che tale meccanismo possa generare effetti speculativi e inflattivi.

A febbraio, l’ex governatore di Bankitalia bacchettava l’immobilismo dell’Ue: “Fate qualcosa, non si può dire sempre no”, aveva detto illustrando il dossier sulla competitività europea ai presidenti delle commissioni parlamentari.
La linea espressa oggi in Spagna ribadisce quella di inizio anno, quando Draghi aveva detto: “I soldi sono solo un aspetto del problema. L’altro aspetto è una profonda rivisitazione delle regole che abbiamo costruito e sulle quali abbiamo lavorato”.

La crescita passa dalla produttività

“L’Ue dovrà crescere più velocemente e meglio. E il modo principale per ottenere una crescita più rapida è aumentare la nostra produttività”, ha chiosato l’ex premier nel suo discorso di ringraziamento per il premio Carlos V.

Per aumentare la capacità produttiva e gli investimenti delle imprese, “l’Europa dovrà non solo incrementare il livello della domanda attraverso una spesa più elevata, ma anche garantire che questa si concentri all’interno dei nostri confini e che venga aggregata a livello europeo. Il modo più efficiente per generare questa domanda sarebbe quello di aumentare la spesa comune europea. Ma in assenza di un tale approccio centralizzato, possiamo ottenere molto coordinando più strettamente le politiche degli appalti pubblici e applicando requisiti più espliciti di contenuto locale per i prodotti e i componenti prodotti nell’Ue”, ha aggiunto.

Per Draghi, dunque, il metodo più efficace per generare domanda (cioè, stimolare l’economia) sarebbe aumentare la spesa comune a livello europeo. Questo significa che i Paesi membri dovrebbero coordinarsi per spendere di più in modo congiunto su progetti comuni, come infrastrutture, ricerca e sviluppo, e altre iniziative di cui beneficerebbero tutti i Ventisette.

In assenza di un approccio centralizzato di spesa comune, Draghi propone di coordinare più strettamente le politiche di appalti pubblici. Questo significa che gli Stati Ue potrebbero lavorare insieme per standardizzare i processi di appalto, rendendo più efficiente e meno costoso l’acquisizione dei beni e servizi necessari alla realizzazione dei progetti.

L’ex presidente della Bce suggerisce anche di includere nei bandi di appalto pubblico dei criteri che favoriscano l’uso di prodotti e componenti realizzati all’interno della Unione. Una regola che richiama le istanze degli agricoltori europei, solo in parte soddisfatti dalla nuova Pac.

Geopolitica ed economia

In un mondo che si evolve sempre più rapidamente, anche per effetto dell’AI, Draghi sottolinea l’importanza di essere elastici rispetto al mercato: “Dobbiamo anche far fronte a nuove esigenze: adeguarci ai rapidi cambiamenti tecnologici, aumentare la capacità di difesa e realizzare la transizione verde”.
Quest’ultimo punto abbraccia in sé le questioni della sostenibilità, della concorrenza e degli equilibri geopolitici, soprattutto alla luce dei dazi Ue contro la Cina e le “sovvenzioni ingiuste” di cui godono i costruttori cinesi di automobili. Dazi che aumentano le tensioni con il Paese di Xi Jinping, ma al tempo stesso richiamano la necessità di regole uguali per tutte. Una sorta di “whatever it takes” applicato alla concorrenza.

Lo stesso Mario Draghi non nasconde le attuali tensioni. Anzi, per l’ex premier queste devono essere la principale spinta propulsiva a un cambio di regole (e di marcia) da parte dell’Ue: “Il paradigma che ci ha portato alla prosperità in passato era stato progettato per un mondo di stabilità geopolitica, il che significava che le considerazioni sulla sicurezza nazionale avevano un ruolo limitato nelle decisioni economiche.

Ma le relazioni geopolitiche si stanno ora deteriorando. Questo cambiamento richiede che l’Europa adotti un approccio fondamentalmente diverso alla sua capacità industriale in settori strategici come la difesa, lo spazio, i minerali critici e parti dei prodotti farmaceutici. E richiede anche di ridurre la nostra dipendenza da Paesi di cui non possiamo più fidarci”. Messaggio chiaro e senza giri di parole.

Draghi scandisce il ritmo degli interventi: “La prima cosa di cui abbiamo bisogno è una valutazione comune dei rischi geopolitici che dobbiamo affrontare, condivisa dagli Stati membri e sia in grado di guidare la nostra risposta. Poi, dovremo sviluppare una vera e propria ‘politica economica estera’”, aggiunge attirando l’attenzione su uno dei temi più dibattuti in Ue.

Per Draghi, la politica comune serve a perseguire tre obiettivi:

  • coordinare gli accordi commerciali preferenziali e gli investimenti diretti con i Paesi ricchi di risorse;
  • coordinare la costituzione di scorte in aree critiche selezionate;
  • organizzare la creazione di partenariati industriali per garantire la catena di approvvigionamento delle tecnologie chiave.

Più solidità per proteggere i valori europei

Mario Draghi conclude il suo discorso fissando una regola aurea: la redditività non deve mai provocare la mortificazione dei diritti sociali, di cui l’Unione europea si fa portatrice.

“Il mantenimento di alti livelli di protezione sociale e di ridistribuzione non è negoziabile. – afferma con la sua proverbiale risolutezza – La lotta all’esclusione sociale sarà fondamentale non solo per preservare i valori di equità sociale della nostra Unione, ma anche per far sì che il nostro viaggio verso una società più tecnologica abbia successo”.

Una sfida impegnativa che richiede “un grado ancora inedito di cooperazione e coordinamento tra gli Stati membri dell’Unione Europea”, cruciale anche per ottenere risultati dal punto di vista politico e finanziario.

“Oggi questo passo appare scoraggiante. Tuttavia, sono fiducioso che abbiamo la determinazione, la responsabilità e la solidarietà per affrontarlo, per difendere la nostra occupazione, il nostro clima, i nostri valori di equità e inclusione sociale e la nostra indipendenza”. Si conclude così l’ennesimo appello all’Unione firmato Mario Draghi.

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