Il campo di battaglia ucraino, come ogni conflitto, si è trasformato in una prova di resistenza finanziaria. E proprio su questo fronte, l’Europa si trova di fronte a una realtà pressante: l’Ucraina rischia una grave crisi di liquidità che potrebbe farle esaurire i fondi entro la fine di febbraio. Questa urgenza è stata accelerata dal blocco degli stanziamenti finanziari mensili da parte degli Stati Uniti, avvenuto dopo l’insediamento del presidente Donald Trump alla Casa Bianca.
Di fronte a un conto che, nel solo 2025, è stimato tra i 100 e i 110 miliardi di dollari, la tentazione di considerare questo onere come un mero e “doloroso esercizio di bilancio annuale” è forte. Tuttavia, come ha lucidamente esposto The Economist nel suo editoriale del 30 ottobre 2025, l’impegno finanziario a sostegno di Kiev non deve essere visto come un peso, bensì come un “affare storico” e una “opportunità”. Questa spesa, pur elevata, è il mezzo per raggiungere due obiettivi strategici fondamentali: modificare l’equilibrio di potere con la Russia, da un lato, e accelerare l’indipendenza militare e finanziaria dell’Europa dall’America, dall’altro.
Mettere Putin alle strette
Il primo e più immediato guadagno per l’Europa è la possibilità di esporre e amplificare le vulnerabilità a lungo termine del Cremlino. Anche se la Russia dovesse mantenere una spesa dichiarata per la difesa, prevista a 160 miliardi di dollari nel 2025, la sua economia sta già mostrando segni di profonda fatica.
L’iniziale euforia bellica del presidente Vladimir Putin è stata sostituita dalla stagflazione, con una crescita quasi azzerata, carenze di manodopera, debiti nascosti, un tasso di inflazione all’8% e tassi di interesse al 16,5%. Le stime del The Economist ipotizzano che se l’Europa riuscisse a garantire il sostegno finanziario all’Ucraina per almeno un altro quinquennio, questo periodo prolungato di sforzo economico potrebbe innescare una crisi bancaria e finanziaria in Russia, mettendo il leader russo “alle strette”.
L’Europa, la cui economia è dieci volte più grande di quella russa e il cui bilancio militare è già quattro volte superiore, ha la capacità di vincere questa competizione finanziaria e, di conseguenza, la guerra. Un confronto finanziario con il Cremlino si può fare.
Verso l’autonomia strategica europea
Il secondo vantaggio cruciale, secondo l’analisi del quotidiano economico, riguarda la necessità di ridurre la dipendenza militare dall’America. Data la percezione di un “impegno incerto” del presidente Trump nei confronti della Nato, l’indipendenza è diventata un imperativo per la sicurezza europea.
Un piano di finanziamento a lungo termine, stimato in 390 miliardi di dollari su quattro anni, principalmente in donazioni di armi e liquidità per coprire i deficit ucraini, permetterebbe all’Europa di sviluppare il “muscolo finanziario e industriale” indispensabile per difendersi autonomamente.
Questo costo è ritenuto sostenibile. Se ripartito tra tutti i membri della Nato (esclusi gli Usa), l’impegno annuo per l’Ucraina salirebbe dallo 0,2% allo 0,4% del Pil.
Rafforzare l’Euro e il mercato dei capitali
Per gestire una sfida di tale portata, l’editoriale, a firma del giornalista economico Christian Odendahl, suggerisce che una forma di indebitamento congiunto dell’Unione europea sarebbe giustificata. Contrariamente ai timori di alcuni Paesi settentrionali circa la disciplina fiscale, The Economist argomenta che l’emissione collettiva di obbligazioni non farebbe che rafforzare la valuta comune. Creando un pool di debito comune più ampio, si contribuirebbe ad approfondire il mercato unico dei capitali europeo e a potenziare il ruolo dell’euro come valuta di riserva globale.
Infine, un orizzonte pluriennale per l’acquisto di armamenti aiuterebbe l’Europa a sviluppare la sua industria della difesa in modo più sequenziale e robusto. Sebbene nell’immediato sia necessario acquistare armi americane cruciali, come i sistemi di difesa aerea, la spesa futura dovrebbe privilegiare le aziende di difesa europee, in crescita, e le industrie tech ucraine all’avanguardia.
Nonostante le divisioni esistenti all’interno dell’Ue – legate all’uso degli asset russi congelati o alle preoccupazioni per la corruzione ucraina – queste ansie dovrebbero essere “eclissate” dai vantaggi geopolitici che l’Europa può ottenere.
L’alternativa è, infatti, che l’Ucraina perda il conflitto, diventando un “uno stato inasprito e semi-fallito” che Putin potrebbe sfruttare per rinvigorire la minaccia russa contro l’Occidente. L’Europa, alle luce di queste stime, può agire con coraggio e assicurare che, in un modo o nell’altro, i fondi necessari arrivino a destinazione.
