Lo stato di diritto in Italia è a rischio? L’Unione europea sta monitorando con attenzione la situazione in vista della pubblicazione del rapporto annuale che riguarda lo stato di salute della democrazia nei Paesi membri.
Tra le criticità evidenziate ci sono:
Restrizioni alla libertà di stampa
Alcuni giornalisti hanno denunciato pressioni e minacce nel corso dell’ultima legislatura. Tra i casi citati c’è quello di Domani, testata che ha subito attacchi politici per le sue inchieste su presunti conflitti di interesse nel governo.
Così come, il giornalista Sigfrido Ranucci, a capo del programma Report di Rai3, che – durante un’audizione sulla libertà di stampa al Parlamento europeo – ha accusato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, di aver attivato i servizi segreti per ottenere informazioni sulla sua attività. Accuse smentite e definite “deliranti” dallo stesso Fazzolari.
O, ancora, quanto è accaduto al direttore del giornale Fanpage.it, Francesco Cancellato, spiato con Graphite, uno spyware israeliano venduto esclusivamente ai governi. La conferma è arrivata dal Citizen Lab, un’organizzazione specializzata in cybersicurezza dell’Università di Toronto, Canada. Il governo italiano ha negato ogni coinvolgimento, ma restano dubbi su chi abbia autorizzato l’uso dello spyware sul giornalista. La vicenda ha sollevato forti polemiche e richieste di chiarimenti da parte di politici e stampa.
All’Adnkronos, nei giorni scorsi, Nicola Procaccini (Fdi-Ecr), ha lamentato il fatto che alla commissione che monitora lo stato di diritto, “c’è un forte sbilanciamento a sinistra”, anche nelle voci ascoltate. Ranucci e Cancellato sono stati ammessi, ma non Tommaso Cerno, direttore del ”Tempo” e la presidente delle Giornaliste italiane, Paola Ferazzoli. Lo stesso quando si è parlato di diritti civili e criminalità. Per questo Ecr ha organizzato una conferenza stampa per “commentare quello che si è detto nel gruppo di monitoraggio, perché, peraltro, si svolge senza la possibilità di far accedere i giornalisti”.
Abuso dei decreti-legge
Altro fatto contestato è l’abuso dei decreto-legge. In Italia, secondo i dati Openpolis, lo strumento che dovrebbe essere usato solo in casi straordinari di necessità e urgenza, è stato impiegato con una frequenza sempre maggiore dal governo Meloni: in soli 16 mesi, sono stati pubblicati 55 decreti-legge, con una media di 3,44 al mese, il dato più alto degli ultimi 9 esecutivi. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha difeso l’uso dei decreti d’urgenza.
Ylenia Citino, ricercatrice in diritto pubblico comparato (Scuola Superiore Sant’Anna) ha appena pubblicato un articolo sulla rivista dei costituzionalisti tedeschi in cui, mentre considera preoccupanti i casi “Striano” e “Paragon”, adotta tuttavia un approccio prudente nel valutare se l’Italia stia effettivamente entrando in una fase di regressione democratica. Ricorda che il ricorso ai decreti-legge e la preminenza del potere esecutivo sul legislativo non sono fenomeni nuovi in Italia, ma tendenze strutturali già consolidate, e in parte presenti anche in altre democrazie parlamentari europee. Sottolinea inoltre che il sistema costituzionale italiano conserva ancora dei “guardrail” significativi, come il ruolo della Corte costituzionale, del Presidente della Repubblica e di un’opinione pubblica attiva, con un sistema mediatico pluralista che svolge un’importante funzione di vigilanza. A suo avviso, ciò che distingue il contesto italiano è la cultura del conflitto interno alle coalizioni di governo, che, sebbene spesso caotica, riflette una forma viva di contestazione democratica e rende difficile applicare modelli rigidi di stabilità istituzionale.
Interferenze politiche nelle attività delle Ong
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha introdotto misure che limitano le operazioni di soccorso ai migranti, imponendo multe alle organizzazioni umanitarie e bloccando le navi nei porti. Il Tribunale di Brindisi ha sollevato dubbi sulla compatibilità della legge con la Costituzione italiana e il diritto internazionale. In particolare, si contesta l’obbligo per le navi di soccorso di seguire le direttive della Guardia Costiera libica, che potrebbe violare il principio di non respingimento e facilitare crimini contro l’umanità.
Human Rights Watch e il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) hanno sostenuto con forza che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per i migranti, a causa delle sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate nel Paese. Dal 2017, Italia e Unione europea hanno finanziato la Guardia Costiera libica nonostante le accuse di abusi.
Nel 2023, un’inchiesta delle Nazioni Unite aveva evidenziato crimini contro l’umanità commessi contro i migranti in Libia. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dal 2014 oltre 32.000 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo tentando di raggiungere l’Europa.
Ostacoli alle minoranze
La comunità Lgbtqi+ ha denunciato un clima ostile, con restrizioni alle manifestazioni e pressioni su associazioni che difendono i diritti civili. Nella Rainbow Map and Index stilata da Ilga-Europe, lo scorso anno l’Italia si posizionava al 36esimo posto, con una percentuale del 25,41%, su 46 Paesi. A chiudere la classifica c’erano Russia (2%), Azerbaigian (2%) e Turchia (5%). Per l’Europa: la Romania ultima con il 19% di punti, seguita da Polonia (21%) e Bulgaria (21%). Poi l’Italia. C’è da segnalare che nel 2021 (governo Draghi) il nostro paese aveva una percentuale ancora inferiore (22%) e nel 2016 (governo Renzi) si fermava al 20%.
I punti critici del rapporto Ue
Quelli sopraelencati sono solo alcuni dei dubbi emersi sullo stato di salute della democrazia in Italia e che potrebbero essere presenti all’interno del Rapporto Ue. Ma il Gruppo di monitoraggio della democrazia del Parlamento europeo ha esplicitamente anticipato alcuni temi chiave. Secondo fonti citate da Euractiv, Julien Mousnier, responsabile Ue per lo stato di diritto, ha sottolineato diversi problemi, tra cui:
- La scarsa digitalizzazione e formazione della magistratura, che rallenta i processi giudiziari e limita l’efficienza del sistema.
- I conflitti di interesse e la poca trasparenza nella politica, con casi di lobbying poco regolamentato.
- La abolizione del reato di abuso d’ufficio nel 2024, criticata perché riduce gli strumenti di contrasto alla corruzione.
- Il nuovo decreto sicurezza, che inasprisce le pene per le proteste pacifiche, suscitando timori sulla criminalizzazione e limitazione dell’attività di manifestazione.
Il braccio di ferro tra Meloni e von der Leyen
Il tutto sembra un déjà-vu. Già il rapporto del 2024 aveva posto l’Italia sotto la lente di ingrandimento europea. In quell’occasione, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, aveva cercato di mediare con Giorgia Meloni per evitare una crisi diplomatica. In quell’occasione, la premier italiana ha inviato una lettera ufficiale a von der Leyen, contestando il rapporto Ue sullo stato di diritto e accusando Bruxelles di interferenze politiche.
Italia rischia una procedura d’infrazione?
Se l’Italia dovesse continuare a ignorare le segnalazioni della Commissione europea, potrebbe rischiare una procedura di infrazione, con conseguenze politiche ed economiche. Misure simili sono già state adottate contro Polonia e Ungheria, il governo Meloni potrebbe trovarsi nella stessa situazione?
Cos’è lo “Stato di diritto”
Lo “stato di diritto” è un principio fondamentale secondo cui un Paese è governato da leggi chiare e applicate in modo equo, piuttosto che dalla volontà arbitraria di individui o gruppi di potere. In uno stato di diritto, tutti – cittadini, istituzioni e persino chi governa – sono soggetti alle leggi, che garantiscono diritti e libertà fondamentali. L’Unione europea considera lo stato di diritto un principio cardine per la democrazia e spesso valuta la sua applicazione nei Paesi membri.