La Germania cambia rotta? Debito comune europeo, Trump e Cina visti da Wolff (Bruegel)

Crescita economica stagnante e incertezze globali da Pechino a Washington. “Assolutamente possibile” che Berlino ripensi le posizioni su debito pubblico e ruolo dell’Ue, spiega l’economista. Ma la campagna elettorale sarà decisiva per definire le priorità del motore d’Europa
4 settimane fa
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Bundestag Germania voto
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La data definitiva per le elezioni in Germania è il 23 febbraio. La conferma è arrivata dopo l’accordo tra i socialdemocratici (Spd) del cancelliere Olaf Scholz e i conservatori (Cdu) all’opposizione, guidati da Friedrich Merz, allo scopo di accelerare i tempi e garantire al Paese un governo stabile. Ma passeranno mesi, tra campagna elettorale e il tempo necessario per formare il prossimo governo. Prospettiva tutt’altro che ideale per i tedeschi alle prese con crescita economica anemica, sfide sul versante cinese e l’ombra della prossima amministrazione statunitense.

Al momento è “impossibile fare previsioni”, spiega Guntram Wolff, Senior Fellow dell’influente think tank Bruegel, professore di economia alla Libera Università di Bruxelles e già direttore del Consiglio Tedesco sulle Relazioni Estere. Certamente la coalizione attuale “non ha più la forza per andare avanti”. Ma non è affatto chiaro che peso avranno i vari partiti dopo le elezioni, spiega a Eurofocus: molto dipende dalla campagna elettorale e dai candidati, inclusa la scelta del prossimo leader dell’Spd (che stando alla stampa tedesca potrebbe essere sempre Scholz nonostante la picchiata del livello di miconsenso).

Naturalmente, se i partiti agli estremi dello spettro politico – AfD a destra e Bsw a sinistra – otterranno risultati eccezionali, cambieranno il paradigma e le priorità del Paese. Che al momento è concentrato su due aspetti fondamentali: la situazione di sicurezza in Europa e il futuro del modello economico tedesco, che soffre di produttività stagnante. Per Wolff sono questi gli elementi che avranno un “forte impatto” sulle scelte dei cittadini e attorno a cui ruoteranno le decisioni e i compromessi politici. Le elezioni americane hanno dimostrato il potere della stagnazione economica, anche solo percepita. Per quanto riguarda l’Ucraina, basti ricordare che a giugno sia i deputati di AfD che quelli di Bsw hanno boicottato un discorso del leader ucraino Volodomyr Zelensky al Bundestag.

Debito: sicurezza, clima, Europa

Sicurezza e prosperità “richiedono un chiaro impegno nei confronti dell’Unione europea”, l’unico contesto dove, secondo l’esperto, si può trovare una soluzione strutturale ai problemi tedeschi. Le priorità principali del prossimo governo dovrebbero essere quelle di “ripensare l’approccio di Berlino nei confronti dell’Ue e trovare un modo per impegnarsi meglio con i partner europei”. Al punto da ripensare posizioni su cui i tedeschi sono stati finora inamovibili, come il tetto al debito e i prestiti congiunti a livello europeo? Assolutamente possibile, rimarca Wolff.

“Certamente vedo la possibilità che si ripensino le regole nazionali e l’approccio al finanziamento della spesa per la difesa, in particolare attraverso il debito. In questa fase non escluderei uno scenario del genere nemmeno con un cancelliere della Cdu”, storicamente avversi all’aumento della spesa e all’indebitamento comune europeo. Del resto, la necessità per Germania e Ue di intensificare i propri sforzi “non potrà che crescere nei prossimi mesi, soprattutto con l’elezione di Donald Trump”.

Questo non vuol certo dire che le “differenze filosofiche” in materia di politica economica scompariranno. Per dirne una, l’utilizzo del debito pubblico delineato nel rapporto di Mario Draghi come soluzione al problema della crescita “è visto con scetticismo” praticamente dall’intero arco politico tedesco. “Usarlo per risolvere alcuni problemi, sì; come panacea, certamente no”, riassume l’esperto di Bruegel. Per esempio, una voce di spesa pubblica destinata a crescere sarà quella per la risposta al cambiamento climatico: almeno un quarto del denaro deve provenire dai governi, e per Wolff quello di Berlino dovrà ricorrere, almeno in parte, al debito pubblico.

Riattivare il motore tedesco

Secondo l’economista il prossimo governo porrebbe molta enfasi sul lato dell’offerta, di cui c’è “una chiara necessità” per “mobilitare e attivare il potenziale dell’economia tedesca”. Sul lato della domanda, tra la minaccia russa e il possibile riassetto della Nato in chiave trumpiana, rimane “fondamentale raggiungere la capacità di spesa adeguata per la sicurezza”. Cosa difficile da fare a scapito della spesa sociale perché sarebbe una mossa “politicamente sgradevole”.

Ci sono però motivi di cauto ottimismo, continua Wolff. A livello macroeconomico l’inflazione sta scendendo, e le famiglie hanno risposto all’incertezza degli ultimi mesi aumentando i risparmi. “Quindi eliminare un po’ di incertezza, magari anche diventando più credibili sulla deterrenza militare, è già un tipo di misura che favorisce la domanda”.

Nucleare…

Vale la pena esaminare le prospettive di un possibile governo Merz, visto che la Cdu (e la gemella Csu in Bavaria) rimane in testa ai sondaggi ed è uscita vittoriosa dalle europee di giugno. Soprattutto su due temi chiave. Sul primo, il caro-energia e il ruolo del nucleare, il partito dice di voler valutare la riapertura delle centrali – anche se gli operatori del settore spiegano che non è più così facile da fare. “Sarebbe stato relativamente semplice continuare a far funzionare le centrali nucleari due anni fa. Ora che sono state spente richiederanno investimenti considerevoli e probabilmente poco redditizi, visto quanto sono scesi i prezzi delle rinnovabili”, rimarca Wolff.

… e Cina

L’altro grande interrogativo riguarda il primo partner commerciale per la Germania, nonché un mercato fondamentale per le esportazioni di cui vive l’economia tedesca. Secondo l’economista un governo targato Cdu sarebbe più “falco” di quello attuale. La sua ricetta per affrontare la questione Cina: ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento e dalle esportazioni cinesi, e diversificare verso altri mercati. Indicazioni ampiamente discusse e accettate, “relativamente chiare in teoria ma molto più difficili da mettere in pratica”. Per implementare questa visione servirebbe applicare misure concrete e politicamente costose, visto che alcune aziende ci rimetterebbero piuttosto rapidamente, spiega Wolff. “Il prossimo governo sarà pronto ad affrontare questo rischio? Dipende dagli esiti politici”.

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