Dopo anni di attesa e incertezze, il Terzo settore italiano ottiene il via libera definitivo al nuovo regime fiscale. La Commissione europea ha infatti approvato il quadro normativo proposto dal governo italiano sul Codice del Terzo Settore. Il placet, arrivato l’8 marzo, stabilisce che le agevolazioni fiscali per gli Enti del Terzo settore (Ets) non costituiscono aiuti di Stato e riconosce specifiche agevolazioni fiscali agli enti che operano in quest’ambito. L’ok di Bruxelles rappresenta una svolta per milioni di realtà associative, cooperative e organizzazioni no-profit, e dà finalmente stabilità al settore.
Il significato della riforma
A partire dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore un nuovo regime fiscale ad hoc per gli Ets, con una serie di misure pensate per agevolare la loro operatività e sostenibilità. Come spiegato dal viceministro del lavoro e delle politiche sociali Maria Teresa Bellucci, “la Commissione europea ha riconosciuto il valore sociale degli enti del terzo settore, che perseguono finalità di pubblica utilità e contribuiscono in modo determinante alla coesione sociale ed economica del Paese”.
Questo via libera è il risultato di un lungo confronto tra il ministero del lavoro e Bruxelles, “Un traguardo atteso da anni, frutto di un intenso lavoro”, ha dichiarato la ministra del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, sottolineando l’importanza di questa decisione per il futuro del Terzo settore italiano.
L’ok dell’esecutivo comunitario ripercorre un passaggio cruciale per le Onlus (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) che, con l’entrata in vigore del nuovo regime fiscale, dovranno decidere se iscriversi al Runts (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e quale forma giuridica adottare per beneficiare delle nuove agevolazioni.
Attualmente, circa 20.000 Onlus italiane sono ancora fuori dal Runts. Con la riforma, queste organizzazioni dovranno valutare se entrare a far parte del registro e, in tal caso, scegliere tra le diverse categorie previste (ad esempio, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di Promozione Sociale, Imprese Sociali), in base alla loro attività e ai vantaggi fiscali più adatti alla loro struttura.
L’autorizzazione della Commissione Europea rappresenta un passaggio fondamentale perché sancisce la piena attuazione della riforma fiscale del Terzo Settore. Grazie a questo via libera, il nuovo regime tributario potrà finalmente entrare in funzione, offrendo certezze normative e stabilità agli enti che operano nel settore.
Le principali novità fiscali
La riforma introduce una serie di misure che favoriranno lo sviluppo e la sostenibilità economica degli Ets:
- Defiscalizzazione degli utili: gli enti del terzo settore non pagheranno tasse sugli utili destinati alle loro attività statutarie o all’incremento del patrimonio. Questo permetterà loro di reinvestire integralmente le risorse nel perseguimento delle loro missioni sociali;
- Incentivi per gli investitori: saranno previsti specifici incentivi fiscali per chi sceglie di sostenere finanziariamente il terzo settore, ampliando le possibilità di raccolta fondi per gli Ets e rendendo più attrattivo l’investimento nel sociale;
- Titoli di solidarietà: nuovi strumenti di finanza sociale che garantiranno agli investitori il medesimo trattamento fiscale riservato ai titoli di Stato, con un’aliquota del 12,5%. Un’innovazione che potrebbe attirare nuovi capitali privati verso il settore.
Un altro aspetto cruciale della riforma è il riconoscimento del terzo settore come una realtà che opera nell’interesse generale. Questo significa che, a differenza di altre agevolazioni fiscali, i benefici fiscali concessi agli Ets non saranno considerati aiuti di Stato, eliminando così un ostacolo burocratico che per anni ha frenato il pieno sviluppo del settore.
L’impatto concreto per gli enti del terzo settore
Per gli Ets, la riforma significa maggiore stabilità e la possibilità di pianificare investimenti a lungo termine. Le agevolazioni fiscali renderanno più semplice accedere a finanziamenti, riducendo la pressione economica su molte organizzazioni che operano con margini di bilancio estremamente ridotti.
Il riconoscimento ufficiale del loro ruolo sociale potrebbe anche incentivare nuove collaborazioni con il settore pubblico e privato, rafforzando l’integrazione tra le diverse anime dell’economia sociale.
Il ruolo del terzo settore in Europa
L’approvazione della riforma italiana si inserisce in un contesto europeo in cui il Terzo settore riveste un ruolo sempre più strategico. Alcuni dati aiutano a comprendere la portata di questo comparto:
- Forza lavoro: il Terzo settore impiega l’equivalente di 28,3 milioni di lavoratori a tempo pieno in Europa, pari al 13% della forza lavoro totale. Oltre il 55% di questi sono volontari, un dato che evidenzia l’importanza del contributo della società civile;
- Contributo economico: superando settori tradizionali come costruzioni e trasporti, il terzo settore rappresenta il terzo comparto industriale più grande d’Europa dopo commercio e manifattura;
- Ruolo sociale: il Terzo settore fornisce servizi essenziali che né il settore pubblico né quello privato riescono sempre a garantire, in particolare durante le crisi economiche o sociali. Il suo impatto si estende dall’assistenza sociale alla sanità, dalla cultura all’educazione, fino all’integrazione dei soggetti più vulnerabili.
I prossimi passi
Il via libera europeo è un traguardo importante, ma il lavoro non è finito. L’entrata in vigore delle nuove norme fiscali è prevista per il 1° gennaio 2026 e sarà fondamentale garantire una corretta applicazione della riforma, evitando ostacoli burocratici e incertezze interpretative. Per gli Ets, il via libero della Commissione rappresenta un passo avanti decisivo verso un riconoscimento più solido del loro ruolo e della loro funzione economica e sociale. La sfida ora è sfruttare al meglio queste nuove opportunità per rafforzare il tessuto dell’economia sociale e promuovere modelli di sviluppo più inclusivi e sostenibili.