L’autogol di Bruxelles: Tesla, Bmw e ditte cinesi fanno fronte unito contro i dazi dell’Ue

Depositato il ricorso alla Corte di Giustizia europea, neanche all’Occidente convengono i dazi sulle auto prodotte in Cina
2 giorni fa
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Elon Musk (Allison Robbert/UPI/Shutterstock/IPA/Fotogramma)

L’Occidente contro l’Occidente, passando per Pechino. Nelle ultime ore, l’americana Tesla e la tedesca Bmw hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia europea contro i dazi doganali imposti da Bruxelles sulle auto green. Al loro fianco le cinesi Saic, Geely e Byd.

La battaglia economica tra Occidente e Oriente non è mai stata combattuta a queste velocità, e l’Unione europea si trova in mezzo ai due poli. Forse tra qualche settimana, a mente lucida, capiremo la portata storica di questi ultimi giorni.

Il ritorno di Trump e l’annuncio del piano Stargate da 500 miliardi di dollari sembravano consolidare il ruolo degli Stati Uniti d’America nell’economia e nella finanza globale, ma ogni certezza è venuta meno nel giro di poche ore. Ancora una volta, lo scossone arriva dalla Cina che ha rilasciato DeepSeek facendo crollare i mercati azionari americani e alimentando il clima di incertezza sulla finanza e sull’economia globale di cui la tecnologia e l’automotive sono due pilastri portanti.

Intanto, anche le aziende europee si ribellano a Bruxelles.

Ricorso contro i dazi Ue, come si è arrivati a questo punto?

Finora l’Unione europea ha avuto voce in capitolo sulle norme: quelle che disciplinano l’uso dell’intelligenza artificiale (Ai Act) e quelle che regolano il settore dell’automotive, dove gli obiettivi green hanno dovuto fare i conti con il successo delle auto elettriche cinesi in Europa. E con il crollo di quelle europee nel mondo.

Una “concorrenza sleale” quella di Pechino secondo l’Unione, che ha quindi imposto dazi alle auto elettriche del Dragone: dallo scorso ottobre, la Commissione applica aliquote fino al 35% sulle auto a batteria prodotte in Cina, oltre alla tassa del 10% già in vigore su tutti i beni importati da Pechino. Oltreoceano, gli Usa hanno imposto dazi doganali del 100% su tutte le auto elettriche importate dalla Cina. Ma l’Europa non è l’America.

Proprio nei giorni in cui la tensione dei mercati è al massimo, Tesla e Bmw, insieme a produttori cinesi di veicoli elettrici del calibro di Saic Motors (proprietario di Mg Motor), Byd e Geely hanno deciso di sfidare Bruxelles sulla questione dei dazi. Da Occidente a Oriente chiedono alla Cgue di verificare la liceità delle aliquote decise dall’Unione europea dopo un lungo braccio di ferro con il Dragone. La lobby automobilistica tedesca (Vda) ha accusato l’Ue di rischiare un “conflitto commerciale” con la Cina, mentre Pechino ha presentato ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio contro questa decisione, che considera “protezionistica”.

Perché Bmw e Tesla hanno affiancato le ditte cinesi

Se il ricorso delle case cinesi, direttamente colpite dai dazi, non sorprende, quello delle occidentali Tesla e Bmw è un rumoroso campanello d’allarme per la Commissione.

Secondo i dati della Commissione, la quota di mercato delle auto elettriche cinesi nell’Unione è passata dal meno del 2% nel 2020 a oltre il 14% nel secondo trimestre dell’anno scorso. L’obiettivo dichiarato dell’Ue è difendere l’industria automobilistica europea e i suoi 14 milioni di posti di lavoro dai sovvenzionamenti cinesi che falsano il mercato e la concorrenza. Ma l’esecutivo europeo e le aziende europee hanno idee diverse su come tutelare il settore dell’automotive europeo.

Il motivo è semplice: le principali case automobilistiche tedesche, tra cui Bmw, hanno una forte presenza in Cina, dove producono modelli destinati anche al mercato europeo. Lo stesso vale per l’americana Tesla che produce la berlina Model 3 nel suo stabilimento di Shanghai prima di esportarla in Europa. Insomma, i dazi europei finiscono per danneggiare (anche) le aziende europee. Un paradosso che difficilmente Bruxelles potrà ignorare soprattutto dopo il ricorso di Bmw e delle altre quattro case automobilistiche alla Corte di Giustizia europea. I reclami dei produttori sono stati depositati la scorsa settimana presso il Tribunale dell’Ue e sono visibili sul sito web dell’istituto con sede in Lussemburgo. In assenza di ulteriori dettagli, il portavoce della Commissione per il commercio, Olof Gill, ha confermato all’Afp che le lamentele riguardano la contestazione dei nuovi dazi dell’Ue

Le posizioni delle singole aziende

Le conferme arrivano dai diretti interessati. Bmw ha dichiarato che i dazi sulle auto green non aiutano i produttori europei a essere più competitivi, anzi, potrebbero ostacolare la transizione verso veicoli elettrici, penalizzando le imprese di tutto il mondo e, in ultima istanza, gli automobilisti europei. I dazi qualcuno dovrà pagarli e quel qualcuno sono i consumatori, un monito che vale anche per l’America di Trump. Soprattutto adesso che DeepSeek ha sconvolto le certezze Usa.

A proposito di Trump e Musk: Tesla non ha argomentato il suo ricorso alla Cgue, ma la mossa si inserisce nel contesto di un clima sempre più testo tra il magnate sudafricano e la Commissione europea. Al centro del contrasto, la moderazione dei contenuti sul X e il rischio che la piattaforma influenzi le dinamiche politiche superando i confini della liceità.

Per Tesla, la battaglia legale sui dazi arriva in un momento delicato, anche perché Elon Musk è stato tagliato fuori dal progetto Stargate nonostante il ruolo che ricopre nell’amministrazione Trump e la fiducia riposta dal magnate nella sua GrokAI.

L’anno scorso Tesla ha registrato un calo delle consegne annuali per la prima volta nella sua storia anche a causa della crescente concorrenza cinese. I dazi di Bruxelles, tuttavia, non sono un assist per l’azienda americana che, come visto, a Shanghai un’importante sito produttivo e nella Cina il secondo mercato di riferimento dopo gli Usa.

Anche Audi, che appartiene al gruppo Volkswagen, ha dichiarato di non gradire le politiche di Bruxelles sui dazi e appoggia la possibilità di cedere capacità produttiva europea a case cinesi pur di farle lavorare a pieno regime e preservare i livelli occupazionali. Un tema molto caldo in Germania, dove la crisi dell’automotive ha trascinato con sé altri settori e ha fatto perdere al Paese il ruolo di locomotiva economica europea.

A quanto ammontano i dazi

I nuovi dazi, calmierati rispetto alle ipotesi iniziali, vanno dal 7,8% al 35,3%, a seconda del marchio e del suo livello di collaborazione con l’indagine europea. Saic (35,3%), Geely (18,8%) e Byd (17%) sono i produttori che hanno ricevuto le maggiori stangate. Tesla è soggetta a un dazio del 7,8% a causa del suo stabilimento a Shanghai. Per le altre case produttrici che hanno collaborato all’indagine europea, il dazio aggiuntivo è del 20,7%, mentre per chi non ha collaborato è prevista la sovrattassa massima del 35,3%. Sommando il dazio generico del 10%, le tariffe raggiungeranno il 45%.

Una situazione che ora non piace neanche alle aziende europee.