La Commissione Europea taglia le stime di crescita per l’Italia, Pil più lento e debito in aumento

Nonostante una traiettoria di deficit in miglioramento, il debito pubblico italiano continua a pesare, raggiungendo il 139% del PIL nel 2026
4 settimane fa
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Commissione Europea
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La Commissione Europea ha abbassato le proprie previsioni di crescita per l’Italia, confermando le difficoltà economiche che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni. Nelle sue previsioni economiche d’autunno, la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari (DG ECFIN) stima una crescita del Pil pari al +0,7% per il 2024, un dato inferiore rispetto alla precedente previsione di +0,9%. Per il 2025, il tasso di crescita previsto scende all’1%, mentre nel 2026 si attende un incremento del +1,2%.

Questo taglio delle previsioni riflette un contesto economico più difficile del previsto, con l’Italia chiamata a fare i conti con un crescente indebitamento, il rallentamento dei consumi e l’effetto persistente degli incentivi fiscali legati al Superbonus. Nonostante una traiettoria di deficit in miglioramento, il debito pubblico resta una delle principali preoccupazioni per Bruxelles. La Commissione prevede che il rapporto debito/PIL crescerà dal 136,6% nel 2024 al 139,3% nel 2026, aggravato principalmente dagli aggiustamenti nei flussi legati ai crediti d’imposta per le ristrutturazioni immobiliari.

Crescita frenata per l’Italia: le cause principali

La revisione al ribasso delle stime di crescita è legata a diversi fattori:

  1. Effetto Superbonus e crediti d’imposta
    L’impatto dei crediti d’imposta legati alle ristrutturazioni immobiliari continua a riflettersi negativamente sul bilancio pubblico, contribuendo a un indebitamento di cassa significativo.
  2. Domanda interna e investimenti
    Se da un lato il settore edilizio risente della liquidazione dei crediti d’imposta, dall’altro il Pnrr offre uno stimolo agli investimenti infrastrutturali, destinati ad accelerare dal 2025.
  3. Netto delle esportazioni
    La Commissione prevede un contributo positivo delle esportazioni nette alla crescita, ma solo a causa di una riduzione delle importazioni, segno di una domanda interna debole.

Nonostante la traiettoria crescente del debito, il quadro presentato è meno severo rispetto alle previsioni di primavera. La DG Ecfin stima il rapporto debito/PIL al 138,2% nel 2024, in calo rispetto al precedente 138,6%, e al 139,3% nel 2026, contro il 141,7% ipotizzato a maggio. Tuttavia, il confronto con altri Paesi dell’eurozona rimane sfavorevole: sebbene la Grecia registri un debito più alto (142,7% nel 2026), la riduzione del divario rispetto all’Italia evidenzia una performance complessivamente migliorativa per Atene.

Una nota di ottimismo arriva dalla dinamica del deficit pubblico. La Commissione prevede una diminuzione graduale, dal 3,8% del PIL nel 2023 al 3,4% nel 2024, fino al 2,9% nel 2026. Questa riduzione è favorita da saldi primari in aumento e politiche fiscali restrittive. Sebbene il quadro sia più positivo rispetto alle previsioni di maggio, il debito resta comunque elevato, con il divario rispetto alla Grecia che, nel 2026, sarà di circa 3,4 punti percentuali in meno (142,7% del PIL per Atene contro il 139,3% per Roma).

Anche i consumi delle famiglie rappresentano un elemento di stabilità: grazie a una dinamica positiva dei salari reali, la crescita del consumo privato dovrebbe controbilanciare l’effetto frenante ereditato dal 2023, sostenendo la domanda interna.

La Commissione prevede che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza accelererà nel 2025, fornendo un contributo importante per stimolare la crescita economica e compensare l’impatto negativo delle politiche fiscali interne. Gli investimenti nelle infrastrutture, come previsto dal PNRR, potrebbero in parte riequilibrare l’effetto frenante del rallentamento dei consumi e dell’incertezza economica.

Nel breve periodo, il rallentamento dei consumi delle famiglie italiane, influenzato dal protrarsi degli effetti economici del 2023, non sembra destinato a migliorare rapidamente. Tuttavia, la Commissione ha sottolineato una dinamica “positiva” dei salari reali che potrebbe supportare, almeno parzialmente, il potere d’acquisto delle famiglie e sostenere i consumi privati.