Le Capitali europee sono possibili bersagli per la Russia?

Il portavoce del Cremlino fa tremare l’Ue e minaccia le Capitali europee se continuano gli sforzi transatlantici militari negli Stati membri
2 mesi fa
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Dmitry Peskov, portavoce Vladimir Putin
Dmitry Peskov, portavoce Vladimir Putin (Fotogramma)

Nel mirino di Mosca ci sarebbero anche le Capitali europee. Lo fa sapere il Cremlino che negli scorsi giorni ha criticato il dispiegamento di forze militari Usa in Europa. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha rilasciato un’intervista al giornalista Pavel Zarubin, per Vgtrk, che gli aveva chiesto se la Russia aveva intenzione di rispondere agli Stati Uniti. “Certamente”, ha risposto il portavoce di Mosca, e la soluzione è nelle capacità russe di fronteggiare i missili a lungo raggio statunitensi il cui dispiegamento è previsto in Germania a partire dal 2026. Ma è una dichiarazione di guerra?

La risposta russa al summit Nato

“Il nostro Paese è nel mirino dei missili americani dislocati in Europa” ha detto Peskov. “Tutto questo è già successo in passato. Abbiamo abbastanza potenziale per scoraggiare questi missili, ma le capitali di questi Stati sono potenziali bersagli”.

La motivazione di queste parole è da rintracciare nello scorso summit Nato, tenutosi a Washington, durante il quale gli Stati europei hanno sottolineato il proprio impegno nei confronti della difesa all’Ucraina. Gli Stati Uniti, nello specifico, hanno confermato i missili da crociera a lungo raggio in Germania a partire dal 2026, con lo scopo di rafforzare la capacità di deterrenza della Nato in Europa. Nulla che sorprende, se non che il dispiegamento di missili con gittata media (tra i 500 e i 5.500 chilometri) era proibito dal Trattato per le forze nucleari a medio raggio, firmato da Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan nel 1987. Gli Stati Uniti ne sono usciti nel 2019, denunciando lo sviluppo, da parte della Russia, del nuovo missile da crociera 9M729.

Non è però la prima volta che la Russia minaccia l’Ue. Anche lo scorso mese, Putin aveva dichiarato che la Russia ricominciava la produzione di missili nucleari a raggio intermedio in seguito alla diffusione della notizia che tali armi erano le protagoniste di esercitazioni in Danimarca.

Una questione di “deterrenza” anche per la Russia?

Il conflitto russo ucraino, entro i confini dei due Paesi, si consuma con armi e morti. Non esistono stime ufficiali di quanti siano i feriti e i defunti civili e militari dei due Stai coinvolti, ma pare che il numero si aggiri intorno ai 500mila. Al di fuori dei confini, però, ciò che avviene è un processo di guerra che si basa sul “soft power”. Minacce, diplomazia e portavoce che si scontrano, e possibili ritorsioni economiche: questo è tutto ciò che Ue, Stati Uniti e Russia hanno messo in pratica negli ultimi due anni.

A pesare sull’Unione europea, però, è la mancanza di una sicurezza autonoma e la carenza di risorse per difendersi. Gli Stati Uniti, con il presidente Joe Biden, intendono continuare a fornire il proprio apporto militare ed economico all’Ucraina, ma la Russia, dal canto suo, non vede positivamente questo tipo di comportamento. Non resta che chiedersi se non sia il caso di preoccuparsi.

Cosa accadrebbe se la Russia invadesse l’Unione europea?

E se la Russia dovesse lanciare un attacco missilistico su larga scala sull’Europa? Le capacità di difesa dei Paesi europei potrebbero essere sufficienti a coprire solo il 5% del fabbisogno. La stima è stata elaborata dalla Nato e pubblicata dal quotidiano britannico Financial Times, che cita “fonti a conoscenza dei piani di difesa riservati” dell’Alleanza atlantica, che sarebbero stati “elaborati lo scorso anno”. La notizia non lascia ben sperare. Eppure, i bilateri di Putin con Viktor Orbàn e i suoi rapporti con Donald Trump, possibile futuro presidente statunitense, potrebbero risolvere il conflitto senza il coinvolgimento dell’Unione europea. L’Ucraina starebbe facendo, in sostanza, da scudo fisico all’Ue. Ciò avverrà fino a quando non ci sarà una resa.

Ma se i negoziati per l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue dovessero concludersi velocemente, la Russia dovrebbe ripensare la sua strategia militare. Ciò che “tranquillizza” gli Stati membri più restii all’ingresso dell’Ucraina in Ue è la Storia. L’esperienza di altri Stati candidati dimostra che, per entrare a pieno titolo nell’Unione europea, ci vogliono diversi anni. La Croazia è entrata a pieno titolo nel 2013 in Ue, ma aveva presentato la domanda dieci anni prima. E in lista d’attesa ci sono ancora sei paesi (Turchia, Montenegro, Macedonia del Nord, Moldova, Serbia e Albania).