A che punto è Ursula nella caccia ai voti degli eurodeputati?

La maggioranza all’Europarlamento c’è ma potrebbe non bastare, e la tedesca cerca un equilibrio tra le diverse richieste, le differenti posizioni politiche, i ‘no’ ad alcune alleanze degli eurodeputati
3 mesi fa
5 minuti di lettura
Ursula von Der Leyen
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen_fotogramma

Ursula von der Leyen è a caccia del sostegno degli eurodeputati per confermare il suo secondo mandato alla guida della Commissione europea. Dopo aver portato a casa il consenso dei leader dei 27 Paesi europei, infatti, ora la tedesca è alle prese con la parte più difficile: trovare un equilibrio tra le diverse richieste, le differenti posizioni politiche, i ‘no’ ad alcune alleanze e le molteplici proposte espresse dai gruppi presenti nell’Europarlamento e dai loro deputati (MEP).

Il tutto, alla luce dei risultati delle europee di giugno e delle elezioni francesi, di cui si attende con ansia l’esito domenica prossima.

La maggioranza all’Europarlamento c’è ma potrebbe non bastare

La nomina di VDL come presidente della Commissione infatti deve essere confermata dall’Europarlamento, in un voto che potrebbe tenersi già il 18 luglio. Alla tedesca servono almeno 361 voti, ovvero la metà più 1 dei componenti dell’emiciclo. Sulla carta la maggioranza ce l’ha, dato che popolari, socialdemocratici e liberali che la appoggiano cubano 400 seggi, ma tutti ricordano molto bene la votazione del 2019, quando la nomina di VDL fu accettata per soli 9 voti, quelli di alcuni MEP dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR).

Il problema è che il voto è segreto, e questo fa sì che molti MEP votino anche in contrasto con la posizione del gruppo a cui appartengono: sono i ‘franchi tiratori’, e possono tirare un brutto scherzo a VDL. Ecco perché è per lei imperativo allargare il più possibile il sostegno e ottenere un consenso ampio.

Anche perché il gruppo centrista Renew, a guida Emmanuel Macron, alle europee ha perso parecchi seggi (dai 102 del 2019 ai 75 odierni) ed è diventato il quarto per dimensioni nell’Europarlamento, superato dai Conservatori di Giorgia Meloni (anche se le composizioni definitive dei gruppi si avranno entro il 15 luglio) che vuole far valere questa posizione. La Meloni, tra l’altro, si è astenuta quando si è trattato di votare per la nomina di VDL al Consiglio europeo del 28 giugno scorso insieme agli altri capi di Stato. E sta giocando con la tedesca – e non solo – una partita per ottenere maggior peso per l’Italia.

L’ascesa delle destre più radicali, inoltre, sta in parte ridisegnando l’emiciclo, con nuovi gruppi in costituzione e il passaggio da una parte all’altra dei deputati. Occhi puntati soprattutto sui neonati Patrioti d’Europa, capeggiati dal premier ungherese Viktor Orbán e annunciati in concomitanza con l’assunzione, da parte dell’Ungheria, della guida del semestre europeo. Nel nuovo gruppo potrebbero confluire alcuni elemento di Identità e Democrazia (ID). Salvini nei giorni scorsi ha espresso il suo gradimento per l’iniziativa di Orbán.

Quanto ai popolari, che sono il principale sostegno nonché la famiglia politica di VDL, con un voltafaccia poco gradito negli ultimi mesi hanno fatto marcia indietro su alcuni punti del Green Deal, ovvero uno dei provvedimenti che più ha caratterizzato il primo mandato della tedesca alla guida della Commissione. Ad esempio, stanno discutendo se annullare la scadenza del 2035 per vietare la produzione di motori a combustione per i veicoli a motore e vogliono ripensare la legge sulla deforestazione.

Al momento von der Leyen sta guardando ai i 54 membri del gruppo dei Verdi/Ale e ad alcuni degli 83 membri del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr).

Tuttavia, questa strada porta alla probabile defezione di S&D, Renew e Verdi. Bas Eickhout, co-presidente del gruppo dei Verdi/Ale, ha spiegato alla stampa: “Magari puoi guadagnare 25 deputati della delegazione italiana, ma ne perdi una ventina dagli S&D, e non sarebbe una maggioranza stabile”.

E c’è anche un altro veto: no ad alleanze con la destra, compresa quella di Meloni, che pure viene considerata più collaborativa delle altre.

Centrali le linee guida su cui VDL intende basare il suo prossimo mandato

La coperta insomma è sempre troppo corta: se copri da una parte ti scopri dall’altra, e trovare un equilibrio è molto complesso. Diventa centrale, in questo coacervo di incroci, bilanciamenti e varabili, capire quali sono le linee guida su cui VDL intende basare il suo prossimo mandato. Considerando anche che ha a disposizione due importanti relazioni: quello del nostro ex primo ministro Enrico Letta sul completamento del mercato unico e quello – imminente – dell’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi sulla competitività.

Secondo Marc Vanheukelen, ex inviato dell’Ue per il clima ed ex ambasciatore dell’Ue presso l’OMC, e Katrina Williams, ex rappresentante permanente aggiunta (ambasciatrice) del Regno Unito presso l’Ue, senior adviser della società di public affairs Rud Pedersen, le priorità dell’Unione dovrebbero essere e probabilmente saranno:
• rafforzare le capacità di sicurezza e di difesa
• sostegno militare, finanziario e politico all’Ucraina in modo che sia molto più vicina all’adesione all’Ue nel 2029 di quanto non lo sia oggi
• il raggiungimento di una “competitività sostenibile”.

Ma sarà VDL a stabilire i settori politici e le azioni su cui la Commissione si concentrerà nei prossimi cinque anni. E anche se il Consiglio europeo ha già approvato la sua Agenda strategica 2024-2029, che definisce le sue aspirazioni per un’Europa “libera e democratica”, “forte e sicura” e “prospera e competitiva”, tale agenda indica solo gli orientamenti, la direzione verso cui si vuole andare, oltre a essere una sintesi molto valida delle sfide che l’Unione dovrà affrontare. Ma diverso è scendere nel concreto delle priorità e di come raggiungerle.

Ecco perché il discorso programmatico che von der Leyen dovrà tenere all’Europarlamento, in cui presenterà anche la squadra di commissari con i relativi portafogli, sarà fondamentale. In definitiva sarà un pacchetto che, notano gli esperti citati poco sopra, rifletterà “l’inevitabile equilibrio tra, da un lato, i partiti politici che costituiscono il centro e, dall’altro, la divisione geografica dell’Ue”. Anche se, probabilmente, continuano, sarà difficile mantenere l’equilibrio di genere che la tedesca ha trovato nel suo primo mandato.

Le elezioni francesi e gli eurogruppi di destra

Su tutto questo, incombono gli sviluppi negli Stati membri: l’esito delle elezioni parlamentari francesi potrebbe avere un impatto altissimo sulle prospettive immediate nell’Ue.

Se infatti ci si è sbrigati ad approvare le nomine per i top jobs per rimanere nel solco dell’asse franco-tedesco, mentre Macron si sgretolava in Francia e Scholz precipitava in Germania, la praticamente certa vittoria dell’estrema destra di Le Pen (va solo capito se la maggioranza ‘nera’ nell’Assemblea Nazionale francese sarà assoluta o relativa) può rimescolare molte carte. A partire dalle sempre più frequenti richieste di elezioni anticipate anche in terra teutonica e dai movimenti che faranno i gruppi di destra nell’Europarlamento.

Oggi ECR dovrebbe definire l’eventuale addio dei polacchi del Pis, mentre ID ha rimandato la sua riunione costitutiva prevista inizialmente il 3 luglio all’8, ovvero a dopo il ballottaggio in Francia. Qui, in base all’esito del voto, il gruppo deciderà se confluire nei Patrioti, dove già siedono – oltre a Orban che lo capeggia – i cechi di Andrej Babis e degli austriaci del Partito della Libertà (FPO). Obiettivo: scongiurare il rischio di diventare ininfluenti. E poi bisognerà vedere anche dove si collocheranno i tedeschi di Alternative fuer Deutschland (AfD), in ascesa alle elezioni europee ma marginalizzati a causa di alcuni scandali e di discutibili affermazioni a favore dei nazisti. AfD ha anche provato a costituire un gruppo radicale ma senza esito.

La Conferenza dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento Europeo

In questo bailamme, ieri mattina si è tenuto un confronto a porte chiuse con VDL alla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento Europeo sulle priorità del prossimo ciclo istituzionale, un confronto che VDL ha definito un “importante scambio di opinioni con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, e con i presidenti dei gruppi politici“.

Eickhout dopo l’incontro ha detto che l’unica maggioranza stabile possibile è con i Verdi, mentre la spagnola Iratxe Garcia Perez, capogruppo dei Socialisti e Democratici, ha affermato che questo primo incontro è stato “interessante” e per ora “la musica sembra ok, ma dobbiamo vedere i dettagli”. Garcia Perez ha anche riferito che VDL avrebbe insistito sulle politiche per l’uguaglianza di genere e sociale e manifestato un chiaro impegno verso l’agenda verde.

Il tour de force prosegue e il cerchio si stringe.