La Bulgaria entra nell’Eurozona, dal 2026 addio al lev 

Via libera della Commissione Europea: Sofia soddisfa tutti i criteri per entrare nell’Eurozona
1 giorno fa
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Bulgaria Euro

È ufficiale: dal 1° gennaio 2026 la Bulgaria adotterà l’euro, diventando il 21esimo Stato dell’Eurozona. Una decisione annunciata dalla Commissione Europea, che certifica la conformità del Paese ai criteri di Maastricht e segna l’ultima fase di un processo iniziato quasi vent’anni fa.

La valutazione, contenuta nella Relazione sulla Convergenza 2025, è inequivocabile: la Bulgaria è pronta. Ma al di là della retorica celebrativa, l’ingresso nella moneta unica rappresenta un passaggio tecnico e insieme profondamente politico. L’euro porterà benefici, ma anche vincoli stringenti. La sfida per Sofia sarà riuscire a stabilizzarsi dentro un sistema che non ammette deviazioni prolungate.

Un traguardo costruito con disciplina (e vincoli)

A distanza di cinque anni dall’ingresso nel Meccanismo di cambio europeo (Erm II), la Bulgaria ha compiuto il salto necessario: l’allineamento ai parametri richiesti per l’adozione dell’euro non è stato casuale, ma il risultato di una pianificazione rigorosa e di un pressing costante da parte delle istituzioni europee. La Relazione sulla Convergenza della Commissione Europea – redatta su richiesta delle autorità bulgare – certifica che il Paese rispetta pienamente i quattro criteri nominali di Maastricht: bassa inflazione, finanze pubbliche sane, stabilità del tasso di cambio e tassi d’interesse a lungo termine contenuti.

Sul piano dell’inflazione, il governo bulgaro ha gestito con relativa efficacia le tensioni post-pandemia e post-invasione russa dell’Ucraina, mantenendo l’indicatore entro le soglie richieste. Il deficit pubblico nel 2024 si è assestato sotto il 3% del PIL, mentre il debito, storicamente sotto il 30%, è rimasto tra i più bassi dell’Unione. Nonostante un’economia di dimensioni ridotte e ancora esposta a squilibri strutturali, Sofia ha mostrato una sorprendente capacità di adattamento al quadro normativo europeo.

Al di là degli indicatori macroeconomici, anche il quadro legislativo è stato armonizzato: la normativa bulgara è ora pienamente compatibile con il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e con lo Statuto del Sistema europeo delle banche centrali. Un dettaglio tutt’altro che tecnico, poiché sancisce la cessione definitiva della politica monetaria nazionale alla Banca Centrale Europea.

Ma i tecnicismi raccontano solo metà della storia. Dietro il rispetto dei criteri si cela una trasformazione dell’architettura economica e politica del Paese. La Bulgaria ha lavorato per rafforzare le istituzioni fiscali, per aumentare la trasparenza del settore finanziario, per contenere il rischio di shock esterni. Un cambiamento profondo, che però dovrà ora dimostrare la sua sostenibilità nel tempo.

Euro e cittadinanza economica: cosa cambia per la Bulgaria

L’ingresso nell’euro comporta benefici reali per i cittadini bulgari, ma anche una ristrutturazione dei rapporti tra stato, mercati e cittadini. Tra i vantaggi più immediati c’è l’eliminazione del rischio di cambio, con effetti positivi per i commercianti e le imprese che operano nei mercati europei. I costi di transazione con i partner dell’Eurozona si ridurranno, favorendo l’integrazione commerciale e la competitività.

Anche il sistema bancario ne trarrà vantaggio: una moneta stabile e credibile come l’euro abbassa i costi di finanziamento per famiglie e imprese, riduce l’incertezza nei contratti e rende più attrattivo l’investimento estero diretto. I fondi europei – già sostanziali – potrebbero moltiplicarsi grazie a una maggiore fiducia nei confronti del sistema bulgaro. Ursula von der Leyen ha parlato di “accesso ai finanziamenti, posti di lavoro di qualità e redditi reali”. Tutto vero, almeno in potenza.

Ma i vantaggi non sono automatici. Il passaggio all’euro non cancella gli squilibri interni né compensa le debolezze strutturali. La Bulgaria resta uno dei paesi con il più alto tasso di emigrazione giovanile dell’Ue e con una produttività stagnante in molti settori strategici. L’euro non è una panacea: rende più visibili i limiti, piuttosto che nasconderli. Senza margini sulla politica monetaria e con una sorveglianza fiscale intensificata, il Paese dovrà agire con molta più precisione nel bilancio pubblico e nella gestione delle crisi.

Infine, c’è la questione sociale. L’euro porterà alla sostituzione del lev, moneta nazionale e simbolo identitario, con la valuta comunitaria. Non è un passaggio solo tecnico, e il consenso popolare non è unanime. Il rischio è che l’adozione della moneta unica venga percepita come un’imposizione dall’alto, alimentando tensioni interne. Per questo, il governo di Sofia dovrà lavorare per spiegare, gestire e accompagnare il cambiamento.

Dentro l’Eurozona, ma non ancora nel cuore del sistema

Con l’euro, la Bulgaria entra nel club più esclusivo dell’Unione Europea. Ma esserci non basta. L’adesione implica partecipazione attiva alle decisioni economiche e finanziarie prese a Bruxelles e a Francoforte, con responsabilità proporzionali ai diritti. Come sottolineato dal Commissario per l’Economia e la Produttività, Valdis Dombrovskis, la Bulgaria potrà finalmente “plasmare le decisioni al centro dell’area dell’euro”. Un’affermazione che dice molto sulle aspettative politiche legate a questo passaggio.

In realtà, il margine d’influenza di Sofia resterà limitato, almeno nel breve periodo. Come piccolo Stato membro con peso economico contenuto, la Bulgaria non avrà la stessa voce di Germania o Francia. Tuttavia, la partecipazione diretta all’Eurogruppo e l’accesso ai meccanismi di supporto dell’Eurozona rappresentano un salto di qualità nel posizionamento europeo del Paese.

È interessante notare come l’ingresso nell’euro arrivi pochi mesi dopo l’entrata a pieno titolo della Bulgaria nell’area Schengen. Un’accelerazione visibile nel processo d’integrazione europea, che segnala la volontà delle istituzioni europee di consolidare la presenza dei Balcani occidentali nell’architettura politica dell’Unione. In questo contesto, l’adesione alla moneta unica è anche un messaggio geopolitico: una Bulgaria pienamente europea è una Bulgaria più stabile, meno esposta alle influenze esterne e più coinvolta nei meccanismi decisionali comuni.

Tuttavia, l’entrata nell’eurozona non risolve automaticamente le tensioni tra centro e periferia dell’Ue. L’asimmetria strutturale tra economie core e Paesi emergenti come la Bulgaria resta una realtà, e le regole dell’eurozona – pensate per economie più avanzate – non sono sempre adatte a garantire una crescita equilibrata. Per Sofia, il vero banco di prova sarà la capacità di navigare queste contraddizioni senza scivolare nei modelli di austerità reattiva che hanno segnato altre transizioni nell’Eurozona.

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