Con 344 voti favorevoli ottenuti in una votazione a scrutinio segreto del Parlamento europeo, Teresa Anjinho, giurista portoghese e figura di spicco nella difesa dei diritti umani, è stata eletta nuova Mediatrice europea. Il suo mandato, che durerà cinque anni, inizierà ufficialmente il 27 febbraio 2025, dopo la cerimonia di giuramento presso la Corte di giustizia dell’Unione Europea.
Il percorso di Teresa Anjinho
Anjinho porta con sé un curriculum che combina una vasta esperienza accademica e istituzionale. Laureata in giurisprudenza presso l’Università di Lisbona, ha consolidato la sua carriera nell’ambito dei diritti umani e della giustizia amministrativa. È stata vice Mediatrice del Portogallo e membro del Comitato di vigilanza dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), distinguendosi per il suo impegno nella promozione di standard elevati di integrità e responsabilità all’interno delle istituzioni europee.
Oltre al suo ruolo istituzionale, Anjinho ha insegnato diritto amministrativo ed europeo presso prestigiose università, dimostrando un’attenzione particolare alla formazione delle nuove generazioni di giuristi. La sua attività accademica si intreccia con una vasta produzione pubblicistica in cui ha esplorato temi legati alla governance, ai diritti fondamentali e alla trasparenza amministrativa.
Durante l’audizione pubblica alla commissione per le petizioni, il 3 dicembre 2024, ha dichiarato la sua intenzione di rafforzare la fiducia tra l’Unione Europea e i cittadini: “Il mondo di oggi non comprende l’indecisione dovuta a formalità o burocrazie inutili, né accetta ritardi ingiustificati. È una questione di fiducia nell’istituzione e, alla fine, nell’Unione Europea nel suo complesso”.
Un’elezione competitiva
L’elezione della nuova Mediatrice europea è avvenuta dopo due turni di votazione, in un processo che ha visto la partecipazione di sei candidati provenienti da diversi paesi europei. Tra loro figuravano due italiani: Emilio De Capitani, avvocato ed ex funzionario del Parlamento europeo, e Marino Fardelli, difensore civico della Regione Lazio. Gli altri contendenti erano Julia Laffranque (Estonia), Claudia Mahler (Austria) e Reinier van Zutphen (Paesi Bassi).
Ogni candidato ha portato prospettive e competenze uniche, ma la visione di Anjinho è riuscita a prevalere grazie alla sua capacità di coniugare il rigore giuridico con una sensibilità verso le sfide quotidiane dei cittadini europei. La sua attenzione alla trasparenza e alla gestione dei fondi europei è stata particolarmente apprezzata.
Il ruolo cruciale del Mediatore europeo
Istituito nel 1995 con il Trattato di Maastricht, l’ufficio del Mediatore europeo è un pilastro della democrazia europea. Esso si occupa di indagare su casi di cattiva amministrazione all’interno delle istituzioni dell’Ue, come ritardi ingiustificati, abusi di potere e discriminazioni. Sebbene non disponga di poteri sanzionatori, il Mediatore può emettere raccomandazioni volte a promuovere una governance più efficace e responsabile.
Tra le principali attività dell’ufficio figura la pubblicazione di un rapporto annuale, che offre una panoramica sulle denunce ricevute e le azioni intraprese. Nonostante l’importanza di questo strumento, i numeri restano limitati: tra il 2019 e il 2022, la Commissione Petizioni ha ricevuto solo 6.991 petizioni, una cifra esigua rispetto alla popolazione dell’UE, pari a circa 450 milioni di persone. Questa discrepanza evidenzia la necessità di una maggiore sensibilizzazione sull’esistenza e il ruolo del Mediatore.
Le sfide del mandato 2024-2029
Teresa Anjinho raccoglie l’eredità dell’irlandese Emily O’Reilly, che dal 2013 ha guidato l’ufficio affrontando questioni di grande rilevanza, tra cui lo scandalo Qatargate e il controverso Memorandum d’Intesa UE-Tunisia. Durante il suo mandato, O’Reilly ha lavorato per elevare gli standard di trasparenza, contribuendo a rendere più accessibile il processo decisionale europeo.
Per Anjinho, le priorità includeranno il rafforzamento della trasparenza amministrativa, l’incremento della fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee e una maggiore reattività nella gestione delle denunce. La sfida più grande sarà trasformare le raccomandazioni in azioni concrete, un obiettivo che richiederà un dialogo costante con gli attori istituzionali e la società civile.