Il Ppe smonta il green deal per le aziende, “stop per due anni”. La maggioranza Ursula esiste ancora?

Dura critica a Bruxelles: la legislazione sulla sostenibilità aziendale “si sta rivelando eccessiva e onerosa, con immensi effetti a cascata per le Pmi europee”
18 ore fa
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Antonio Tajani E Manfred Weber Ppe
Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, e il presidente del Ppe, Manfred Weber_fotogramma

Realpolitik, ripensamenti ideologici o paura della concorrenza americana e cinese. Difficile inquadrare in una sola categoria il dietrofront del Partito popolare europeo (Ppe) sulle politiche ambientali.

Dopo aver a lungo sostenuto le politiche green della “sua” Ursula von der Leyen, il Ppe ha chiesto che le direttive Ue sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale e sulla due diligence siano congelate per due anni. Nel documento sulla semplificazione burocratica per le aziende, firmato a Berlino dai leader del partito nella riunione dello scorso weekend, i Popolari avvisano Bruxelles sul rischio di un clamoroso autogol.

Il Ppe chiede uno stop alla rendicontazione

Il messaggio è chiaro: la legislazione sulla sostenibilità aziendale “si sta rivelando eccessiva e onerosa, con immensi effetti a cascata per le Pmi europee”, si legge nel documento approvato a Berlino, nel quale si chiede chiede di congelare anche le norme “correlate” tra cui il regolamento sulla tassonomia e il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Cbam).

Secondo l’ultimo report “SMEs, resource efficiency and green markets” di Eurobarometro, commissionato dalla Direzione Generale per il Mercato Interno, l’Industria, l’Imprenditoria e le Pmi della Commissione Europea, solo il 24% delle Pmi europee utilizza fonti di energia rinnovabile.

Il Ppe suggerisce di limitare per due anni l’applicazione di queste normative alle aziende con un organico superiore ai mille dipendenti. La proposta prevede anche una riduzione di almeno il 50% nei carichi di rendicontazione per le grandi aziende in modo da creare un ambiente normativo più chiaro e meno oneroso per tutte le imprese europee interessate. Un effetto simile viene perseguito per le Pmi, in merito alle quali la dichiarazione di Berlino chiede di armonizzare le legislazioni attuali che causano confusione e doppie rendicontazioni. I Popolari chiedono anche di eliminare gli effetti indiretti della legislazione ambientale su tutte le piccole e medie imprese europee.

Queste funzioni dovrebbero essere assunte da un regolamento omnibus che creerebbe certezza giuridica per tutte le aziende interessate e ridurrebbe l’onere burocratico a lungo termine. La critica all’eccessiva regulation di Bruxelles è netta: “Negli ultimi tre anni abbiamo perso oltre 300.000 posti di lavoro nell’industria tedesca, anche a causa dell’eccessiva regolamentazione nazionale ed europea”, ha chiosato il leader della Cdu Friedrich Merz in conferenza stampa con il presidente del Ppe, Manfred Weber.

Una critica che è arrivata dritta alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, presente al “ritiro dei leader” di Berlino. Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola e il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, hanno partecipato alla riunione dello scorso weekend.

“Il 2025 è l’anno in cui realizzeremo le nostre priorità per un’Europa più forte, più sicura e competitiva. Come Partito polare europeo portiamo leadership, visione e unità: un forte Partito popolare con il mandato di guidare l’Europa”, ha ribadito Weber.

Per Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, potremmo essere all’alba di una nuova era del Ppe, basata su un approccio più pragmatico e meno ideale. Sullo sfondo, i rischi economici posti dal Regolamento Auto e la politica protezionista (e per niente green) di Donald Trump.

Wolken (S&D): “L’Europa deve essere indipendente dal petrolio e dal gas degli autocrati”

La guerra in Ucraina ha sollevato il Vaso di Pandora sulla dipendenza energetica dell’Europa, che pure varia tra i Ventisette. Sul punto, il deputato di Socialisti e Democratici (S&D) Tiemo Wölken non ha dubbi: “Prima di adottare una nuova legge ci serve una valutazione di impatto”, ha detto il mese scorso dai seggi del Parlamento europeo attaccando chi chiede di rivedere le norme green: “Devo quindi chiedere ai colleghi della destra: cosa avete fatto negli ultimi cinque anni? Non avete letto le proposte della Commissione? Altrimenti avreste visto le valutazioni d’impatto. Ora chiedete ulteriori valutazioni per rallentare il processo, imponendo nuova burocrazia e cercando di farci credere che puntate a una migliore legislazione e a meno burocrazia. Questo è assolutamente assurdo”.

Il compromesso competitività-ambiente non convince il deputato tedesco: “Siamo onesti: non credete al cambiamento climatico, non volete agire e con ciò mettete a rischio vite umane, posti di lavoro e la competitività dell’industria europea, che ha bisogno di certezza e non di zigzag. Serve energia rinnovabile, non dipendenza da importazioni di petrolio e gas da Stati autocratici. Dobbiamo renderci indipendenti e smettere di raccontare storie superate che mettono in pericolo vite umane e posti di lavoro“, ha aggiunto Wölken che è anche membro della Commissione Ambiente ENVI. La fine dell’accordo sul transito del gas russo da Kiev non dovrebbe cambiare i piani green di Bruxelles ma rinforzarli: “Questa è la missione dell’Unione Europea, è il Green Deal. Noi socialdemocratici lo difenderemo. Su questo potete contare”, ha promesso l’eurodeputato.

L’impressione è che, nell’emiciclo, non tutti siano d’accordo.