Orbán chiama Cina e Brasile per un vertice Mosca-Kiev

“L’Ungheria non è la pecora nera, ma la rondine. Aspettiamo le altre”, così Orbán punta ad uno “stormo” antioccidentale
4 giorni fa
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Viktor Orban a Cernobbio (Maurizio Maule / Fotogramma)
Viktor Orban a Cernobbio (Maurizio Maule / Fotogramma)

Non si arrende e cerca la pace, la “sua” pace. Parliamo di Viktor Orbán, presidente dell’Ungheria, che si è detto stanco dei continui morti tra Mosca e Kiev e che è intenzionato più che mai a fare da paciere tra i due Paesi. Per farlo, Orbán si è rivolto alla Cina e al Brasile.

I suoi precedenti sforzi per costruire una pace nel conflitto più vicino alle porte dell’Europa, non solo si sono conclusi con un nulla di fatto, ma hanno anche attirato diverse critiche da parte di leader ed esponenti dell’Unione europea. Ma all’Ungheria questa guerra non conviene e Orbán cerca alleati per organizzare un vertice tra Putin e Zelensky.

La ricerca della pace

A margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della scorsa settimana, il leader ungherese si è rivolto alla Cina e al Brasile, chiedendo loro di unirsi a lui nell’organizzazione del vertice per i negoziati. Un vertice che potrebbe vedere coinvolti anche i leader di Francia e Svizzera.

Lo conferma lo stesso Orbán, parlando all’emittente conservatrice svizzera Weltwoche che ha intervistato il leader ungherese in occasione dell’anniversario del quotidiano. In quest’occasione, Orbán ha avuto modo di esprimere la propria tesi sull’Europa, su Bruxelles e le sue istituzioni, così come il ruolo che gli Stati membri dovrebbero giocare per favorire un vertice Mosca-Kiev.

Le “facce storte” di Bruxelles

Bruxelles non vede di buon occhio il comportamento isolazionista di Budapest. L’Ungheria, che ha assunto la presidenza di turno al Consiglio dell’Unione europea, ha un leader che il giorno stesso dell’incarico europeo per il suo Paese ha intrapreso un “tour per la pace” da Kiev, passando per Mosca e arrivando fino a Pechino. Irritando le controparti europee, Orbánha più volte sottolineato l’importanza di un impegno personale considerata la sua capacità di interlocuzione con tutti i soggetti coinvolti.

Soggetti, però, che hanno visioni diverse del modo in cui questa pace andrebbe raggiunta. Se da un lato che Vladimir Putin non arretra, dall’altro lo stesso comportamento è svolto da Volodymyr Zelensky che chiede proprio all’Ue un maggior aiuto in termini militari ed economici per “sconfiggere l’invasore”.

“I conservatori in Europa oggi concordano sul fatto che l’Ue non è più padrona di se stessa – ha ribadito nell’intervista al quotidiano conservatore svizzero -. La sua partecipazione al Pil totale mondiale è in calo ed entro il 2030, secondo le previsioni, ci sarà un solo Paese europeo tra le dieci maggiori economie nazionali: la Germania, ma al decimo posto. Gli altri escono tutti dalla top ten. Ovviamente non stiamo facendo alcun progresso con l’allargamento e l’Europa non è in grado di affrontare i conflitti regionali, che si tratti dei Balcani o dell’Ucraina”.

È per questi motivi che il presidente ungherese si è rivolto alla Cina e al Brasile per aprire un dialogo con i due Paesi coinvolti nel conflitto e cercare un confronto e la pace. E se nella Cina potrà trovare un valido alleato, con il presidente Lula da Silva dovrà trattare. La sua offerta a Jair Bolsonaro di ottenere un rifugio nell’ambasciata ungherese in Brasile, dopo il fallimento della sua candidatura alla rielezione e il conseguente assalto alle istituzioni del Paese da parte dei sostenitori del leader brasiliano, gli costerà più fatica.

Il futuro dell’Ue dopo le elezioni in America

“La mia tesi è che l’Europa ha perso la sua capacità di autodeterminazione. Ciò significa che non è in grado di determinare quali siano i suoi obiettivi e non può riconoscere quali strumenti deve utilizzare per raggiungere i suoi scopi, cioè, è incapace di agire in modo indipendente e sovrano – ha aggiunto il leader ungherese -. Lo dico con amarezza, per un ungherese è una sensazione dolorosa, perché stiamo parlando della culla della civiltà occidentale. Ed è vero che la civiltà occidentale ha preso piede anche in altri continenti, ma il suo midollo, il suo nucleo, è qui in Europa. Quello che vediamo oggi fa male. Torniamo indietro nel tempo! Come si è creata questa situazione?”.

Per il presidente ungherese la colpa è degli Stati Uniti. Perciò, guardare a Donald Trump, per Orbàn non è così assurdo: “A Bruxelles, non solo non ci sono risposte a questa domanda (cosa accadrà all’Europa se vince Trump, ndr), ma non capiscono nemmeno la domanda. Allora l’America raggrupperà le sue forze, forse anche volterà le spalle alla questione russo-ucraina. E noi europei resteremo qui con un enorme conflitto geopolitico. Questo è importante per noi, il nostro vicino orientale è l’Ucraina, e allora dovremo trovare una soluzione politica a una questione quasi impossibile, e dovremo sostenere l’intero onere finanziario del ripristino dell’ordine. Visto dalla Svizzera, può sembrare difficile da credere, ma l’Europa è in uno stato di impoverimento, non ha soldi per una così grande avventura e una così grande impresa”.

E per chi critica il leader in Europa, la risposta è chiara: “Ungheria pecora nera? Siamo la rondine europea e ne cerchiamo altre”.

In sintesi, Orbán punta ad una pace, qualsiasi essa sia, ma che metta fine al conflitto e restituisca una stabilità economica ai rapporti bilaterali dei singoli Stati membri. Che dia, in altre parole, la possibilità all’Ungheria di essere libera di dialogare con Putin, senza lasciare l’Ue. Unione europea che, però, ha già fatto la sua scelta e condivide quella del presidente ucraino, chi più, chi meno: “Qualsiasi tentativo parallelo o alternativo di cercare la pace è, in realtà, un tentativo di ottenere una tregua invece che la fine della guerra“, ha detto Zelensky, esortando le Nazioni a “fare pressione” sulla Russia. “Non dividete il mondo. Siate Nazioni unite”, ha implorato. “E questo ci porterà la pace”.

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