La Francia in bilico davanti alla crisi. Equilibri e variabili secondo il prof. Darnis

Settimana prossima un crollo del governo Barnier potrebbe precipitare una crisi politica senza precedenti dal 1962, rileva il professore. L’azzardo di Le Pen, il ruolo dei socialisti e l’inceppamento del sistema elettorale
2 settimane fa
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Francia Marine Le Pen crisi governo
Alain Jocard / AFP

La Francia è sull’orlo di una crisi politica che ha il potenziale per diventare la più importante dalla nascita della Quinta Repubblica. Il governo di minoranza guidato dal repubblicano Michel Barnier è destinato a saltare se Marine Le Pen deciderà di far aderire il suo Rassemblement National (Rn) alla sfiducia promossa dalla sinistra, facendo venir meno il suo tacito sostegno e aprendo a una stagione di incertezza senza precedenti dal 1962.

Giovedì sera Barnier ha fatto un passo in direzione del Rn, promettendo di stralciare dalla legge di bilancio – il punto di caduta di tutto il caso – un piano per aumentare le tasse sull’energia. Risposta: grazie ma non basta. Il partito ha fatto sapere che manterrà pressione finché tutte le richieste non saranno soddisfatte. Intanto Le Pen lancia un ultimatum al premier (“ha fino a lunedì”, ha detto a Le Monde) dopo aver minimizzato il rischio caos in caso di crollo del governo.

“Non so se il Paese si stia ‘italianizzando’, ma so che il bipolarismo è saltato,” spiega Jean-Pierre Darnis, professore e direttore del master in Relazioni franco-italiane presso l’Université Côte d’Azur, a Eurofocus. L’instabilità in mostra è figlia del matrimonio mal assortito tra il sistema elettorale francese e la tripartizione delle forze politiche. E non sarà affatto facile prevedere l’evoluzione delle geometrie variabili in Parlamento.

La tentazione trumpiana di Le Pen

Sconfitta due volte al secondo turno delle presidenziali, ma con margini in diminuzione e un partito sempre più forte, Le Pen continua a tenere l’Eliseo nel mirino. Il potenziale ostacolo: un processo per uso improprio di fondi europei. “Le accuse sono ben documentate. Se come probabile verrà condannata per frode e impeghi fittizi alle spese del Parlamento europeo, cosa abbastanza dimostrata, la giurisprudenza è abbastanza chiara e fa pensare a una condanna”. La conseguenza è l’ineleggibilità, puntualizza Darnis.

Il punto è che il partito “non sembra aver messo in conto” questo rischio. Ma lo scenario scuoterebbe le fondamenta di un partito fortemente identitario e centrato sulla figura della sua leader. E aprirebbe la questione della successione con Jordan Bardella, il giovane e ancora relativamente inesperto delfino di Le Pen, che nonostante i successi elettorali potrebbe rivelarsi (o ritenersi lui stesso) ancora troppo immaturo per sostituirla nella corsa verso l’Eliseo.

Le Pen, tuttavia, potrebbe tentare l’azzardo: “far scattare le elezioni prima della sua eventuale condanna, in modalità quasi trumpiana, per farsi eleggere e ottenere l’immunità presidenziale” evidenzia Darnis. Una strategia comunque rischiosa per il Rn: votare la sfiducia insieme alla sinistra, unendo i voti in maniera quantomeno inedita, potrebbe esporre il partito all’accusa di aver precipitato il Paese nel caos in un momento di forte instabilità a livello interno, europeo, internazionale.

“Già si profila nei mercati una crisi di fiducia nel governo”, con lo spread francese che nella giornata di giovedì ha brevemente superato quello greco. E un eventuale indebolimento di Rn, causato dall’implosione della scommessa di Le Pen, potrebbe aprire ampi spazi di manovra per il centrodestra repubblicano che scalpita all’idea di recuperare consensi a destra.

Il gioco dei socialisti

Anche dall’altra parte dello spettro politico c’è chi si trova a un bivio: i socialisti, partito che Darnis definisce “di adulti responsabili” (nell’accezione americana di adults in the room). Vincolati all’alleanza con la sinistra più radicale di La France Insoumise, non hanno il capitale politico necessario per rompere i ranghi, sostenere il governo Barnier e sperare nella comprensione degli elettori. Pur “comprendendo benissimo” i rischi di una crisi istituzionale in un contesto di fragilità internazionale, spiega Darnis.

La loro tentazione sarebbe comunque quella di riappropriarsi del centro: uno sviluppo possibile dopo l’eventuale caduta del governo Barnier. “I socialisti potrebbero convergere su un governo tecnico o di unità nazionale, garantendo almeno un appoggio esterno,” aggiunge il professore. Sottolineando che questa soluzione, pur immaginabile e tanto familiare al pubblico italiano, non fa affatto parte della tradizione politica francese.

Dopo le elezioni estive c’era già stato un tentativo precedente in questa direzione, con al centro l’ex premier socialista Bernard Cazeneuve, poi congelato dalla costituzione di una coalizione di centrodestra. “Molti considerano questa decisione un errore strategico del presidente Emmanuel Macron” afferma Darnis. Anche perché in ottica di un futuro post-Macron l’area macroniana è piena di ex socialisti moderati attirati da un possibile rafforzamento del centrosinistra.

Ritorno al passato?

A fare da sfondo a questa crisi c’è l’assetto istituzionale della Francia. Il sistema della Quinta Repubblica, nata con apposita modifica della Costituzione nel 1958, favorisce nettamente il bipolarismo ed è “progettato per garantire stabilità al campo vincente, che fosse di destra o di sinistra,” spiega il professore. L’ascesa del Rn ha rotto questa logica, creando una tripartizione tra macronisti, sinistra radicale e destra populista che mal si sposa con il sistema elettorale maggioritario.

“Solo i più anziani ricordano i meccanismi della Quarta Repubblica”, un periodo segnato da coalizioni e negoziati che pur scontando una forte instabilità portavano a un certo livello di governabilità. Oggi sarebbe un modello difficile da digerire per i francesi, che “non sono abituati a guardare ai modelli europei basati su coalizioni,” rileva Darnis. È però possibile che sia la realtà a instillare un senso di pragmatismo: il momento – Germania debole e verso il voto, Donald Trump di ritorno alla Casa Bianca, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente – è decisamente sfavorevole per aprire una crisi politica.

Lo sguardo al futuro

Non è impossibile che la caduta del governo Barnier spinga le forze politiche verso soluzioni più creative delle elezioni. “Nell’arco dei partiti repubblicani legati a un modello di socialdemocrazia e integrazione in Ue, che va dai socialisti ai repubblicani, passando per i macroniani, una forma di convergenza ci deve essere. Specie se la scossa economica è quella che si profila sui mercati. Le associazioni aziendali iniziano a innervosirsi, guardando al costo del denaro”, spiega Darnis.

L’inceppamento del sistema maggioritario francese rende la strada del governo di unità nazionale quantomeno percorribile. Del resto, si tratterebbe di riaprire la possibilità ventilata in estate. La chiosa del professore: questo scenario richiede compromessi e responsabilità, elementi che scarseggiano nel panorama politico francese in cui gli attori principali sono “dediti ai tatticismi”.

La possibile alternativa? “Ci si chiede se non si possa arrivare a un’amministrazione provvisoria, di shutdown, cosa molto preoccupante per tantissimi. Anche perché entriamo in uno scenario completamente nuovo”, con l’ombra di blocchi a servizi pubblici come la sanità e un fronte di nuvole sempre più scure sull’economia dell’altra metà del motore d’Europa.

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