C’è un dato che racconta il fallimento delle auto green meglio di qualunque altro: i fondi destinati ad incentivare l’acquisto di veicoli elettrici sono avanzati. In pratica, gli italiani non hanno fatto la corsa per accedere al bonus e, anzi, questo è decaduto con ancora qualche milione di euro ancora inutilizzato. Una situazione più unica che rara per un popolo sempre attento a cogliere queste opportunità, la prova che la rivoluzione dell’automotive è viziata alla base.
Tanto che, dopo una strenua resistenza, anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è tornata sui suoi passi alleggerendo il Regolamento Auto e accogliendo, in parte, le richieste del governo italiano e di altri Paesi membri. Ora, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso annuncia l’addio all’ecobonus auto e chiede a Bruxelles di fare un ulteriore sforzo.
Cosa chiede Urso all’Ue
Durante il tavolo automotive di venerdì 14 marzo, il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha sollecitato un piano europeo di incentivi che supporti in modo omogeneo e costante l’acquisto di veicoli ecologicamente sostenibili, non necessariamente elettrici. Nel dibattito con Bruxelles, il governo italiano ha sempre insistito sulla neutralità energetica invitando la Commissione a non incaponirsi in “assurde battaglie ideologiche”.
Venerdì scorso il ministro Urso ha ribadito il concetto e il fallimento della strategia elettrica: “Bisogna aprire a tutte le tecnologie disponibili, dai biocarburanti all’idrogeno. Serve poi rivedere il metodo di calcolo delle emissioni, garantire l’autonomia strategica sul fronte delle batterie elettriche e incentivare la produzione made in Europe. La battaglia è ancora lunga, ma noi non molliamo”.
Parole che arrivano a pochi giorni dal fallimento di Northvolt, il colosso svedese che avrebbe dovuto rendere l’Europa indipendente nella produzione di batterie elettriche e invece ha chiuso con un rosso di 7,5 miliardi di euro.
Le battaglie vinte dall’esecutivo italiano
Le tensioni commerciali con Usa e Cina potrebbero ulteriormente aprire l’Ue alla linea del governo italiano, che sta diventando dominante anche a Bruxelles. Lo stesso ministro ha ricordato che il non paper sull’automotive (firmato in primis dall’Italia) ha portato la Commissione Ue a rinviare le sanzioni previste per il 2025 e anticipare la revisione del regolamento sui veicoli leggeri.
Richieste che Bruxelles ha accolto dopo oltre un anno di dibattiti e rifiuti aprendo (anche) alla neutralità energetica. Il 3 marzo scorso, Ursula von der Leyen ha spiegato che nel secondo meeting nell’ambito del Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive europea si è discusso anche della “transizione verso una mobilità pulita. C’è una chiara richiesta di maggiore flessibilità sugli obiettivi di Co2“.
Bruxelles punta a conciliare le esigenze ambientali con quelle produttive, senza penalizzare le aziende che hanno investito nella transizione energetica. La soluzione trovata dall’esecutivo europeo consiste in un disallineamento temporale: “Per affrontare il problema in modo equilibrato, proporrò questo mese un emendamento mirato al regolamento sugli standard Co2: invece del rispetto annuale, le aziende avranno tre anni. Gli obiettivi rimangono gli stessi, devono rispettarli“.
Per approfondire: Auto Ue, così von der Leyen elimina lo spauracchio delle multe (per ora)
Dalle Auto alla Difesa
Se sull’automotive Roma e Bruxelles si avvicinano è sulla Difesa che il sodalizio diventa solido. Anche grazie alle auto: “Incentiviamo le aziende della filiera automotive a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita come la difesa, l’aerospazio, la blue economy e la cybersicurezza”, ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy durante il tavolo automotive. Negli ultimi giorni l’ipotesi di dare nuova linfa all’indotto delle auto sfruttando il gancio della Difesa e il nuovo ReArmEu si è fatta strada nonostante le proteste di alcuni partiti e sindacati.
Anche altri Paesi strizzano l’occhio a questa soluzione: giovedì 13 marzo, l’ad della tedesca Volkswagen Oliver Blume ha detto che la società è aperta a contribuire al riarmo valutando la produzione di veicoli militari.
Dagli Ecobonus al credito di imposta
Durante il tavolo automotive, il ministro Urso ha parlato di un piano da 2,5 miliardi di euro nel triennio, di cui 1,6 miliardi per il 2025. Cifre che saranno parzialmente destinate anche ad altre filiere strategiche per il Paese.
A parte, ci saranno 200 milioni di euro per sostenere il credito d’imposta sulle spese di ricerca e innovazione, misura chiesta a gran voce dalle imprese dall’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), che accoglie di buon grado la novità e scrive in una nota “Ci impegneremo per far sì che diventi un volano di innovazione per le nostre imprese”. Giovedì, l’Anfia aveva diffuso i numeri delle auto prodotte in Italia nel 2024: appena 10.800 unità, -63,4% rispetto al 2023. L’intero comparto ha perso il 25,3%. Numeri che rendono necessario un cambio di direzione.