Usano la musica per veicolare anche messaggi politici. Sensibilizzano su quanto accade in Palestina, sulle condizioni dei bambini a Gaza e sugli attacchi di Israele sulla Striscia. Per questi motivi, “rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale”. A sostenerlo è il governo ungherese che ha vietato al gruppo rap irlandese Kneecap l’ingresso nel Paese per i prossimi tre anni.
📢 As I’ve already announced. Here it is, straight from the Government Information Center:
🚫 @KneecapCEOL’s members repeatedly engage in antisemitic hate speech supporting terrorism and terrorist groups. Hungary has zero tolerance for antisemitism in any form.
❌Their planned…
— Zoltan Kovacs (@zoltanspox) July 24, 2025
Il divieto ungherese
Il gruppo rap irlandese Kneecap sarebbe stato ospite, il prossimo 11 agosto, dello Sziget Festival. Si tratta dell’evento musicale e culturale che si tiene ogni anno a Budapest, sull’isola di Óbuda nel Danubio. È uno dei festival più grandi e importanti d’Europa.
L’edizione del 2025 si svolgerà dal 6 all’11 agosto, ma al gruppo Kneecap non è consentito l’accesso, né al Festival, né in Ungheria per i prossimi tre anni.“I membri di Kneecap si impegnano ripetutamente in discorsi d’odio antisemiti a sostegno del terrorismo e dei gruppi terroristici. L’Ungheria ha tolleranza zero per l’antisemitismo in qualsiasi forma – ha scritto su X il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs -. La loro esibizione rappresentava una minaccia per la sicurezza nazionale e, per questo motivo, al gruppo è stato formalmente vietato l’ingresso in Ungheria per tre anni. Se dovesse entrare, seguirà l’espulsione in base alle norme internazionali”.
Chi sono i Kneecap
I Kneecap sono un trio hip hop irlandese di Belfast, nell’Irlanda del Nord, composto da Mo Chara, Móglaí Bap e Dj Próvaí, rispettivamente nomi d’arte di Liam Óg Ó hAnnaidh, Naoise Ó Cairealláin e J. J. Ó Dochartaigh. Rappano in un mix di inglese e irlandese e dallo scoppio della guerra a Gaza, la band ha regolarmente usato la propria musica e visibilità per condividere e sensibilizzare su quanto stesse accadendo in Palestina.
Non è la prima volta che ricevono polemiche per la diffusione di messaggi politici contro Israele, durante i loro spettacoli. Già a giugno, al Glastonbury Festival, nel sud-ovest dell’Inghilterra, il loro frontman aveva accusato Israele di aver commesso crimini di guerra. Israele aveva negato tali accuse. Lo stesso è accaduto a maggio, quando lo stesso frontman Mo Chara è stato accusato di terrorismo in Gran Bretagna per aver presumibilmente esposto una bandiera a sostegno di Hezbollah, sostenuto dall’Iran: fatto considerato reato e che lui ha negato.

La reazione al divieto
Sia il gruppo che gli organizzatori del festival ungherese non hanno accolto con favore la notizia ricevuta da parte del governo: “Non esiste alcuna base legale per le sue azioni – ha scritto Mo Chara su X, contro il presidente ungherese Viktor Orbán -, nessun membro di Kneecap è mai stato condannato per alcun crimine in nessun Paese”. Il gruppo ha dichiarato spesso di non sostenere i terroristi quali Hamas né tanto meno il gruppo militante libanese Hezbollah e che condanna “tutti gli attacchi contro i civili, sempre”.
Gli organizzatori del festival hanno rilasciato una dichiarazione definendo il divieto del governo “una mossa senza precedenti che riteniamo sia inutile e deplorevole. I valori dello Sziget Festival ci impongono di condannare l’incitamento all’odio, garantendo al contempo il diritto fondamentale alla libertà di espressione artistica per ogni artista. La cancel culture e i boicottaggi culturali non sono la soluzione”, scrivono in una nota.
A message for all who'd hoped to see us on stage at Sziget in 2 weeks👇❤️ pic.twitter.com/JKFuKIkAf4
— KNEECAP (@KNEECAPCEOL) July 24, 2025
Il caso italiano
Caso simile, seppur in misura ridotta, si è verificato in Italia, quando negli scorsi giorni, il concerto del celebre direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, previsto alla Reggia di Caserta il 27 luglio, è stato cancellato a seguito di una forte mobilitazione internazionale contro la sua partecipazione.
La sua vicinanza personale e professionale al presidente Vladimir Putin ha sollevato timori di legittimazione indiretta della politica russa, soprattutto in un momento in cui la guerra in Ucraina ha amplificato la sensibilità attorno a temi di propaganda culturale.
A protestare sono stati attivisti ucraini, dissidenti russi e personalità istituzionali, tra cui Julija Navalnaya (vedova di Alex Navalny, oppositore politico di Vladimir Putin) e Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, generando una petizione che ha raccolto oltre 16.000 firme. Nonostante il supporto iniziale delle autorità locali, la direttrice del sito monumentale, Tiziana Maffei, ha annullato l’evento, con il supporto del Ministero della Cultura, che in una nota ha descritto “libera e insindacabile” la scelta assunta dalla Direzione della Reggia di Caserta rispetto all’annullamento del concerto diretto dal maestro Gergiev e che “trova il mio pieno e convinto sostegno: pur nel rispetto dovuto alla eccezionale qualità artistica dell’evento, anche alla luce di una sopraggiunta strumentalizzazione ideologica di parte, obbedisce a una logica di buon senso e di tensione morale volta alla protezione dei valori del mondo libero”.
L’episodio ha acceso un intenso dibattito in Italia, e lo stesso sta accadendo in Ungheria con i Kneecap: quanto l’arte può o debba essere separata dalla responsabilità etico-politica degli artisti coinvolti? Quanto di questo è una forma di censura?