Lo Stato di diritto frena in Europa

Il Rule of Law Index 2025 del World Justice Project segnala un arretramento diffuso: venti Paesi dell’UE peggiorano, l’Italia resta ferma
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Giustizia Bilancia Canva

Il sessantotto per cento dei Paesi del pianeta arretra nel rispetto delle regole che sorreggono la democrazia: indipendenza della giustizia, trasparenza del governo, tutela dei diritti fondamentali. È quanto emerge dal Rule of Law Index 2025 del World Justice Project. Su 143 giurisdizioni analizzate, più di due terzi registrano un peggioramento nei meccanismi che limitano il potere e garantiscono la responsabilità pubblica.

L’Europa, tradizionalmente considerata un modello istituzionale, non fa eccezione. Venti Stati membri su ventisette peggiorano, in particolare nei vincoli sull’esecutivo, nell’apertura del governo e nell’indipendenza dei tribunali.

La Danimarca mantiene la prima posizione globale con un punteggio di 0,90, seguita da Norvegia (0,89), Finlandia (0,87), Svezia (0,85) e Nuova Zelanda (0,83). Subito dopo figurano Germania (0,83), Lussemburgo (0,83) e Irlanda (0,82), seguite da Paesi Bassi (0,82) ed Estonia (0,82).
In fondo all’Unione restano Ungheria (0,50) e Bulgaria (0,55). “Il deterioramento, rallentato negli ultimi anni, è tornato a crescere con forza”, ha dichiarato Alejandro Ponce, direttore esecutivo del WJP. L’arretramento non riguarda più soltanto le democrazie fragili, ma mette alla prova la solidità dei sistemi occidentali.

L’Est europeo perde terreno

Nel 2025 l’arretramento si concentra a est. Il Rule of Law Index mostra un continente spaccato: mentre il Nord e l’Ovest europeo mantengono istituzioni solide, l’Europa centrale e balcanica arretra su trasparenza, indipendenza giudiziaria e tutela dei diritti fondamentali.

Ungheria (0,50) resta ultima tra i Ventisette, con cali in tutti gli otto fattori analizzati, dai vincoli al potere esecutivo alla giustizia civile e penale. Il WJP parla di “declini sistematici” nella capacità delle istituzioni di contenere l’azione del governo e di garantire libertà civiche effettive. Le pressioni politiche sui tribunali e la concentrazione dei media sotto controllo statale consolidano un modello ormai distante dagli standard europei.

Slovacchia (0,64) segna la flessione più netta, con un calo di 0,023 punti. Romania (0,61) e Bulgaria (0,55) rimangono inchiodate a livelli medio-bassi, frenate da lentezze croniche e da una corruzione percepita come endemica. Nei Balcani occidentali, Serbia (0,47) e Bosnia-Erzegovina (0,52) arretrano nonostante i programmi di allineamento con l’Unione. L’Est europeo rimane l’area più vulnerabile del continente: le istituzioni democratiche mantengono la forma, ma faticano a esercitare pienamente la loro funzione di controllo.

Le eccezioni che risalgono

Nel panorama di regressione generalizzata, Polonia e Irlanda rappresentano due inversioni di tendenza.
La Polonia (0,66) interrompe anni di declino. Dopo una lunga stagione di scontro con Bruxelles, il nuovo governo ha avviato riforme per depoliticizzare il Consiglio nazionale della magistratura e ampliare l’accesso ai dati pubblici. L’indice registra progressi diffusi, soprattutto in materia di governo aperto e contrasto alla corruzione. Varsavia resta distante dai Paesi nordici, ma recupera credibilità dopo un decennio di tensioni istituzionali.

L’Irlanda (0,82) guadagna terreno grazie a una gestione amministrativa trasparente e a un sistema giudiziario percepito come imparziale. Secondo il WJP, la solidità delle istituzioni irlandesi e l’efficacia dei meccanismi di consultazione pubblica la collocano tra le democrazie più aperte del continente.

Germania (0,83) e Francia (0,72) restano nella fascia alta, ma con dinamiche divergenti: Berlino conserva un equilibrio stabile, pur con ritardi nella giustizia civile; Parigi, invece, perde qualche decimale per un calo di fiducia nei procedimenti amministrativi e nell’equità dell’accesso alla giustizia.
Il Regno Unito (0,78), fuori dall’Unione ma ancora riferimento comparativo, scende lievemente: l’indice segnala un’erosione della trasparenza e della neutralità istituzionale.

La giustizia in Italia

Nel Rule of Law Index 2025 l’Italia si colloca al 34º posto su 143 Paesi, con un punteggio complessivo di 0,66, invariato rispetto al 2024. Un dato di stabilità apparente che nasconde un immobilismo di fondo.
Il Paese resta nel gruppo medio delle economie avanzate, senza peggiorare ma anche senza ridurre il distacco dai partner europei.

I punteggi interni rivelano una tenuta nei vincoli al potere esecutivo (0,70) e nei diritti fondamentali (0,72), ma un chiaro ritardo nei settori che incidono sulla vita quotidiana. La giustizia civile (0,56) è tra le più lente dell’Europa occidentale: i procedimenti si accumulano, la mediazione resta marginale, la certezza dei tempi continua a mancare. La giustizia penale (0,63) ottiene risultati migliori, ma soffre di carichi di lavoro eccessivi e forti differenze territoriali.

Con un indice di enforcement a 0,61, l’Italia conferma la difficoltà di tradurre la legge in pratica efficiente. Non è solo un problema di burocrazia, ma di capacità amministrativa e risorse.
Sul fronte della corruzione (0,65), i miglioramenti restano modesti. Il punteggio è sotto la media europea (0,73) e segnala una tiepida fiducia nell’imparzialità della pubblica amministrazione. Le riforme su appalti, lobbying e trasparenza non hanno ancora prodotto effetti percepibili.

Nella classifica regionale, l’Italia è 25ª su 31 Paesi europei. Una giustizia che garantisce ma non convince: funziona, ma non abbastanza da ispirare fiducia.

Un continente in equilibrio instabile

Il Rule of Law Index 2025 restituisce l’immagine di un continente che conserva standard elevati ma avanza nella direzione opposta. Quasi il 70% dei Paesi europei peggiora almeno in un fattore chiave: vincoli al potere esecutivo, diritti fondamentali o giustizia civile. L’erosione non si manifesta con crisi aperte, ma con un logoramento graduale, fatto di eccezioni e deroghe che diventano abitudine.

Il divario fra Nord e Sud si allarga. Dove la cultura istituzionale è solida, le regole resistono; dove la politica penetra corti e amministrazioni, il sistema si piega. L’Europa resta la regione con i punteggi medi più alti, ma anche quella con la forbice interna più ampia: 0,40 punti separano Danimarca e Ungheria, un divario mai registrato prima.

Presentando il rapporto, Alejandro Ponce ha ricordato che “rafforzare lo stato di diritto è un processo lento, ma la sua erosione può essere sorprendentemente rapida”. Una frase che riassume la lezione di questa edizione: l’Europa resta un modello, ma la sua forza non è più scontata.

 

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