L’addio a Papa Francesco diventa summit globale

Da Trump a von der Leyen, passando per Macron, Zelensky e Meloni: San Pietro diventa teatro di manovre globali. E forse di un dialogo inatteso.
9 ore fa
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La morte di Papa Francesco ha scosso il mondo, lasciando un vuoto spirituale e umano che va ben oltre i confini della Chiesa cattolica. Ma il suo funerale, previsto per sabato 26 aprile a San Pietro, promette di diventare qualcosa di più di una solenne celebrazione liturgica: un evento catalizzatore per la diplomazia internazionale, un palcoscenico eccezionale dove potenze mondiali si sfiorano, si osservano e – forse – si parlano. Ursula von der Leyen ha scritto: “Ha ispirato milioni di persone con la sua umiltà e il suo amore puro per i meno fortunati”. Parole che risuonano nel silenzio del lutto globale, ma che riecheggiano anche nei corridoi del potere europeo e mondiale. Perché l’eredità di Papa Francesco, il pontefice venuto dalla fine del mondo, potrebbe ora aprire un varco verso dialoghi inattesi, come quello – ancora tutto da confermare – tra Donald Trump e i vertici Ue, sullo sfondo di un’Europa che guarda a est e a ovest con crescente inquietudine.

Un addio pontificio che sa di snodo geopolitico

L’atmosfera a Roma è di raccoglimento, ma anche di attesa. Piazza San Pietro si prepara ad accogliere non solo milioni di fedeli, ma anche decine di capi di Stato, sovrani e leader religiosi. Come in una lenta processione di potere, le cancellerie mondiali stanno confermando la presenza dei loro rappresentanti, trasformando il funerale di Papa Francesco in una delle occasioni diplomatiche più dense del decennio. Saranno presenti, tra gli altri, Emmanuel Macron, re Felipe e la regina Letizia di Spagna, il premier britannico Keir Starmer, il presidente polacco Andrzej Duda, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e, ovviamente, Giorgia Meloni, che ha annullato la missione in Asia Centrale per essere presente.

Ma l’attenzione mediatica e politica si concentra soprattutto su due figure: Donald Trump e Ursula von der Leyen. Il presidente americano ha confermato la sua partecipazione con la moglie Melania. Un gesto che, nella grammatica della diplomazia internazionale, vale più di mille dichiarazioni.

Che si tratti di un incontro bilaterale o di un semplice scambio di parole ai margini delle esequie, la sola possibilità di un contatto tra Trump e Ursula von der Leyen fa tremare gli equilibri diplomatici. I dossier aperti sono numerosi: dai dazi sospesi per novanta giorni al futuro degli accordi commerciali Ue-Usa, fino alla cooperazione su temi energetici e tecnologici. La portavoce della Commissione, Arianna Podestà, ha confermato che “nessun incontro è previsto”, ma ha lasciato aperto uno spiraglio, affermando che “non si possono escludere contatti informali”.

Per Trump, l’appuntamento romano rappresenta una vetrina globale imperdibile: un’occasione per presentarsi di nuovo come uomo di Stato, sensibile ai grandi temi spirituali, ma soprattutto capace di incidere nella geopolitica. Per von der Leyen, la posta in gioco è forse ancora più alta: dialogare con Trump significa anche testare i confini della propria leadership e consolidare la posizione dell’Ue nel nuovo disordine globale.

I due potrebbero incrociarsi nei corridoi del Vaticano, scambiarsi una stretta di mano sotto gli occhi delle telecamere, e lanciare un segnale al mondo intero. Anche solo pochi minuti di colloquio basterebbero a riaccendere il motore, attualmente inceppato, del dialogo transatlantico.

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