L’eco dei dazi imposti dagli Stati Uniti risuona forte nei palazzi di Bruxelles, mentre l’Unione europea si prepara a una risposta che non lascia spazio a tentennamenti. Oggi, 12 marzo, Washington ha ufficialmente reintrodotto tariffe del 25% su acciaio e alluminio provenienti dall’Ue, con effetti che rischiano di scuotere le fondamenta delle relazioni transatlantiche. Non si tratta di una mossa isolata: la misura rientra in una strategia più ampia, già sperimentata dalla prima amministrazione Trump nel 2018, quando l’Europa aveva risposto con un pacchetto di contromisure bilanciate. Questa volta, però, la Commissione europea non si limita a ripristinare i vecchi dazi sospesi, ma alza la posta in gioco con nuove tariffe su un ampio ventaglio di prodotti americani. Dai bourbon alle motociclette Harley Davidson, dalle materie plastiche ai prodotti agricoli, la lista delle merci colpite è lunga e strategica. Bruxelles intende dimostrare che l’Europa non è un bersaglio facile e che i consumatori e le aziende europee devono essere tutelati da decisioni unilaterali considerate ingiustificate e dannose per il mercato globale.
Un déjà-vu da 6 miliardi di euro
Nel 2018, il primo mandato di Donald Trump aveva già messo in crisi l’export europeo con una politica commerciale aggressiva, basata su dazi mirati per ridurre il deficit della bilancia commerciale statunitense. All’epoca, i dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio colpirono esportazioni europee per un valore di 6,4 miliardi di euro, portando l’Ue a rispondere con una serie di misure di ritorsione su prodotti simbolo del Made in Usa. La tregua raggiunta nel 2021 sembrava aver messo fine allo scontro, con l’accordo sulle quote di esportazione che aveva congelato l’implementazione di nuove misure punitive. Tuttavia, i nuovi dazi riportano il clima di tensione: gli Stati Uniti hanno deciso di reintrodurre e ampliare le restrizioni, aumentando dal 10% al 25% le tariffe sull’alluminio ed estendendo le restrizioni a prodotti derivati dall’acciaio e dall’alluminio –tra cui macchinari, attrezzature per la palestra, elettrodomestici e mobili (riflettendo una strategia di protezionismo economico volta a rafforzare la produzione interna americana)-, per un impatto complessivo di 26 miliardi di euro di esportazioni europee. In altre parole, il 5% dell’export totale dell’Ue verso gli Usa sarà soggetto a sovrattasse doganali, con un costo stimato per gli importatori statunitensi di circa 6 miliardi di euro all’anno.
Contromisure europee
Di fronte a un attacco commerciale di tale portata, la Commissione Europea non è rimasta a guardare. La strategia di Bruxelles è chiara: una risposta immediata e proporzionata che protegga le imprese europee, senza esasperare ulteriormente la crisi economica globale. Il primo passo sarà il ripristino automatico, a partire dal 1° aprile 2025, delle misure di riequilibrio del 2018 e del 2020, che erano state sospese in attesa di una soluzione diplomatica. Questi dazi colpiranno esportazioni statunitensi per un valore complessivo di 8 miliardi di euro, con un’attenzione particolare a settori simbolici per l’economia americana. Ma non è tutto: l’Ue ha avviato un nuovo pacchetto di misure aggiuntive per compensare l’effetto delle nuove tariffe americane, portando il totale delle contromisure a un valore stimato di 26 miliardi di euro, speculare all’impatto dei dazi imposti da Washington.
In passato, la strategia dell’Ue si era rivelata efficace nel costringere l’amministrazione statunitense a negoziare, e ora si spera in un effetto simile. Tuttavia, c’è una differenza sostanziale rispetto al passato: questa volta le misure saranno applicate integralmente, senza compromessi o sospensioni ulteriori. A differenza delle precedenti misure, questa volta l’Ue ha adottato un approccio più articolato: entro il 26 marzo verranno raccolti i pareri degli stakeholder europei, in modo da individuare i prodotti più strategici da inserire nella lista delle nuove tariffe, con l’obiettivo di minimizzare l’impatto sui consumatori e sulle aziende europee. La lista dei prodotti soggetti a dazi è stata ampliata, includendo non solo i beni simbolo del commercio americano, ma anche settori chiave. Tra i settori più a rischio figurano le esportazioni di prodotti industriali e agricoli, tra cui macchinari, elettrodomestici, prodotti tessili, carne bovina, pollame, latticini e prodotti dolciari.
Tra tensioni geopolitiche e diplomazia economica: cosa accadrà ora?
La Commissione Europea ha dichiarato di essere sempre disponibile al dialogo con Washington per trovare una soluzione condivisa, ma al tempo stesso ha ribadito che non intende accettare misure commerciali ritenute “ingiustificate e dannose”. Le parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen non lasciano spazio a fraintendimenti: “I dazi sono tasse. Sono dannosi per le imprese e ancor di più per i consumatori. Le nostre contromisure sono forti ma proporzionate. Non vogliamo un’escalation, ma dobbiamo proteggere la nostra economia”. E mentre la diplomazia lavora dietro le quinte, i mercati finanziari e le aziende europee si preparano a un periodo di incertezza: il rischio è che la guerra commerciale si allarghi, colpendo anche altri settori e compromettendo gli equilibri del commercio globale. Il 12 maggio 2025 sarà una data chiave: entro quel giorno, gli Stati Uniti dovranno decidere se estendere ulteriormente l’elenco dei prodotti colpiti da dazi, alimentando una spirale di ritorsioni che potrebbe mettere a dura prova la stabilità economica tra le due sponde dell’Atlantico. Bruxelles, dal canto suo, ha già pronto il meccanismo di risposta: se i dazi americani verranno ampliati, la reazione europea sarà altrettanto incisiva. Il messaggio è chiaro: il commercio globale non è una partita a somma zero e l’Europa non è disposta a cedere terreno senza combattere.