Euro digitale, la proposta all’Europarlamento che svuota il progetto della Bce (ma la banca centrale non si ferma)

La nuova proposta riduce l’euro digitale a un semplice strumento offline. Ma così si rinuncia all’autonomia strategica europea nel settore dei pagamenti, lasciando spazio a big tech e stable coin
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Euro Digitale

Primi scontri sulla via dell’euro digitale, che appena approdato all’Europarlamento ha già trovato un ostacolo. In aula è arrivata infatti la relativa proposta di regolamento, inizio dell’iter legislativo che dovrà definire un quadro di norme entro cui l’euro digitale dovrà muoversi. Una proposta che sostanzialmente dimezza la moneta digitale della Banca Centrale europea, riducendola a uno strumento di pagamento in più e svuotandola della funzione di pilastro dell’autonomia strategica del blocco che invece i suoi promotori le hanno dato.

Il relatore Fernando Navarrete Rojas, membro del Partito Popolare europeo (Ppe), è da tempo scettico verso il progetto della Bce, e il testo da lui presentato lo stravolge, condizionando il lancio della nuova valuta digitale a una serie di vincoli che ne modificherebbero profondamente l’impianto.

Il piano Navarrete: versione online solo se mancano alternative private

Secondo la proposta di Navarrete, l’euro digitale dovrebbe essere introdotto solo in versione offline, basata su un token scaricabile che consenta transazioni sui propri smartphone senza connessione internet. E verrebbe implementato nella versione on line solo in assenza di una soluzione privata paneuropea per i pagamenti al dettaglio, come ad esempio l’Epi (European Payments Initiative).

Il relatore suggerisce inoltre che l’obbligo di accettazione per i commercianti non sia universale, come previsto dalla Bce, ma limitato alle aziende con più di 50 dipendenti o fatturato superiore a 10 milioni di euro. Altre modifiche proposte includono la possibilità per le banche di applicare per i primi dieci anni commissioni comparabili (non inferiori, dunque) a quelle esistenti e di introdurre un limite mensile ai pagamenti gratuiti per gli utenti (per la Bce invece l’euro digitale deve essere sempre gratis).

Si tratta di correttivi che, di fatto, rallenterebbero di diversi anni l’introduzione della valuta digitale europea e ridurrebbero drasticamente la sua portata operativa. Tanto da rendere improbabile la sua diffusione come nuovo metodo di pagamento, semplicemente perché nessuno ne avrebbe un vantaggio.

I commercianti non avrebbero l’obbligo di ricorrere alla nuova valuta e pagherebbero le stesse commissioni di oggi, mentre i cittadini avrebbero solo un numero limitato di transazioni gratis.

Di fatto, privo della funzione online indispensabile per i pagamenti e-commerce e per le transazioni transfrontaliere, l’euro digitale proposto da Navarrete non garantirebbe quell’autonomia strategica dell’Eurozona che è una della ratio alla base del progetto della Bce. Il settore dei pagamenti elettronici, infatti, è appannaggio di privati di Paesi terzi (fondamentalmente americani), e la seconda presidenza Trump sta dimostrando quanto sia preferibile non dipendere nemmeno da chi si considera(va) alleato.

La logica della proposta: non sostituire i privati

L’obiettivo dichiarato da Navarrete è “evitare di escludere soluzioni private scalabili”, concentrando l’intervento pubblico “sui veri fallimenti del mercato” e sostenendo “l’autonomia strategica aperta dell’Unione”. In altre parole, il relatore intende dare priorità alle soluzioni di pagamento private europee, lasciando all’euro digitale un ruolo di “rete di sicurezza contro la frammentazione di mercato” e non renderla un “ecosistema di pagamento parallelo che mina le soluzioni private o che scoraggi l’innovazione”.

Per Navarrete, dunque, l’euro digitale così come concepito dalla Bce spegnerebbe l’innovazione e l’iniziativa dei privati.

‘Nein’ delle banche tedesche all’euro digitale della Bce

Le banche tedesche hanno accolto positivamente il rapporto Navarrete, sostenendo che “l’euro digitale non debba indebolire l’attuale sistema di pagamento, ma integrarlo in modo significativo”. La Bundesbank tuttavia ha invitato a non rinunciare a una versione ibrida – online e offline – che possa conciliare innovazione, stabilità e sovranità.

Dietro il sostegno alla proposta dell’eurodeputato popolare si intravede anche la difesa del progetto Epi (European Payments Initiative), promosso da istituti tedeschi, francesi e olandesi per creare una piattaforma di pagamenti digitale europea. Un gruppo di grandi istituti europei – tra cui Abn Amro, Bnp Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank, Ing e Société Générale – ha lanciato un progetto per un sistema di pagamenti digitali Ue chiamato “Wero”.

Le banche, soprattutto quelle piccole e soprattutto quelle tedesche e francesi, temono che il proprio proprio giro d’affari si riduca e dunque preferiscono un sistema privato dove avrebbero maggiori margini di controllo e condizioni economiche più vantaggiose. Temono inoltre che il nuovo strumento possa rappresentare un rischio per la stabilità dei mercati finanziari e una complicazione regolamentare.

Tuttavia Epi, a cui peraltro la Bce è favorevole, non è ancora pienamente operativa e non ha ottenuto l’adesione di tutte le banche dell’Unione, rischiando così un’applicazione a macchia di leopardo nel blocco, il che equivarrebbe a non avere un sistema di pagamento comune e valido in ogni Paese e dunque a rimanere dipendenti da circuiti di pagamento extra-Ue.

Banche italiane: euro digitale sì o no?

Quanto alle banche italiane, queste sostengono il progetto, pur chiedendo modifiche tecniche: preferirebbero che la gestione delle transazioni non avvenga attraverso un’applicazione gestita dalla Bce, ma tramite app proprietarie degli istituti, e che il tetto massimo di detenzione della valuta sia fissato a circa 1.000 euro, invece dei 3.000 di cui si parla attualmente.

Per l’Abi, associazione banche italiane, l’intento di non dipendere da circuiti extra europei è giusto, ma è da vedere se questo avverrà grazie a iniziative private o pubbliche, senza peraltro che le due vie si escludano a vicenda.

“La Bce ha fatto e sta facendo tutto quello che un proponente deve fare”, ha commentato la scorsa settimana a Firenze Antonio Patuelli, presidente dell’Abi. “Ma sono gli organi del pluralismo ad avere l’ultima parola. La discussione al Parlamento europeo è aperta e non con schieramenti preconfezionati, passa diagonalmente nei gruppi”, ha sottolineato.

Favorevoli e contrari nell’Europarlamento

Sul fronte politico, nell’Europarlamento sinistra, verdi, socialisti e liberali sono schierati a favore dell’euro digitale e hanno criticato il report di Navarrete, mentre popolari e conservatori risultano divisi. Tra gli eurodeputati italiani il consenso è ampio, con posizioni convergenti da destra a sinistra.

La presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti hanno appoggiato pubblicamente l’idea di un’euro digitale.

Il Consiglio Ue accelera, la Bce non si ferma

Diversamente dal Parlamento, il Consiglio europeo – che riunisce i capi di governo – procede velocemente e punta a definire la propria posizione negoziale entro la fine dell’anno. Durante il vertice del 23 ottobre a Bruxelles, i leader hanno definito l’euro digitale “un’opportunità strategica per sostenere un sistema di pagamenti europeo competitivo e resiliente” e invitato le istituzioni a “completare rapidamente i lavori legislativi”.

La Bce, dal canto suo, non intende rallentare. La scorsa settimana, a Firenze, l’organo ha dichiarato chiuso “con successo” il periodo di preparazione iniziato nel novembre 2023 e ha dato l’avvio a una nuova fase per garantire la prontezza tecnica dell’euro digitale. L’obiettivo è lanciare il primo progetto pilota nel 2027 e arrivare alla prima possibile emissione nel 2029.

A una domanda sulle stablecoin, la presidente della Bce Christine Lagarde ha ribadito che “l’innovazione fa parte del Dna della Bce” e che l’euro digitale non mira a soffocare il mercato, ma a garantire autonomia strategica europea nei pagamenti, oggi dominati da operatori extra-Ue.

“Il progetto proposto per l’euro digitale prevede di avviare allo stesso tempo, nel 2029, sia la modalità online che quella offline della valuta. Ora è partito il dibattito al Parlamento europeo per la definizione del regolamento. Se verrà deciso di procedere diversamente ne terremo conto”, ha commentato da Firenze Alessandro Giovannini, adviser della Bce per l’euro digitale.