Sono trascorsi 1000 giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, un conflitto che ha rimodellato non solo gli equilibri geopolitici globali, ma anche il rapporto tra Europa, Stati Uniti e Russia. Questa tragica pietra miliare è stata commemorata durante una sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo, alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Mentre i leader dell’Unione ribadiscono il loro impegno per la libertà dell’Ucraina, emergono interrogativi cruciali sul futuro del conflitto e sulle implicazioni per l’Europa.
Il sostegno dell’Unione Europea all’Ucraina
Durante la sessione plenaria, la Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha dichiarato che il sostegno all’Ucraina resterà incrollabile fino al raggiungimento di una “libertà e vera pace”. Ha sottolineato come la resistenza ucraina non rappresenti solo una lotta per la propria sovranità, ma un baluardo per la libertà di tutti gli europei. Dal canto suo, il presidente Volodymyr Zelensky ha ringraziato l’Unione Europea per il costante supporto politico, economico e militare. La sua formula di pace, incentrata su sanzioni severe e isolamento economico di Mosca, è stata accolta con favore, sebbene restino sfide critiche. Zelensky ha posto particolare enfasi sulla necessità di contrastare le “flotte ombra” russe che trasportano petrolio, sottolineando che “Putin può uccidere finché queste petroliere operano”. Il leader ucraino ha inoltre esortato l’Ue a mantenere l’unità di fronte alle elezioni statunitensi, ribadendo che la forza congiunta dell’Europa può spingere la Russia verso una pace giusta.
L’Europa, però, deve fare i conti con le proprie divisioni interne e con un’economia in difficoltà. Le spese per gli aiuti militari e umanitari a Kiev, che già superano i 20 miliardi di euro l’anno, pongono una pressione crescente sugli Stati membri. Il rischio di un’escalation, che potrebbe coinvolgere direttamente la Nato, aggiunge ulteriore tensione.
Tuttavia, le dichiarazioni ufficiali si scontrano con la complessità della situazione sul campo. L’Ue ha fornito aiuti finanziari e militari significativi, ma si trova ora davanti alla possibilità di dover sostenere un peso maggiore, soprattutto se gli Stati Uniti, sotto la futura presidenza Trump, ridurranno il loro sostegno a Kiev. Un tale scenario metterebbe alla prova la coesione europea, in un contesto economico già segnato dall’inflazione e dalla crisi energetica.
L’impatto dei missili a lungo raggio Atacms sul conflitto ucraino
L’autorizzazione concessa dagli Stati Uniti all’Ucraina per l’uso dei missili a lungo raggio Atacms contro obiettivi in territorio russo ha acceso un nuovo capitolo nel conflitto. Questi sistemi d’arma rappresentano un significativo incremento delle capacità offensive di Kiev, potenzialmente in grado di ridurre la durata della guerra. Il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha definito questa novità come “una possibile svolta”, anche se gli analisti sottolineano che l’impatto reale potrebbe essere limitato, dato che Mosca ha già spostato molte risorse militari fuori dalla portata di tali armi.
La Russia ha reagito con durezza, definendo l’azione come una provocazione che potrebbe portare a un’escalation significativa. Il Cremlino ha ribadito che un attacco in profondità al territorio russo sarebbe interpretato come un coinvolgimento diretto della Nato nel conflitto, sollevando timori per un ampliamento delle ostilità.
Le distanze diplomatiche tra Zelensky e Putin
Sul fronte diplomatico, le posizioni restano distanti. Zelensky insiste sul ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina come condizione fondamentale per qualsiasi negoziato, mentre Putin pretende il riconoscimento delle “nuove realtà territoriali”, cioè l’annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. La possibilità di un compromesso appare remota, anche alla luce del misterioso piano di pace attribuito al presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, che prevede una zona demilitarizzata e un congelamento dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato per 20 anni.
In Europa, cresce la preoccupazione per le conseguenze di un eventuale taglio degli aiuti statunitensi a Kiev. L’aumento delle spese militari graverebbe principalmente sui Paesi dell’Uu, già impegnati in una difficile ripresa economica. Allo stesso tempo, un collasso ucraino potrebbe generare una crisi migratoria senza precedenti, con stime che prevedono fino a 10 milioni di rifugiati in caso di vittoria russa.
Solidarietà all’Ucraina o sostenibilità interna?
L’Europa si trova in una posizione critica: continuare a sostenere l’Ucraina significa preservare la stabilità regionale, ma comporta anche il rischio di trascinare il conflitto ancora più a lungo. L’incontro tra il presidente ucraino Zelensky e i leader europei ha rafforzato l’idea che il prossimo anno sarà cruciale per il raggiungimento della pace. Tuttavia, come Zelensky ha ricordato, “la pace giusta” richiederà non solo sforzi diplomatici, ma anche una pressione continua su Mosca attraverso sanzioni e limitazioni economiche.
Il conflitto ha ormai dimostrato di essere più di una guerra territoriale: è uno scontro tra modelli di governance, sistemi economici e visioni del mondo. Per l’Europa, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità per dimostrare unità e leadership, ma anche una sfida per mantenere l’equilibrio tra solidarietà e sostenibilità. Il percorso verso la fine della guerra appare lungo e tortuoso, ma come sottolineato dalla Presidente Metsola, “qualsiasi vera pace deve essere costruita sul principio ‘niente sull’Ucraina senza l’Ucraina’“.