Ucraina, Trump ci ripensa: “Torneremo a dare armi a Kiev”. Tensione con Vladimir Putin

Il tycoon si sente tradito da Putin: adesso ha capito di non avere alcun potere sul raggiungimento della pace
1 giorno fa
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Zelensky (ipa) Trump (afp) Putin (ipa)
Volodymyr Zelensky (Ipa), Donald Trump (Afp) e Vladimir Putin (Ipa)

Dopo essere stato deluso, ancora una volta, da Vladimir Putin, Donald Trump cambia idea sull’Ucraina: gli Stati Uniti “dovranno” inviare nuove armi a Kiev, ha detto ieri il presidente degli Stati Uniti sottolineando che il Paese aggredito deve “essere in grado di difendersi da solo”. Solo la settimana scorsa, il Pentagono aveva annunciato che avrebbe ritardato le spedizioni di missili di difesa aerea, artiglieria a guida precisa e altre armi, per la carenza delle scorte.

D’altronde, con Trump alla Casa Bianca l’unica certezza è l’incertezza, a prescindere dal tipo di guerra: commerciale o militare, per il presidente americano non fa differenza.

Nel frattempo, Putin approfitta dei vuoti lasciati dal tycoon per martellare più fortemente su Kiev.

Armi all’Ucraina, cosa ha detto Trump

“Sono stati colpiti molto duramente. Invieremo altre armi, soprattutto difensive”, ha dichiarato ieri Trump dopo aver sentito Zelensky al telefono. Parla al futuro perché nel frattempo gli Usa hanno rallentato gli aiuti militari fornendo un assist alle forze russe che in questi giorni hanno intensificato gli attacchi aerei, lanciando attacchi più frequenti e complessi. Solo ieri, gli attacchi russi hanno ucciso almeno 11 civili e ne hanno feriti più di 80, tra cui sette bambini.

La chiamata “fruttuosa” con Zelensky

La decisione di ripristinare gli aiuti militari a Kiev arriva dopo due telefonate: quella deludente con Vladimir Putin e quella di venerdì con Volodymyr Zelensky che il leader ucraino ha definito una conversazione molto importante e fruttuosa”.
In un post su X, Zelensky ha dichiarato: “Abbiamo parlato delle opportunità nella difesa aerea e abbiamo concordato che lavoreremo insieme per rafforzare la protezione dei nostri cieli“. Di tutt’altro tenore l’esito della conversazione tra Trump e Putin, andata in scena due giorni prima, mercoledì 2 luglio.

La chiamata con Putin e la delusione del tycoon

Putin ha rincarato la dose dei suoi attacchi proprio subito dopo aver sentito Trump, proprio quando salivano le quotazioni di una possibile tregua. È già successo negli scorsi mesi e gli indizi dicono che succederà ancora. Sembra quasi che il presidente russo si prenda gioco del suo “amico” Donald Trump: prima di raggiungere il tycoon al telefono per la chiamata degli scorsi giorni, Putin ha lasciato il forum sullo sviluppo tecnologico “Idee forti per Tempi nuovi” dicendo ai presenti: “Scusate, ma devo andare. Non vorrei farlo aspettare: potrebbe arrabbiarsi“, trattando Trump alla stregua di un bambino davanti alle telecamere. La scena è subito diventata virale sui social.

Al termine della conversazione, il presidente americano si è detto “molto deluso” dall’atteggiamento di Putin: “non credo che voglia fermarsi, e questo è un peccato”, ha aggiunto Trump che finora aveva ignorato gli allarmi arrivati dai servizi di intelligence europea e dalla stessa Russia.

Eppure, le indicazioni erano chiare. A marzo era stato svelato un documento segreto di un think tank collegato all’Fsb, i servizi segreti russi, dove venivano rivelate le sei condizioni di Vladimir Putin per un cessate il fuoco in Ucraina. Il testo, risalente a febbraio e utilizzato come base per trattare con gli Usa dopo i colloqui di Gedda, dimostrava che per il presidente russo la pace effettiva dovrà arrivare solo nel 2026, con buona pace di Donald Trump che aveva promesso di risolvere la guerra “nel giro di 24 ore” salvo poi spostare la scadenza ai “primi 100 giorni” del suo mandato.

Tutte promesse mandate in fumo da Putin, che Trump prima riteneva suo “amico” e ora definisce “pazzo”.

Il consigliere del Cremlino, Yuri Ushakov, ha definito la telefonata “pragmatica e concreta”, affermando che i due leader si sono trovati “sulla stessa lunghezza d’onda” e che Kiev non sembra essere al centro delle attenzioni del tycoon. Putin, dal canto suo, ha ribadito che non intende rinunciare ai territori conquistati fino a questo momento e che la guerra finirà solo quando saranno state estirpate “le cause che l’hanno provocata”. Ushakov ha aggiunto che i colloqui fra Russia e Ucraina resteranno in formato bilaterale (escludendo quindi l’Ucraina), anche se non è stata ancora stabilita una data per il terzo round di incontri. I due presidenti hanno convenuto di continuare a mantenere i contatti per negoziare una soluzione diplomatica che porti alla fine del conflitto.

Dichiarazioni russe a parte, Trump e Putin sembrano sempre più distanti.
Ieri sera, durante la cena con il primo ministro Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, Trump ha condiviso la sua crescente frustrazione nei confronti del presidente russo. “Non sono affatto contento del presidente Putin”, ha detto il tycoon. A tirarlo su di morale ci ha provato il presidente israeliano che ha consegnato nelle mani di Trump la lettera con cui lo ha candidato al Nobel per la Pace. La stessa pace su cui Trump si sta accorgendo di non avere alcun potere.

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