Trump sanziona cinque europei per “censura”: tra questi l’ex commissario Thierry Breton

Alle persone colpite è vietato entrare nel Paese. il segretario di Stato Usa Rubio alza l'escalation diplomatico-tecnologica: "Pronti ad ampliare la lista". Macron: "Atto di intimidazione"
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Il commissario europeo Thierry Breton
Brussels - Belgium, Brussels - September 29, 2022 Competitiveness Council Press Conference Thierry Breton (European Commissioner for the Internal Market)

Gli Stati Uniti di Donald Trump sanzionano cinque europei impegnati nella regolamentazione dei servizi digitali, considerati i “principali esponenti del complesso industriale della censura globale”, in moda “impedire loro di entrare negli Stati Uniti”. Lo ha scritto ieri su X il segretario di stato Marco Rubio, definendo le persone colpite “ideologi”. Tra le personalità coinvolte spicca il nome dell’ex commissario al Mercato interno Thierry Breton, che già in passato si è scontrato con l’amministrazione americana.

“Pronti ad ampliare la lista”

Tra i cinque sanzionati, ai quali viene vietato di poter ottenere il visto e dunque la possibilità di entrare nel Paese, non ci sono funzionari attualmente in carica nell’Unione. Ma Rubio è stato molto chiaro, alzando ulteriormente l’escalation diplomatico-tecnologica: “Siamo pronti e disposti ad ampliare questa lista se altri non cambiano idea“.

Le accuse

L’accusa alle persone sanzionate è quella di essere “attivisti radicali che hanno promosso la repressione della libertà di espressione” degli americani attraverso il Digital Services Act, e di danneggiare gli interessi degli Usa. “Il dipartimento di Stato ha intrapreso azioni decisive contro cinque individui che hanno guidato iniziative organizzate per costringere le piattaforme Usa a censurare, demonetizzare e sopprimere opinioni americane a loro sgradite“, fa sapere in una nota il Dipartimento guidato da Rubio, l’equivalente del nostro ministero degli Esteri.

“Per troppo tempo, gli ideologi europei hanno condotto sforzi coordinati per costringere le piattaforme americane a sanzionare le opinioni americane a cui si oppongono”, ha dichiarato il Segretario di Stato su X. “L’amministrazione Trump non tollererà più questi palesi atti di censura extraterritoriale“, ha aggiunto.

Al centro di tutto, il Dsa, la legge europea sulla sicurezza e sulla trasparenza dei servizi digitali, in vigore da agosto del 2023. Il regolamento, fortemente voluto da Breton, punta a contrastare la diffusione di fake news e disinformazione sui social media, imponendo obblighi più stringenti su moderazione dei contenuti, trasparenza degli algoritmi e tutela degli utenti. L’obiettivo è rendere lo spazio digitale più sicuro, responsabile e trasparente. Per chi non rispetta le norme, sono previste pene anche fino al 6% del fatturato annuale.

Tre settimane fa la Commissione Europea ha multato il social network di Elon Musk, X, per 120 milioni di euro ai sensi del Dsa per il sistema delle spunte blu, che la piattaforma usa per indicare che l’identità di un utente è stata verificata. Secondo l’esecutivo europeo, il meccanismo è diventato ingannevole, dato che per ottenere la spunta blu basta pagare. La multa era stata subito criticata duramente da Musk, che aveva parlato di Quarto Reich in Europa e aveva tolto all’account della Commissione su X l’accesso alle funzionalità business. Ma anche Rubio e il vicepresidente JD Vance si erano espressi sulla questione, accusando l’Europa di voler censurare la libertà di parola.

Chi sono le persone sanzionate

Thierry Breton è il nome più eclatante tra i sanzionati. Commissario europeo per il mercato interno dal 2019 al 2024 con focus su digitale e industria, è stato bollato dalla sottosegretaria di Stato Sarah B. Rogers su X come “cervello del Digital Services Act”.

Per citare un altro caso in cui Breton e gli Usa sono entrati in contrasto, un anno e mezzo fa, l’allora commissario europeo ha chiesto pubblicamente a Musk misure più efficaci contro la disinformazione e i contenuti illegali in vista di una intervista su X a Trump, all’epoca candidato presidenziale. Il capo di Tesla reagì con insulti e tensioni pubbliche, alimentando il capitolo della frattura tra Bruxelles e i vertici delle Big Tech americane.

Tra le altre persone sanzionate ci sono poi rappresentanti di ong che combattono la disinformazione online e l’incitamento all’odio: Imran Ahmed, amministratore delegato del Center for Countering Digital Hate, Clare Melford, cofondatrice del Global Disinformation Index, e Anna-Lena von Hodenberg e Josephine Ballon di HateAid. Per il Global Disinformation Index il provvedimento deciso dagli Usa è “immorale” oltre che “un attacco autoritario alla libertà di parola”.

Breton: “Americani, la censura non è dove pensate che sia”

Quanto a Breton, l’interessato ha commentato, via X: chiedendosi se “soffi di nuovo un vento di maccartismo”, facendo riferimento alla campagna anticomunista degli anni ’50 portata avanti dall’ex senatore Joseph McCarthy.

“Per ricordare: il 90% del Parlamento europeo – democraticamente eletto – e i 27 Stati membri all’unanimità hanno votato il Dsa”, ha aggiunto l’ex commissario, avvisando “i nostri amici americani” che “la censura non è dove pensate“.

Macron: “Atti d’intimidazione e coercizione”

Il presidente francese Emmanuel Macron a sua volta ha criticato su X le misure decise degli Usa, definendole “atti d’intimidazione e coercizione volti a minare la sovranità digitale europea” e sottolineando che il Dsa non ha portata extraterritoriale.

Jean-Noël Barrot, ministro dell’Europa e degli affari esteri francese, ha ribadito sempre su X: “La Francia denuncia con la più grande fermezza la restrizione del visto adottata dagli Stati Uniti nei confronti di Thierry Breton, ex ministro e commissario europeo, e di altre quattro personalità europee”.

E ha aggiunto: “Il Dsa è stato adottato democraticamente in Europa affinché ciò che è illegale offline lo sia anche online. Non ha assolutamente alcuna portata extraterritoriale e non riguarda in alcun modo gli Stati Uniti. I popoli d’Europa sono liberi e sovrani e non possono farsi imporre da altri le regole applicabili al proprio spazio digitale”.

Una tattica negoziale?

Secondo alcuni analisti, la campagna dell’amministrazione Trump contro le normative estere che provano a regolamentare lo strapotere delle piattaforme online – principalmente (ma non solo) americane -, la quale usa come grimaldello una presunta censura alla libertà di espressione degli utenti, rientra in una più ampia tattica negoziale che ha lo scopo di favorire le Big Tech, peraltro grosse sponsor del secondo mandato di Trump alla Casa Bianca.

Il problema non riguarda solo l’Unione europea, anche se questa ultimamente sembra essere il bersaglio preferito del tycoon, che l’ha definita “debole e confusa“. Gli Usa infatti hanno recentemente sospeso colloqui per un accordo in materia tecnologica con il Regno Unito e annullato un incontro commerciale con funzionari sudcoreani.

Secondo i media americani, l’Ufficio del Rappresentante Commerciale degli Stati Uniti, guidato da Jamieson Greer, sta facendo pressione su Bruxelles, Londra e Seul per ottenere una riduzione sulle tasse digitali alle piattaforme on line (con il Canada ha funzionato) e l’eliminazione o l’annacquamento delle norme che tutelano la privacy.

Basti pensare che la scorsa settimana, l’ufficio ha minacciato provvedimenti contro aziende europee come Spotify, Siemens e Mistral AI (l’azienda francese di intelligenza artificiale, l’unica in Europa candidata a competere nel settore) nel caso in cui l’Unione non rinunci all’applicazione delle sue norme digitali.

Allo stesso tempo, Greer ha sottolineato che “non siamo in un mondo in cui vogliamo una nuova battaglia commerciale o qualcosa del genere con l’Ue: non è di questo che stiamo parlando”. Piuttosto, ha chiarito riferendosi all’intesa commerciale raggiunta con il blocco europeo la scorsa estate, “vogliamo concludere il nostro accordo e attuarlo“. Il patto rimaneva vago rispetto alle normative digitali, già da tempo ampiamente criticate da Trump, ed era chiaro che l’amministrazione Usa sarebbe tornata alla carica.