“Non avrò altra scelta se non imporre più tasse, dazi e sanzioni su tutto quel che viene venduto dalla Russia negli Usa” se non viene raggiunto subito un accordo sulla guerra in Ucraina. I toni e i concetti richiamati ieri, 22 gennaio, da Donald Trump sono ben distanti da quelli utilizzati fino a qualche settimana fa. Prima di tornare alla Casa Bianca, il presidente americano eletto aveva più volte promesso che, in caso di rielezione, avrebbe risolto la questione “nel giro di 24 ore”. Poi, la scadenza è passata a cento giorni dall’insediamento.
Ora, però, il tempo delle parole è finito e inizia quello dei fatti. La distanza non è enorme, ma c’è: The Donald non ha nessuna formula magica, per risolvere il confitto deve fare leva sulle sanzioni, proprio come il suo predecessore Joe Biden e gli alleati europei da quasi tre anni ad oggi. La differenza, ancora una volta, sta nelle modalità con cui il presidente americano ha lanciato l’ultimatum a Vladimir Putin e non solo.
Ultimatum a Putin? Le parole di Trump
In un lungo post sulla sua piattaforma Truth Social, Trump ha esordito così: “Non cerco di fare male alla Russia, mi piace il popolo russo e ho sempre avuto una relazione molto buona con il presidente Putin“. Ha poi esortato Putin a “patteggiare ora e mettere fine a questa ridicola guerra”, sottolineando che “non dovrebbero essere perse altre vite”.
Trump ha avvertito che se non ci sarà un accordo a breve, non avrà altra scelta se non imporre nuove tasse, dazi e sanzioni su tutto ciò che viene venduto dalla Russia negli Stati Uniti. Le sanzioni non colpirebbero solo il Cremlino, ma qualsiasi altro Paese che sostiene l’offensiva bellica in Ucraina. Il riferimento all’Iran e alla Corea del Nord, seppur implicito, è chiaro dal momento che i due Paesi supportano militarmente l’aggressione russa. Nel novero potrebbe rientrare anche la Cina che alla Russia offre sostegno non militare ma economico. A proposito di economia, Trump ha affermato che quella russa “sta fallendo” e che per questo la fine della guerra conviene anche a Mosca.
“Facciamola finita con questa guerra, che non sarebbe mai iniziata se fossi stato presidente. Possiamo farlo in maniera semplice o in maniera difficile – e la strada migliore è sempre la migliore. È il momento di fare un accordo. Nessun’altra vita deve essere persa”, ha quindi concluso il presidente americano.
I’m not looking to hurt Russia. I love the Russian people, and always had a very good relationship with President Putin – and this despite the Radical Left’s Russia, Russia, Russia HOAX. We must never forget that Russia helped us win the Second World War, losing almost 60,000,000…
— Donald J. Trump Posts From His Truth Social (@TrumpDailyPosts) January 22, 2025
Nel testo del post, il presidente ha esagerato le perdite russe durante la Seconda guerra mondiale, parlando di 60 milioni di vittime invece dei 25-27 milioni stimati dagli storici. Alla faccia del fact checking, insomma. Il tycoon ha calcato la mano per ribadire la sua vicinanza al popolo russo: “Non dimenticheremo mai che la Russia ci ha aiutato durante la Seconda Guerra Mondiale”.
La strategia di Trump è chiara, almeno sotto il profilo della comunicazione: un colpo al cerchio e uno alla botte. Più criptata, invece, la risposta del Cremlino.
La risposta di Mosca
“Non vediamo nessun elemento particolarmente nuovo” nella minaccia di nuove sanzioni da parte del presidente americano, ha dichiarato Dmitry Peskov citato dall’agenzia Ria Novosti. “Sapete che Trump, durante il suo primo mandato, è stato il presidente americano che più spesso ha fatto ricorso a metodi sanzionatori”, ha ricordato il portavoce del Cremlino.
Su un possibile faccia a faccia Trump-Putin, Peskov ha spiegato che la Russia resta pronta a “un dialogo paritario e reciprocamente rispettoso” con gli Usa, come quello che “ha avuto luogo durante la prima presidenza di Trump”. Il portavoce del Cremlino ha aggiunto: “Aspettiamo segnali, che ancora non sono stati ricevuti”. Un invito implicito rivolto a The Donald.
Intanto, oggi la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova ha ribadito che prevedere truppe Nato in Ucraina è “assolutamente inaccettabile” per Mosca anche se con il ruolo di peacekeeper. Non solo: questa eventualità rischierebbe di provocare una escalation del conflitto a un livello “fuori controllo”, ha minacciato Zakharova, citata dall’agenzia Tass. Sullo sfondo la notizia secondo cui Gran Bretagna, Francia e Germania avrebbero discusso la possibilità di inviare truppe in Ucraina per operazioni di mantenimento della pace se verrà sancito un cessate il fuoco. “Ogni intervento di forze Nato in Ucraina rischia di fare aggravare il conflitto a livelli fuori controllo e questo scenario è assolutamente inaccettabile per la Russia”, ha chiosato Zakharova in una conferenza stampa.
Rutte rassicura Trump
Anche il segretario generale della Nato Mark Rutte si è espresso sul momento particolare del conflitto in occasine del World Economic Forum di Davos: “Sull’Ucraina abbiamo bisogno che gli Stati Uniti rimangano coinvolti. Se la nuova amministrazione Trump è disposta a continuare a rifornire l’Ucraina dalla sua base industriale di difesa, il conto sarà pagato dagli europei, ne sono assolutamente convinto, dobbiamo essere disposti a farlo”, ha detto l’ex premier dei Paesi Bassi che solo pochi giorni fa ha invitato i Ventisette ad aumentare gli sforzi economici da destinare all’Alleanza.