Il voto presidenziale in Polonia, dove gli elettori hanno scelto tra due visioni molto diverse del Paese, si è concluso con la vittoria di misura del nazionalista e populista Karol Nawrocki. Anche se il ruolo di presidente è poco più che cerimoniale, il suo potere di veto lo mette nella posizione di continuare lo sforzo portato avanti dal suo predecessore Andrzej Duda, anche lui esponente del partito conservatore ed euroscettico Diritto e Giustizia (PiS): bloccare le riforme più importanti con cui il premier liberale ed europeista Donald Tusk – che si è appena rimesso al Parlamento con un voto di fiducia – sta cercando, tra le altre cose, di avvicinare Varsavia a Bruxelles.
L’euroscetticismo è solo uno dei tanti elementi che accomunano Nawrocki e Donald Trump. I due leader nazionalisti hanno vinto facendo leva sui valori conservatori, su una retorica populista anti-élite, coltivando un’immagine dell'”uomo forte” e mostrandosi apertamente scettici rispetto alle alleanze internazionali. Non sorprende che il nuovo presidente polacco, nel corso della campagna elettorale, abbia ricevuto il pieno supporto del movimento Make America Great Again (Maga), l’area trumpiana della politica statunitense che si è più volte spesa a livello internazionale per rimodellare la politica europea a sua somiglianza. E può darsi che le presidenziali in Polonia siano state il primo successo, dopo le sconfitte (non particolarmente fragorose) in Germania e Romania.
Il discorso di Kirsti Noem
“Noi americani sappiamo con chi possiamo lavorare, e con chi no”, ha dichiarato la segretaria alla Sicurezza interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, intervenendo alla prima edizione polacca della Conservative Political Action Conference (Cpac), un evento importato direttamente dalla tradizione repubblicana statunitense andato in scena nel sudest del Paese. Parole pronunciate a pochi giorni dal ballottaggio, un endorsement esplicito a favore del candidato nazionalista, lodando la sua visione “patriottica” e “tradizionalista” e attaccando frontalmente il rivale liberal Rafał Trzaskowski, definendolo “debole” e “un disastro assoluto come leader”.
Soprattutto, Noem ha lasciato intendere che il futuro dei rapporti tra Washington e Varsavia – incluso lo stanziamento delle truppe statunitensi – sarebbe dipeso dalla vittoria del candidato corretto. “Potete essere quella città splendente sulla collina che il resto dell’Europa e del mondo guarderà, riconoscendo quanto siete forti, quanto siete liberi, perché avete eletto il leader giusto”, ha detto l’ufficiale della Casa Bianca sul palco di Varsavia.
Nawrocki aveva già incassato l’endorsement di Trump a inizio maggio, con tanto di visita alla Casa Bianca e foto insieme nello Studio Ovale, subito rilanciata. “Congratulazioni, Polonia, hai scelto un VINCITORE!”, ha poi postato il presidente statunitense dopo la sua vittoria, riferendosi al titolo di un’emittente conservatrice che lo definiva “alleato di Trump” (senza chiamarlo per nome) e parlava di uno “shock all’intera Europa”.
Un’altra idea d’Europa
Come rileva David Carretta de Il Foglio, il nuovo presidente polacco non ha aspettato il suo insediamento ufficiale per inviare il suo primo messaggio all’Unione europea. “Rispondendo su X alle congratulazioni della presidente della Commissione, il futuro presidente polacco ha detto di aver apprezzato il suo messaggio e di volere cooperare per il successo dell’Ue. Ma l’Unione – ai suoi occhi – deve essere ‘una comunità di stati sovrani, indipendenti. La nostra eredità europea deve essere sempre basata sulla fiducia reciproca, il rispetto per la sovranità nazionale e i valori cristiani‘, ha scritto Nawrocki”.
L’idea di Ue che traspare dalle parole del nuovo presidente polacco lo avvicina ai membri europei dell'”internazionale trumpiana”: su tutti Matteo Salvini (Lega), Marine Le Pen (Rassemblement National), Viktor Orbán (Fidesz) e i leader dell’AfD tedesca, Alice Weidel e Tino Chrupalla, che si sono stretti a Nawrocki dopo la sua vittoria, accompagnando i complimenti a messaggi dal sapore euroscettico. Come l’inquilino della Casa Bianca oltreoceano, questi leader condividono una visione dell’Unione europea che li contrappone al consenso di Bruxelles: una sovrastruttura barocca e antagonista che va ridimensionata a favore degli Stati nazionali. E da inizio anno la collaborazione transatlantica tra queste forze si è consolidata.
Un crescendo sovranista…
Durante il primo mandato di Trump l’influenza del mondo Maga in Europa si era limitata a operazioni laterali, culminate nelle fugaci ambizioni del suo consigliori Steve Bannon di creare una coalizione internazionale di destra e populista, con tanto di base e centro accademico in un monastero laziale. Con Trump 2.0, la musica è cambiata insieme alla postura di Washington nei confronti dell’Europa: alla sua seconda inaugurazione c’erano solo anime politiche affini dalle forze europee allineate con Maga, e nei mesi successivi i membri della sua amministrazione hanno lavorato per esportare l’ideologia trumpiana nel Vecchio Continente.
Per molti il segnale d’allarme è stato il discorso del vicepresidente JD Vance alla Conferenza della sicurezza di Monaco, in cui questi ha accusato l’Europa di essersi allontanata dai propri valori. Dopodiché, Elon Musk, al tempo braccio destro di Trump nella Casa Bianca, ha sostenuto il partito ultranazionalista tedesco AfD in piena campagna elettorale mediante la sua piattaforma social X. Nel mentre gli uomini e le donne del presidente Usa non hanno risparmiato le critiche ai governi di Romania e Regno Unito per le loro supposte azioni liberticide. Il tutto mentre lo stesso Donald Trump ha evitato accuratamente, finché possibile, di incontrare la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, tacciando l’Ue a favore di telecamera di esistere al solo scopo di “fregare” gli Usa.
… e il salto di qualità
Questa spinta alla “trumpizzazione” d’Europa, sebbene di intensità crescente, ha compiuto un salto di qualità con il discorso di Noem. Si è trattato del primo vero endorsement diretto, pubblico e in prima persona a favore di un candidato vicino a Trump da parte di un membro in carica dell’amministrazione, al fine di orientare un’elezione a favore dell’agenda Maga. Condito, peraltro, dalla minaccia velata di ritirare le truppe Usa in un momento di forte instabilità geopolitica e minacce da parte della Russia – Paese fin troppo presente nella memoria collettiva dei polacchi. La domanda che si deve porre l’Ue è quanto tutto questo abbia orientato la scelta degli elettori, e se, visti i margini stretti della vittoria di Nawrocki, l’elezione sarebbe andata diversamente senza l’intervento della Casa Bianca.