Con Trump cambia il rapporto tra Ue e Cina? Il caso della coercizione economica contro la Lituania

Von der Leyen a Davos rilancia il ruolo europeo tra pragmatismo e principi, mentre l'Ue apre a un avvicinamento con la Cina per cercare di evitare i dazi di Trump
14 ore fa
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Ue Usa Cina

L’Ue è tra l’incudine e il martello. Da un lato gli Usa, dall’altro la Cina, in mezzo una guerra commerciale che l’Europa non può permettersi. È una delle sfumature (di peso) della “nuova era di ‘dura competizione geostrategica” di cui ha parlato ieri Von der Leyen, presidente della Commissione europea, nel suo intervento al World Economic Forum di Davos.

Le parole di von der Leyen si inseriscono nel solco dei cambiamenti nell’ordine mondiale, ai quali l’Europa deve adeguarsi se vuole sopravvivere prima ancora di pensare di giocare un ruolo di primo piano: “Per sostenere la nostra crescita nel prossimo quarto di secolo, l’Europa deve cambiare marcia“.

La “nuova era di ‘dura competizione geostrategica’”

Le principali economie del mondoha affermato von der Leyensono in corsa per l’accesso alle materie prime, alle nuove tecnologie e alle rotte commerciali globali. Dall’intelligenza artificiale alla tecnologia pulita, dalla quantistica allo spazio, dall’Artico al Mar Cinese Meridionale, la corsa è iniziata. Man mano che questa competizione si intensifica, probabilmente continueremo a vedere un uso frequente di strumenti economici, come sanzioni, controlli sulle esportazioni e dazi, che mirano a salvaguardare la sicurezza economica e nazionale”.

E ha aggiunto: “Anche in un momento di dura competizione, dobbiamo unire le forze. E l’Europa cercherà di cooperare, non solo con i nostri amici di lunga data che la pensano allo stesso modo, ma con qualsiasi Paese con cui condividiamo interessi. Il nostro messaggio al mondo è semplice: se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con voi“.

Non a caso la capa dell’esecutivo Ue ha sostanzialmente aperto a un ampliamento dei legami con Pechino, sottolineando come i 50 anni delle relazioni Ue-Cina possano essere “un’opportunità per impegnarsi e approfondire le nostre relazioni e, ove possibile, anche per espandere i nostri legami commerciali e di investimento“.

Chi ha orecchie per intendere intenda

Un messaggio alla Cina dunque e allo stesso un segnale per gli Usa, dove lunedì scorso Donald Trump si è insediato come nuovo presidente. Il tycoon da mesi sparge minacce a destra e a manca, e una delle più ricorrenti è quella di imporre dazi sia all’Europa che a Pechino. Anche poche ore fa ha ribadito che l’Ue “tratta male gli Usa, dovrà pagare i dazi”. Una politica aggressiva che potrebbe spingere Ue e Cina ad avvicinarsi sotto il cappello del “vantaggio reciproco” nel rispondere alla guerra commerciale che Trump intende scatenare.

Ecco dunque che una strategia di pressione per l’Ue verso gli Usa potrebbe essere proprio quella di (minacciare di) avvicinarsi alla Cina. Anche se, ricordiamo, allo stesso tempo, il blocco europeo già da un pezzo affronta una guerra a suon di screzi doganali con Pechino (approvvigionamento di dispositivi medici e veicoli elettrici in primis) e ha diversi casi aperti presso il Wto nei più vari settori. Una ragione in più per cercare di non rimanere stritolata in un ulteriore conflitto commerciale con l’altra sponda dell’Atlantico.

Riposizionarsi in una nuova era geopolitica: la crisi Lituania-Cina

In questo contesto si inserisce una decisione che il blocco deve prendere entro breve. Scade venerdì, infatti, la deadline per abbandonare o proseguire un’indagine contro la Cina presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) per la coercizione economica contro la Lituania. Se non verrà ripreso in carico, il caso scadrà automaticamente.

Gli Usa hanno fatto sapere, fin dall’amministrazione Biden, che vedrebbero l’abbandono come un’arresa al gigante asiatico. Ma tradotto: se l’Ue lascia decadere l’indagine, gli Stati Uniti potrebbero interpretarlo come un ramoscello di ulivo teso dall’Ue alla Cina per agevolare un avvicinamento.

Una mossa che potrebbe a sua volta rinforzare il modo in cui la squadra di Trump, che già minacciava la linea dura, si andrebbe a rapportare sia con Pechino sia con l’Europa. Anche il nuovo presidente Usa infatti accusa l’Ue di essere debole con la Cina, e la decisione sulla Lituania sarà indicativa di come il mondo si avvicina al commercio sotto la nuova amministrazione a stelle e strisce ma anche come si potrebbero incanalare le relazioni transatlantiche, al momento tutte da costruire.

Cosa è successo tra Lituania e Cina

Nel novembre 2021 la Lituania ha permesso l’apertura nella capitale Vilnius di un ‘ufficio di rappresentanza di Taiwan’, ovvero un’ambasciata informale: la cosa è stata presa alquanto male dalla Cina, che considera Taiwan una sua provincia ribelle e critica duramente qualsiasi rapporto e collegamento con cui gli altri Paesi possano dare idea di riconoscerne l’indipendenza.

Di conseguenza, il dragone ha avviato una serie di restrizioni economiche contro il Paese baltico, che da allora ha visto crollare il suo export verso Pechino.

Nel 2022, l’Ue ha perciò presentato una denuncia contro la Cina presso il Wto, dichiarando che la Cina stava usando la coercizione economica contro uno dei suoi Stati membri e trovando sostegno sia negli Usa sia in altri 17 Paesi come terze parti nel caso. Nel 2023 la Lituania ha poi dichiarato che il commercio con il gigante asiatico si stava “stabilizzando” e che le restrizioni doganali erano state revocate.

Il 25 gennaio 2024, l’Ue ha deciso di sospendere il procedimento al Wto, ma la mossa, come detto, è stata malvista dagli Usa e ha diviso anche i Ventisette. Da una parte, si sostiene che non ci siano sufficienti prove per vincere il caso, e che soccombere nella decisione dell’organo internazionale indebolirebbe l’Unione.

Dall’altra, gli Usa e alcuni Stati europei vedono invece il lasciar cadere il procedimento come un segno di debolezza che può costituire un brutto precedente. In pratica, il messaggio che passerebbe è che Pechino può maltrattare un Paese membro dell’Unione senza ripercussioni.

Per essere chiari, l’amministrazione Trump ha fatto sapere che, se l’Ue vuole lavorare con il presidente su questioni relative alla Cina, è meglio dimostrare che è seria nel contrastare la sua presunta coercizione economica, riporta Bloomberg. In sostanza, “capitolare alla Cina” farebbe sì che il nuovo presidente veda con ancor maggiore diffidenza e con ancora minor favore l’Europa.

Decisione altamente politica, l’ultima parola a von der Leyen

Intanto nessuna decisione è ancora stata presa sull’opportunità di riprendere il caso, ha dichiarato nei giorni scorsi Olof Gill, portavoce del commercio dell’Ue. “Per ora, continueremo a monitorare gli sviluppi, guardando in particolare alle esportazioni dalla Lituania alla Cina, e continueremo a lavorare a stretto contatto con i nostri alleati su questioni di coercizione economica, in particolare nel G7”, ha aggiunto.

Ma il tempo sta per scadere. Riprendere il caso sarebbe una decisione di tipo politico, ed è von der Leyen ad avere l’ultima parola in merito.

Tra le considerazioni che la presidente dovrà fare, c’è anche il fatto che riavviare il procedimento non richiede alla commissione di presentare immediatamente ulteriori prove e consentirebbe all’Europa di guadagnare tempo, molto necessario e utile per impostare le relazioni transatlantiche.

Pressione sugli Usa

E l’Ue potrebbe approfittarne per impostarle proponendo di fatto un certo allineamento transatlantico sulle politiche cinesi in cambio di una sospensione dei dazi commerciali (e magari anche il sostegno all’Ucraina). Sempre che Trump colga l’occasione.

In sostanza, la decisione su un caso che potrebbe sembrare non centrale, come la disputa tra la Lituania e il gigante cinese – che comunque rappresenta una delle maggiori frizioni diplomatiche tra l’intero blocco e Pechino – nasconde un doppio messaggio: o verso la Cina, in funzione anti-dazi Usa, oppure verso gli Usa, contro la Cina.

Un dilemma che la Commissione deve sciogliere entro breve, in un contesto mondiale cambiato e dove l’Europa, in grave crisi di competitività proprio nei confronti di Usa e Cina, deve trovare un proprio spazio e un proprio modo di incidere.