Terre rare, von der Leyen annuncia il piano RESourceEU ma avverte la Cina: pronti a usare il bazooka anti-coercizione

Dopo le nuove restrizioni di Pechino, la presidente della Commissione accelera sull'indipendenza europea e annuncia un piano ad hoc, ma non esclude il ricorso allo strumento di protezione commerciale 
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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen (Michailidis/Fotogramma)

“Ci stiamo concentrando sulla ricerca di soluzioni con le nostre controparti cinesi. Ma siamo pronti a utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rispondere, se necessario“. Ovvero, a usare lo strumento anti-coercizione. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non ha nominato esplicitamente il ‘bazooka’, intervenendo il 25 ottobre al Berlin Global Dialogue, ma tutti hanno capito a cosa alludeva.

Le affermazioni della capa dell’esecutivo europeo nascono da settimane in cui “la Cina ha drasticamente inasprito i controlli sulle esportazioni di terre rare e materiali per batterie”. In particolare, il 9 ottobre Pechino, dopo aver drasticamente ridotto l’export per ritorsione alle politiche commerciali del presidente Usa Donald Trump, ha stabilito che ogni impresa straniera debba ottenere un’autorizzazione per importare prodotti contenenti più dello 0,1% di terre rare, con divieto assoluto per l’uso militare e valutazione caso per caso per microchip e intelligenza artificiale che possono avere un doppio uso. Previste inoltre restrizioni per le tecnologie legate all’estrazione, alla fusione, al riciclaggio e alla produzione di magneti delle terre rare.

Unione europea dipendente dalla Cina

Misure che, ha spiegato von der Leyen nel suo intervento a Berlino, “ostacolerebbero gravemente lo sviluppo di un’industria delle terre rare in altri Paesi, minacciando la stabilità delle catene di approvvigionamento globali e impattando in modo diretto sulle aziende europee”. Un’affermazione difficilmente contestabile: basti pensare che “oltre il 90% del nostro consumo di magneti in terre rare proviene da importazioni dalla Cina”.

Le terre rare – chiamate così non perché scarseggino ma perché difficili da estrarre e raffinare – sono fondamentali per la transizione ecologica e digitale, interessando diversi settori industriali strategici, dalla difesa all’aerospaziale, dai chip per l’intelligenza artificiale ai data center.

Tobias Gerke e Janca Irtel, autori per il think tank European Council on Foreign Relations (Ecfr) di un paper dal titolo ‘Escalate to negotiate’, sottolineano che già a inizio settembre le licenze concesse ai gruppi europei erano sotto il 15% e che i ritardi stanno gonfiando i prezzi.

Di fatto, ha sottolineato von der Leyen, la Cina ha stretto i controlli su terre rare, tecnologie e macchinari trasformando la dipendenza europea in leva geopolitica. “Siamo ora in un’era di geoeconomia“, ha detto la capa dell’esecutivo europeo. “Un’era in cui l’economia è diventata lo strumento centrale del potere nel mondo odierno. Chi controlla le leve economiche è anche colui che può esercitare il controllo sugli altri“.

Cos’è il piano RESourceEU

La sfida dunque è strutturale, e per questo motivo la Commissione sta lavorando a un nuovo piano RESourceEU, sulla falsariga dell’iniziativa REPowerEU, presa in occasione della crisi energetica post invasione russa dell’Ucraina nel 2022. L’obiettivo è garantire l’accesso a fonti alternative di materie prime essenziali a breve, medio e lungo termine per l’industria europea.

Von der Leyen non è entrata troppo nei dettagli del piano, ma ha definito alcune linee d’azione:

economia circolare, per sfruttare le materie prime essenziali già contenute nei prodotti venduti in Europa. “Alcune aziende possono riciclare fino al 95% delle materie prime essenziali nelle batterie”;
più investimenti in progetti strategici per la produzione e la lavorazione di materie prime essenziali nel territorio dell’Unione, dagli acquisti congiunti allo stoccaggio;
partenariati più rapidi per le materie prime essenziali con Paesi come l’Ucraina, l’Australia, il Canada, il Kazakistan, l’Uzbekistan, il Cile o la Groenlandia. “Nell’ultimo anno abbiamo raggiunto nuovi accordi commerciali con Mercosur, Messico, Indonesia e Svizzera. Siamo in trattative con l’India e vogliamo concluderle entro la fine dell’anno. Stiamo facendo progressi con Filippine, Thailandia, Malesia, Emirati Arabi Uniti e altri Paesi”, ha elencato la capa dell’esecutivo europeo;
investimenti nell’ambito del Global Gateway.

Il tema terre rare ha trovato spazio anche nel programma di lavoro 2026, annunciato la scorsa settimana dalla Commissione. Il testo anticipava le linee d’azione sottolineate da von der Leyen sabato, focalizzandosi su acquisto congiunto, aumento della produzione interna e accumulo di scorte attraverso un Centro europeo dedicato: le alternative indicate dal Critical Raw Materials Act.

Cos’è il bazooka anti coercizione

Invocato dal presidente francese Emmanuel Macron durante il Consiglio europeo del 23 ottobre, senza grande sostegno dagli altri leader, lo strumento anti coercizione (Aci) è un pacchetto di misure approvate dall’Unione con il regolamento (EU) 2023/2675 con lo scopo di proteggere il blocco da misure di coercizione economica poste in essere da Paesi terzi che cerchino di influenzare le decisioni dell’Unione o di uno Stato membro mediante misure che colpiscono commercio o investimenti.

La Commissione può avviare un esame (su richiesta di Stato membro o di propria iniziativa) per valutare se sussista coercizione. Se trova elementi, propone al Consiglio europeo l’adozione di un atto che dichiari tale coercizione. Successivamente, previa consultazione, si possono adottare misure di risposta. Tra queste, aumenti dei dazi doganali, restrizioni all’importazione o all’esportazione, esclusione da appalti pubblici, restrizioni agli investimenti esteri, controlli su servizi, proprietà intellettuale, bancari, assicurativi.
L’attivazione richiede una maggioranza qualificata dei governi, non l’unanimità.

Il bazooka come leva economica

Lo strumento è stato concepito più come deterrente, e in effetti finora non è stato utilizzato concretamente, ma dopo la guerra commerciale avviata da Trump l’ipotesi è tornata più volte nel discorso politico. Ora si torna a parlarne rispetto alla Cina, con la quale i rapporti commerciali sono delicati: già l’anno scorso Bruxelles e Pechino hanno dato vita a una serie di dazi e contro dazi, mentre il Vecchio Continente rischia di essere inondato dalle merci cinesi per cui il mercato americano non è più conveniente a causa delle tariffe doganali di Trump. Senza dimenticare che la Cina ha imposto restrizioni commerciali nei confronti della Lituania dopo che questa ha rafforzato i legami con Taiwan.

Di fatto, nessuno a Bruxelles vuole un escalation, ma il bazooka potrebbe venire usato come leva economica per avviare un vero tavolo con Pechino. “L’Europa deve usare il suo peso geoeconomico a proprio vantaggio e per perseguire i propri interessi”, ha evidenziato la presidente della Commissione.

‘Business as usual’ per l’Europa non è più un’opzione, ha sottolineato von der Leyen. “Dobbiamo ripensare il modo in cui affrontiamo le sfide economiche e di sicurezza nazionale”, ormai talmente intrecciate da essere “fuse”, ha specificato, concludendo: “Abbiamo imparato questa lezione dolorosamente con l’energia; non la ripeteremo con le materie prime critiche”.

Un monito che arriva nel momento in cui funzionari cinesi sono attesi giovedì a Bruxelles per colloqui, lo stesso giorno in cui Trump incontrerà il presidente della Repubblica Popolare Xi Jinping nel corso del suo tour asiatico di questa settimana.