La vicepresidente esecutiva respinge le richieste del Ppe, ma spunta l’ipotesi di un compromesso sulle sanzioni alle case automobilistiche
“Nessuna marcia indietro della Commissione Ue sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035”, firmato Teresa Ribera. Dopo mesi di tensione, fallimenti e di pressing su Bruxelles, la vice-presidente esecutiva della Commissione respinge al mittente le richieste di rivedere le norme del Regolamento Auto. “La questione sul tavolo”, ha spiegato Ribera a margine di una visita a uno stabilimento di ArcelorMittal a Gand, è come “accompagnare l’industria automobilistica europea in un processo di trasformazione in corso”, garantendo “stabilità” sulle tempistiche.
Intanto la concorrenza cinese fa paura e i dazi promessi da Trump sono un’ulteriore preoccupazione per il settore delle auto elettriche in Ue, mai così traballante. La stessa Ribera ha fatto implicito riferimento alla concorrenza internazionale, legata a doppio filo ai rapporti geopolitici parlando di “una corsa industriale globale attivata da anni”.
Le richieste del Ppe
A poca distanza dai due documenti ufficiosi inviati a Bruxelles da alcuni Paesi membri, Italia in primis, il Partito popolare europeoè tornato sulla questione con un documento condiviso. La richiesta del Ppe è netta: lo stop alle auto diesel e benzina nel 2035 “dovrebbe essere revocato”. Seppure (per ora) respinte da Teresa Ribera, queste istanze hanno un peso politico ingombrante per Bruxelles, considerando che il Ppe è il partito che ha preso più voti alle elezioni di giugno e che la Commissione von der Leyen è nata claudicante.
Il problema è che la questione non ha un nodo, ma due, entrambi agli estremi. In mezzo c’è la strada della neutralità tecnologica su cui insiste il Ppe nel documento inviato a Bruxelles. Allo stato attuale, la messa al bando dei veicoli con motore a combustione termica prevede la sostituzione solo con auto elettriche. Il Partito popolare europeo, come fatto da altri Paesi e soprattutto dall’Italia, chiede che vengano ammesse anche altre opzioni come i combustibili elettrici e altre tecnologie low-carbon, inclusi i biocarburanti, su cui il governo italiano insiste da tempo. “La revisione dovrebbe riconoscere il ruolo dei carburanti alternativi, inclusi e-fuels, biocarburanti, rinnovabili e sintetici”, si legge nel documento indirizzato alla Commissione, dove la casella postale è ormai rovente.
Solo pochi giorni fa, diversi Paesi membri hanno inviato due non-paper all’esecutivo europeo, chiedendo di rivedere le norme sulle auto elettriche, ma proponendo strategie molto diverse. Il primo vede l’Italia in cima alla lista dei firmatari, seguita da Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Austria, e Polonia.
È interessante notare che la linea è un po’ ammorbidita rispetto alle richieste di qualche mese fa e a quelle del Ppe: per questi Paesi è possibile tenere fermo l’obiettivo di piena decarbonizzazione al 2035 (prima oggetto di forti critiche) ma solo creando le condizioni per giungere competitivi a quell’obiettivo. “Chiediamo che siano anticipateall’inizio dell’anno prossimo le clausole di revisione già previste per la fine 2026 per i veicoli leggeri e nel 2027 per i veicoli pesanti”, scrivono i 7 Paesi membri in relazione al Fit for 55 del Green deal europeo. Sullo sfondo c’è la prospettiva che anticipando al 2025 le valutazioni economiche, la Commissione riveda anche lo stop alle auto a motore termico.
Il secondo documento è stato firmato da Germania, Francia e Svezia che hanno scritto al Consiglio della Competitività Ueper chiedere più sforzi sulle batterie delle auto elettriche. I tre Paesi chiedono a Bruxelles di mettere le gigafactory nelle condizioni di produrre l’elemento essenziale delle auto elettriche su cui la Commissione ha puntato fortemente per la transizione energetica.
Cosa sta succedendo a Bruxelles
Acea, l’associazione dei costruttori europei, non usa mezzi termini per commentare i dati di mercato che sono “estremamente preoccupanti”. Nel mese di agosto, la vendita di auto elettriche nell’Unione Europea è crollata del 43,9% rispetto allo stesso mese del 2023. Il calo delle vendite ha riguardato tutte le principali case automobilistiche, Stellantis in primis con una contrazione del 28,7% ad agosto e una quota di mercato passata dal 16,1% al 13,7%. I dati vanno di pari passo con la cronaca recente, segnata dalle dimissioni del Ceo del gruppo Carlos Tavares.
In queste ore si stanno intensificando i contatti tra le istituzioni Ue e le case automobilistiche per avviare il dialogo strategico sul futuro delle Bev in Europa, annunciato dalla presidente von der Leyen nel suo intervento programmatico in Plenaria.
La presidente, pressata dalle richieste del “suo” Ppe, vuole agire in prima persona sul dossier. Ha detto anche di volerlo fare “quanto prima”, ma il calendario non è ancora pronto. Verosimilmente, Vdl vuole aspettare i risultati della cosiddetta Bussola della Competitività, ovvero della proposta di Palazzo Berlaymont per rilanciare l’industria europea, che sarà presentata a gennaio.
La vicepresidente esecutiva Ribera ribadisce che l’ipotesi di un dietrofront sulla scadenza del 2035 “non è una cosa che stiamo prendendo in considerazione e direi che non è una cosa che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione”, ma le cose potrebbero stare diversamente.
Un compromesso possibile?
Secondo le indiscrezioni che giungono da Bruxelles, le parti starebbero lavorando a un compromesso, partendo dalle urgenze. In primis, si ipotizza un congelamento delle sanzioni previste dal 2025 per chi non si adegua ai primi target di riduzione del 15% delle emissioni per i nuovi veicoli. Secondo le stime del presidente di Acea Luca de Meo, le attuali norme potrebbero generare multe per un totale di 15 miliardi di euro, mentre i colossi europei continuano a chiudere stabilimenti e ad aggiornare i record negativi.
Il congelamento delle sanzioni è uno dei punti previsti dal non-paper ‘italiano’ che proprio domani, giovedì 5 dicembre, finirà sul tavolo del Consiglio Ue dei Trasporti. In attesa dell’incontro, il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha ribadito: “La scadenza del 2035 è una follia”. Toni più morbidi da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Lavoreremo per fare in modo che la transizione ecologica torni a camminare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale”. Nella forma, queste dichiarazioni assomigliano a quelle di Ribera che parla di “accompagnare la transizione”. Ma con la crisi delle auto elettriche sempre più forte, l’Ue rischia di trovarsi schiacciata a Ovest dall’America di Trump e Est dalla Cina di Xi Jiping.
La forma non basta più, serve trovare un accordo sulla sostanza.