Papa Francesco, Donald Trump e la loro opposta “politica degli ultimi”

Tra muri da abbattere e crisi climatica negata, ecco come si è sviluppato negli anni il rapporto tra Papa Francesco e Donald Trump
9 ore fa
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Papa Francesco E Donald Trump Ipa Ftg
Papa Francesco e Donald Trump durante l'incontro di maggio 2017 (Ipa/Ftg)

Nel corso della storia recente, pochi incontri tra leader mondiali hanno generato un dibattito tanto acceso quanto quelli tra Donald Trump e Papa Francesco. Le loro biografie non potrebbero essere più distanti: il primo, imprenditore newyorkese e presidente statunitense dal 2017 al 2021 e di nuovo da gennaio di quest’anno, fautore di una politica assertiva e divisiva; il secondo, pontefice argentino da sempre vicino agli ultimi, protagonista di un pontificato segnato da appelli all’inclusione e alla solidarietà. Eppure, le loro strade si sono incrociate più volte, dando vita a una relazione fatta di visioni diverse, tensioni e tentativi di dialogo.

Trump sarà ai funerali di Papa Francesco

“Era un brav’uomo. Lavorava sodo. Amava il mondo”. Così il presidente americano ha commentato la morte di Bergoglio annunciando. Frasi misurate che giungono come l’ultimo atto di un dialogo mai veramente sbocciato.

Il presidente americano ha ordinato le bandiere a mezz’asta e, dopo un’iniziale esitazione, ha annunciato su Truth Social che volerà a Roma con Melania per i funerali di Papa Francesco, che si terranno sabato 26 aprile alle 10. Un gesto che non cancella anni di tensioni ma li congela in un momento di rispetto istituzionale, come l’ultimo capitolo di una relazione che ha più raccontato di fratture che di ponti. Il giorno prima della sua dipartita, Bergoglio ha incontrato per pochi minuti il vice di Trump, JD Vance, in occasione della Pasqua.

Il primo scontro tra Papa Francesco e Trump

Il primo vero incontro-scontro tra i due leader risale al 2016, durante la campagna elettorale americana. Francesco, visitando il confine tra Stati Uniti e Messico, pronunciò parole destinate a entrare nella storia: “Una persona che pensa solo a costruire muri, e non ponti, non è cristiana“. La reazione dell’allora candidato alla Casa Bianca arriva fulminea. “Vergognoso mettere in discussione la fede di un uomo”, tuona, accusando il Pontefice di essere caduto nella rete della “propaganda messicana”.

Quella ferita iniziale non si è mai veramente rimarginata. Non era solo questione di stile o di temperamento. Lo scontro toccava il cuore stesso di come intendere la società e il ruolo della leadership mondiale. Da una parte, il Pontefice che predicava l’accoglienza e la responsabilità collettiva verso i più vulnerabili; dall’altra, il presidente che fondava il suo consenso sulla protezione dei confini e sulla difesa degli interessi nazionali.

Le cancellerie vaticane tentano di smorzare, parlano di incomprensioni, ribadiscono l’importanza dei rapporti diplomatici. Ma la frattura è ormai visibile, si allarga su migrazioni, ambiente, diritti civili. Terreni dove i due Capi di Stato marciano in direzioni opposte.

Il secondo incontro e l’enciclica “Laudato Si'”

Il 24 maggio 2017, le porte bronzee del Vaticano si aprirono per accogliere il presidente americano. Un incontro di 29 minuti – significativamente più breve dei 52 concessi ad Obama – trascorsi in un colloquio privato con l’aiuto di un interprete. Le immagini di quel giorno raccontano già tutto: Francesco serio, quasi pensieroso; Trump con un sorriso di circostanza.

Il Papa donò a Trump una copia della sua enciclica “Laudato Si’” sulla cura del creato e dell’ambiente. Un messaggio nemmeno troppo sottile, considerando che poche settimane dopo Trump avrebbe annunciato il ritiro degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi sul clima. Trump ricambiò con una scultura in bronzo e una raccolta di scritti di Martin Luther King, accompagnata da un “penso e spero le piaceranno”.

“Non dimenticherò quello che lei mi ha detto”, promise Trump al termine dell’incontro. Una promessa che, alla luce delle scelte successive, fu più una formula di cortesia che un impegno concreto.

Lo scontro sul clima

Il dono papale non passa inosservato: l’enciclica “Laudato si'” sull’ambiente e i cambiamenti climatici. Un messaggio nell’oggetto, una provocazione gentile ma decisa verso chi aveva già manifestato scetticismo sulla crisi climatica che qualche giorno fa la senatrice repubblicana Mary Miller, replicando la politica di Trump, ha definito una “farsa” sostenendo che “il clima è controllato da Dio, perché Dio controlla il sole”.

I resoconti parlano di colloqui su pace e libertà religiosa. Ma è quanto accade dopo a svelare la verità: Trump, rientrato in patria, annuncia il ritiro dall’Accordo di Parigi chiudendo le porte al pensiero francescano sulla “casa comune”. Tornando alla Casa Bianca, il tycoon ha replicato questa scelta annunciando che gli Usa usciranno dall’accordo sul clima entro il 2026.

Le nomine in Vaticano

Lo scontro è proseguito anche attraverso scelte diplomatiche significative. Trump ha designato come ambasciatore presso la Santa Sede Brian Burch, presidente di Catholic Vote e noto critico di Francesco. La risposta vaticana è stata la nomina a arcivescovo di Washington del cardinale Robert Walter McElroy, che aveva definito il muro al confine messicano “inefficace e grottesco”.

Una partita a scacchi giocata su una scacchiera invisibile ai più, ma che ha segnato profondamente le relazioni tra Stati Uniti e Vaticano.

Due visioni inconciliabili

Dunque, lo scontro tra i due capi di Stato si è giocato su più fronti:

Il muro. Per Trump, simbolo di sicurezza e sovranità nazionale. Per Francesco, incarnazione del rifiuto dell’altro, negazione dell’accoglienza evangelica.

I migranti. “America First” contro “Nessuno è straniero”. Due concezioni che non trovano punti di contatto.

L’ambiente. Da una parte politiche orientate all’uso intensivo delle risorse, dall’altra l’appello alla “conversione ecologica“. Posizioni che sembrano appartenere a epoche diverse della storia umana.

Persino sulla Cina, Papa Francesco e Donald Trump hanno avuto posizioni differenti. Nel 2020, il segretario di Stato USA Mike Pompeo accusò il Vaticano di “immoralità” per l’accordo sui vescovi firmato con Pechino nel 2018. Una mossa che sembrava più tesa a marcare differenze che a costruire dialogo.

Il futuro di un dialogo difficile

È paradossale che, pur da posizioni così distanti, entrambi abbiano saputo parlare a chi si sente ai margini: Francesco alle “periferie esistenziali” del mondo, Trump a quell’America profonda che si sentiva dimenticata dalla globalizzazione. Due uomini che hanno scosso, ciascuno a suo modo, le istituzioni che rappresentavano.

Il loro confronto, mai esploso in aperto conflitto ma mai veramente risolto, ci parla delle fratture sempre più ampie del nostro tempo. Rivela la crescente incapacità di costruire ponti tra visioni diverse del futuro dell’umanità, tra chi vede il mondo come una fortezza da difendere e chi lo immagina come una casa dalle porte aperte.

La presenza di Trump ai funerali di Francesco rappresenterà l’ultimo capitolo di questa complessa relazione, un epilogo che difficilmente cambierà il senso di una storia fatta più di divergenze che di punti d’incontro.