Che il Manifesto di Ventotene sia tornato in auge è un’opportunità per riflettere sul significato dell’Unione europea, soprattutto ora che l’America di Trump ha virato verso Mosca lasciando l’Unione al suo destino, con una guerra alle porte dei Ventisette e l’urgenza di puntare sul riarmo per difendere i confini europei. “Si vis pacem, para bellum“. Ecco perché questo concetto, attorno a questo concetto ruota il piano ReArmEu di Ursula von der Leyen, è intrinsecamente legato al Manifesto “Per un’Europa libera e unita”.
Da Ventotene al ReArmEu
Ieri, celebrando il documento scritto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (con il contributo di Eugenio Colorni, sua moglie Ursula Hirschmann e un gruppetto di confinati), Roberto Benigni ha evidenziato quanto sia attuale il contenuto del Manifesto: “Attenti, perché il cammino non è concluso, nella storia dell’Europa la cosa rarissima è la pace: basta che spuntino problemi perché risorga il nazionalismo, che nella storia ha provocato milioni di morti, è il carburante di tutte le guerre”, ha detto l’attore toscano durante il programma “Il sogno“, trasmesso su Rai 1 a poche ore dal discorso di Giorgia Meloni alla Camera.
Il documento richiamato ieri in Aula dalla presidente del Consiglio è per natura avverso al sovranismo e propone una cesura netta con lo schema degli Stati-nazione. D’altronde gli autori hanno scritto il Manifesto di Ventotene mentre erano in confino sull’omonima isola tirrenica perché oppositori del regime fascista. La sovranità assoluta – presentata come la causa delle divisioni e dei conflitti – aveva generato una spirale di dominio e di guerra che oggi torna a minacciare il futuro dell’Europa. Un concetto ribadito anche dal Segretario generale della Nato, Mark Rutte.
La pace che non può più “essere data per scontata”
Se a gennaio l’ex premier olandese si era limitato a un generico: “Non siamo in guerra, ma nemmeno in pace”, durante la conferenza stampa di chiusura della prima ministeriale Difesa del 2025, il Segretario ha alzato il tiro: come Paesi Nato, “dobbiamo passare a una mentalità da tempo di guerra e la nostra industria deve seguirci in questo cambiamento”.
Quanto accaduto dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, dimostra che il Manifesto di Ventotene non era soltanto un’utopia lontana dal reale; bensì proponeva strategie concrete per evitare che le rivalità nazionali sfociassero in guerre devastanti. Gli autori, infatti, sostenevano che solo un’unità politica autentica avrebbe potuto garantire la pace e impedire il ripetersi dei conflitti mondiali. Questo messaggio, oggi più che mai, risuona nel dibattito sul riarmo europeo annunciato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “La pace nella nostra Unione non può più essere data per scontata. Stiamo affrontando una crisi della sicurezza europea, ma sappiamo che è proprio nelle crisi che l’Europa è sempre stata costruita. Questo è il momento per una difesa comune” ha detto la presidente della Commissione europea nel discorso all’emiciclo dello scorso 11 marzo.
In entrambi i casi c’è la convinzione che dare più poteri all’Europa significhi rendere più efficienti gli sforzi degli Stati membri. Sia per Bruxelles oggi, che per Ventotene allora, il modo migliore per proteggere l’Europa è l’unione, il consolidamento, la gestione centralizzata delle questioni cruciali per il futuro del continente.
Concetti che emergono anche dal Libro Bianco per la difesa presentato ieri dalla Commissione europea. Tra gli obiettivi principali, c’è la creazione di un mercato unico per i prodotti della difesa, che superi le barriere nazionali perché un sistema di appalti comune generebbe economie di scala e una maggiore efficienza nella spesa militare.
L’opinione di Meloni sul ReArmEu
Ieri, prima delle parole sul Manifesto di Ventotene che hanno scatenato la bagarre alla Camera (“Questa non è la mia idea di Europa”), parlando al Senato, la premier Meloni è tornata a bocciare il nome del piano ReArm Europe, definendolo “fuorviante per i cittadini”.
La presidente del Consiglio ritiene che l’annuncio dello stanziamento di 800 miliardi per la difesa da parte della Commissione Ue è “roboante” rispetto alla realtà perché quelle non sono “risorse che vengono tolte da altri capitoli di spesa né risorse aggiuntive europee”. A questo proposito, la premier ha ricordato rifiuto del governo all’ipotesi di spostare i fondi di coesione destinati alle aree svantaggiate del Sud sul settore difesa.
Nonostante la minaccia russa ai confini, più volte richiamata da von der Leyen e altri leader europei, anche gli italiani sono contrari al piano di Bruxelles. Solo il 28% è favorevole al ReArmEu, il 39% è contrario, mentre il 33% si astiene da esprimere un’opinione a riguardo. I più contrari sono gli elettori leghisti (56%), mentre quelli di FdI (48%) e Pd (46%) sono allineati (il che, di per sé, è una notizia). Spaccati gli elettori di Forza Italia (36% contrari, 35% favorevoli, il restante 29% non si esprime). La metà degli elettori M5s è contrario al piano di riarmo anche se sorprende il 30% degli elettori pentastellati favorevoli al ReArm Europe. (Per approfondire: Crolla il sostegno degli italiani a Kiev. E il riarmo non piace).
L’esercito comune europeo
Preparando il ReArmEu, l’Ue non esclude l’acquisto collettivo di armi per conto degli Stati membri adattando il modello vaccini per la difesa. mossa che, se attuata, segnerebbe un cambio di paradigma senza precedenti, ridisegnando le dinamiche di potere all’interno dell’Ue e riducendo la dipendenza dall’ombrello militare degli Stati Uniti.
Il Manifesto di Ventotene, invece, richiama espressamente l’esercito comune europeo inteso come “movimento che sappia mobilitare tutte le forze popolari attive nei vari paesi al fine di far nascere uno Stato federale, con una propria forza armata”. Nel documento presentato ieri dall’Alta rappresentante per la politica estera Ue, Kaja Kallas, e dal commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, non sono presenti riferimenti a un esercito europeo, concetto che continua dividere i Ventisette, ma viene rilanciata una cooperazione sempre più stretta e strutturata. La stessa che si auspicavano gli autori del Manifesto di Ventotene otto decenni fa.