Orbán come Trump. Il premier ungherese fa suo lo slogan che nel 2016 – e forse anche quest’anno – portò alla vittoria l’ex presidente Usa e lo riadatta in un più local ‘Make Europe Great Again’. Da ‘MAGA’ a ‘MEGA’, insomma, come le grosse difficoltà che Orbán potrebbe incontrare sia in Europa, dove si accinge a ricoprire un ruolo importantissimo ma tra dubbi e critiche, sia in patria, incalzato da una opposizione in crescita.
Quanto al primo aspetto, l’Ungheria assumerà il primo luglio il semestre di guida dell’Unione europea, e ieri pomeriggio Bálint Ódor, ambasciatore e rappresentante permanente del Paese all’Ue, ha presentato in conferenza stampa le priorità su cui si concentreranno i prossimi sei mesi e il motto che ne sarà il leitmotiv.
Un motto ovviamente e non casualmente ripreso da Trump, che ha già scatenato meme e prese in giro sui social ma che racconta molto della posizione dell’Ungheria. Orbán è vicino al magnate Usa, a cui recentemente ha augurato la rielezione al voto Usa del prossimo novembre, ma strizza anche l’occhio all’orgoglio e al senso di insoddisfazione e rivalsa di molti europei, in un contesto che vede l’Europa declinare lentamente. E che proprio per questo ha un certo appeal. Completa il quadro della comunicazione istituzionale per la presidenza magiara un logo che rimanda al cubo di Rubik, inventato per l’appunto da Ernő Rubik, architetto nato a Budapest nel 1944.
Le priorità dell’Ungheria per il semestre di guida dell’Unione europea
L’Ungheria dunque, come detto, sta per ricoprire un ruolo fondamentale: la presidenza dell’Unione ,che ruota ogni sei mesi tra i vari Stati membri. Il Paese che la detiene influenza di fatto l’agenda politica dell’Ue, dato che dirige i lavori preparatori delle riunioni del Consiglio europeo, l’organo che assolve la funzione legislativa e di bilancio assieme all’Europarlamento.
Una funzione delicata e strategica quindi, e ieri l’Ungheria ha presentato le sette le priorità che ha stabilito per il suo secondo semestre di guida dell’Ue (il primo fu nel 2011):
• Nuovo patto per la competitività europea
• Rinforzo della politica di difesa europea
• Politica dell’allargamento coerente e basata sul merito
• Stop all’immigrazione illegale
• Futuro delle politiche di coesione
• Politica agricola comune a favore degli agricoltori
• Sfida demografica
“L’Ungheria assume la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea in un momento di circostanze e sfide straordinarie. Il nostro continente sta affrontando sfide comuni a causa della guerra nel nostro vicinato, l’Ue è sempre più in ritardo rispetto ai suoi concorrenti globali”, sottolinea la premessa del programma, mostrando consapevolezza dell’ampiezza e della complessità dei dossier sul tavolo europeo.
“Il nostro motto si riferisce a una presidenza attiva e concreta, all’aspettativa che insieme siamo più forti che separati e che insieme possiamo rimanere ciò che siamo”, ha dichiarato a tal proposito il ministro ungherese per gli Affari europei Janos Boka durante la conferenza stampa.
E dunque, ha spiegato l’ambasciatore, “saremo dei mediatori onesti e seguiremo il principio di cooperazione tra Stati membri e istituzioni”.
Le perplessità dei Paesi membri
Tuttavia l’imminente guida ungherese desta preoccupazione in diversi Stati membri, che dubitano della capacità del Paese di agire in modo “credibile”. Il nodo è il rispetto dello Stato di diritto da parte del governo di Orbán, al potere dal 2010, e le sue politiche verso i diritti civili, le minoranze e il rispetto dell’indipendenza di giornali e magistrati.
Basti pensare, tra le altre cose, alla risoluzione non vincolante adottata nel 2023 dall’Europarlamento, in cui l’organo sottolineava il “regresso” dell’Ungheria sui valori democratici e definiva il Paese una “autocrazia elettorale“.
Non solo: Bruxelles ha anche congelato miliardi di euro di fondi destinati all’Ungheria, che verranno sbloccati solo quando il Paese metterà in campo riforme per garantire l’indipendenza dei giudici, i diritti alla comunità LGBTQ e l’indipendenza degli accademici. Una decisione che peraltro è stata cavalcata da Orbán per imbastire una campagna nazionale contro l’Ue.
A complicare le cose, ci sono le posizioni pro-Putin del premier, che non ha voluto fornire armi all’Ucraina, ha criticato le sanzioni Ue contro la Russia e ha posto il veto ripetutamente nelle votazioni al riguardo (per le quali occorre l’unanimità).
L’ascesa di Péter Magyar
In tutto ciò, Orbán intanto ‘cerca casa’ nell’Europarlamento. Dopo che nel 2021 il suo partito, Fidesz (Unione Civica Ungherese), è stato cacciato dal Partito Popolare Europeo proprio in protesta con la gestione dei diritti umani e delle libertà civili da parte del suo governo, e dopo il no incassato lunedì dalla Meloni a un’eventuale accoglienza tra i Conservatori e Riformisti Europei, il contestato premier rimane senza un gruppo politico cui affiliarsi.
Di converso, e qui veniamo alle nubi che si profilano all’interno del suo Paese, Orbán vede il suo rivale Péter Magyar, asceso negli ultimi mesi al ruolo di grande oppositore, essere accolto a braccia aperte dal PPE. Magyar col suo Tisza (partito del Rispetto e della Libertà) ha guadagnato il 29,6% dei voti alle elezioni di inizio mese e porta all’Europarlamento sette deputati. Fidesz, pur essendo ancora il primo partito in Ungheria, è sceso di 8 punti percentuali dalle precedenti elezioni europee del 2019, e ha perso due euroseggi (da 13 a 11).
Segnali di qualche crepa che si intravede nello strapotere che Orbán esercita dal 2010? Uno dei fattori è proprio Magyar, che sembra un outsider ma che tanto outsider poi non è. Avvocato ed ex membro del governo Fidesz fino a inizio 2024, Magyar in pochi mesi è diventato il principale oppositore di Orbán, in pratica una spina nel fianco.
Il politico si è impegnato a lottare per ripristinare lo Stato di diritto in Ungheria e ha denunciato gli scandali che hanno investito nell’ultimo periodo la classe di governo, definendo lo Stato come “mafioso”, imbevuto di corruzione e propaganda”.
Scandali che costituiscono un altro fattore che ha contribuito al risultato elettorale, commentato così da Magyar: “Il cambiamento è iniziato e questo è l’inizio della fine per il partito Fidesz“.
Intanto, a ridosso delle elezioni, per la prima volta in 18 anni sulla televisione di Stato ungherese è andato in onda un dibattito politico, che pur con delle limitazioni è stato epocale: si sono sentite critiche al governo, un passo avanti notevole visto il dominio mediatico del premier da tre lustri. Orbán non ha partecipato, ma deve stare attento: Magyar punta alle presidenziali del 2026.