Come la lettera di Breton a Musk contro l’hate speech si sta trasformando in un boomerang

Gli Usa accusano l'Ue di voler interferire nelle elezioni presidenziali di novembre. Mentre dall’Ue si prendono le distanze perché la lettera “non era stata concordata’’
1 mese fa
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Musk e Breton
Da sinistra: Elon Musk (Foto Beata Zawrzel/ZUMA Press Wire/SplashNews.com/ipa-agency.net/Fotogramma) e Thierry Breton (Foto EUC/ROPI/Fotogramma)

Il tentativo del commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, di limitare il dilagare di disinformazione e dei ‘discorsi dannosi’ su X in vista dell’intervista di Elon Musk a Donald Trump sul social, rischia di diventare un grosso boomerang. Dagli USA, infatti, arrivano all’Ue accuse di voler interferire nelle elezioni presidenziali che si terranno a novembre. Mentre dall’Ue si prendono le distanze perché la lettera di Breton “non era stata concordata’’.

Questi i fatti: Breton, poche ore prima dell’atteso incontro tra i due miliardari che si è tenuto in diretta streaming martedì sera sull’ex social dell’uccellino, ha postato una lettera aperta chiedendo a Musk, controverso proprietario di X, di fare qualcosa per limitare i discorsi d’odio e ricordandogli che la piattaforma deve rispettare il Digital Service Act, la legislazione europea sui servizi digitali. Breton ha anche avvisato il magnate che “ogni effetto negativo di contenuti illegali”, riferendosi sia a fake news che a messaggi che promuovono odio e discriminazione, potrebbe portare la Ue ad adottare misure nei confronti di X.

Musk ha risposto in sostanza a parolacce, rendendo ben evidente non solo come la pensa (“Sono un estremista della libertà d’espressione”, ama dire il mega miliardario tech) ma anche come intende (non) agire, cioè non permettendo quella che, secondo lui, sarebbe una censura.

I commenti: “L’Ue vuole interferire nelle elezioni americane”

I commenti alla vicenda non si sono fatti attendere, da più parti. Alcuni politici e commentatori conservatori USA infatti hanno colto al volo l’occasione per accusare l’Unione europea di agire come la Cina cercando di limitare la libertà di parola online e di voler interferire nelle elezioni americane. La pressione esercitata su Musk affinché implementi politiche più restrittive sui contenuti, sostengono, potrebbe influenzare il dibattito politico negli Stati Uniti e limitare la libertà di espressione.

Linda Yaccarino, ceo di X, ha definito la lettera di Breton “un tentativo senza precedenti di estendere una legge destinata ad applicarsi in Europa alle attività politiche negli Stati Uniti”.

Chris LaCivita, co-responsabile della campagna presidenziale di Trump, sempre sul social ha commentato: “L’Unione Europea sta tentando di intromettersi nelle elezioni americane”. “Possono andare all’inferno”, ha aggiunto per maggior chiarezza.

“L’Unione Europea dovrebbe occuparsi dei fatti propri invece di cercare di intromettersi nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti”, ha scritto a sua volta su X Steven Cheung, portavoce di Donald Trump, definendo anche l’Unione europea “un’organizzazione straniera non democratica”. “Vogliamo essere molto chiari: l’Unione Europea è nemica della libertà di parola e non ha alcuna autorità per dettare il modo in cui facciamo campagna elettorale”, ha concluso il post.

A onor del vero, Breton nella sua missiva non menzionava le politiche dell’ex presidente USA, focalizzandosi piuttosto sulla gestione dei contenuti su X, problema peraltro noto e condiviso da molti.
Ma l’invito ad agire, in concomitanza con l’intervista con due personaggi come Musk e Trump, dalle posizioni divisive e dai toni non proprio pacificatori, ha offerto il destro alle accuse di voler influenzare le elezioni americane e di voler imbavagliare le posizioni più scomode.

Salvini difende Musk, che ringrazia

E non solo negli Stati Uniti. Anche in Italia si sono levate voci per denunciare la lettera di Breton, considerata “vergognosa” dal capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr al Parlamento europeo Carlo Fidanza: “Siamo alla censura preventiva, alla polizia del pensiero, alla repressione orwelliana”.

Anche il vicepremier Matteo Salvini ha difeso su X il fondatore di Tesla: “L’ennesima surreale e velenosa minaccia a Elon Musk per la sua intervista a Donald Trump su X da parte del Commissario Ue Breton (poi smentito dalla Commissione europea), usando l’arma del Digital Service Act come strumento di censura. Non sorprende la risposta senza peli sulla lingua di Musk. La Lega fu l’unico partito italiano a votare in Europa contro il Dsa, allertando dei rischi di bavaglio alla libertà di informazione. Basta con norme assurde che soffocano la democrazia, viva la libertà di pensiero! Noi la difendiamo sempre, Elon Musk hai tutto il nostro supporto, vai avanti”. La risposta di Musk non è tardata: “Grazie!”

Al vicepremier ha invece replicato l’eurodeputato Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico europeo e membro della presidenza di Renew: “Salvini difende Musk e il suo X-Twitter dal principio semplice, lineare e trasparente che il commissario europeo Thierry Breton ha ribadito nella sua lettera al proprietario di X: internet non può essere un far west, le regole che valgono nella vita reale si devono applicare anche online e le piattaforme social devono adoperarsi per combattere l’odio e la disinformazione. Se non lo fanno, vanno pesantemente multati perché la libertà di parola ovunque nel mondo non è assoluta, ma trova un proprio limite quando si compie un reato“.

“Non è l’Ue che comprime le libertà individuali regolando il fenomeno – ha continuato Gozi -, sono altri Paesi che preferiscono la deregulation ed il far west che ne consegue”. “Salvini se ne faccia una ragione: per l’odio online e la disinformazione – di cui peraltro lui è uno dei veicoli in Italia – ci sarà sempre meno posto in Ue”, ha concluso.

L’Ue prende le distanze

Intanto l’Ue ha preso le distanze. La portavoce della Commissione, Arianna Podestà, ha spiegato che “l’Unione europea non interferisce nelle elezioni, siamo chiari su questo” e che la lettera di Breton è stata una sua iniziativa personale: “Né il momento dell’invio, né il linguaggio utilizzato sono stati coordinati, né concordati con la presidenza della Commissione o con il collegio dei commissari”, ha detto rispondendo alle domande di giornalisti.

Per Podestà la lettera del commissario francese era “di carattere generale“, pur riferendosi al dialogo tra Musk e Trump e alle rivolte dell’estrema destra nel Regno Unito, in cui hanno avuto un ruolo specifico i messaggi e le fake news diffuse dai social, e rifletteva la “preoccupazione generale” riguardo al rispetto delle normative europee, che X deve rispettare come piattaforma digitale accessibile in Europa.

Il DSA infatti “si applica solo ai contenuti che vedono i cittadini europei e dunque non interferisce nei dibattiti politici dei Paesi terzi”, ha precisato.

Sostegno al francese è venuto, tra gli altri, da Valérie Hayer, che su X scrive: “Il capo di uno dei più grandi social network del mondo, Elon Musk, è chiamato a lottare contro i contenuti illegali che vi abbondano. Nell’Unione europea non possono essere tollerati in nessun modo contenuti che incitano all’odio o alla violenza”.

In tutto questo pullulare di commenti, gli analisti notano tuttavia che la posizione di Breton è particolare: non è un mistero infatti che il francese, sostenuto dal presidente Emmanuel Macron, punti a mantenere il suo ruolo in Commissione. Da una parte questo episodio non migliora sicuramente i rapporti con la neoeletta presidente dell’esecutivo europeo Ursula von der Leyen, cui spetta decidere la composizione e i portafogli dell’organo che guiderà per un secondo mandato.

Dall’altra però togliere il mandato digitale a Breton a questo punto potrebbe sembrare un ‘dare ragione’ alle posizioni di Musk, Trump e detrattori vari. Al momento quindi, la lettera incriminata sembra essersi trasformata in un boomerang con potenziali ripercussioni anche future nei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico, se il tycoon venisse rieletto a novembre, ma per Breton potrebbe avere anche un risvolto positivo.