La Commissione europea non è stata del tutto trasparente sui contratti per i vaccini Covid

La causa era stata intentata da eurodeputati e privati cittadini con riferimento agli estesi omissis apposti ai contratti prima di renderli pubblici. Domani il voto per il von der Leyen bis
2 mesi fa
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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen (IPA/Fotogramma)

La Commissione europea non è stata completamente trasparente sui contratti per i vaccini contro il Covid. Lo ha stabilito il Tribunale Ue, che ha parzialmente accolto i ricorsi contro l’organo esecutivo dell’Unione e ha decretato che quest’ultimo “non ha concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio ai contratti di acquisto” in questione.

La causa era stata intentata da eurodeputati e privati cittadini con riferimento agli estesi omissis apposti dalla Commissione, prima di renderli pubblici, ai contratti di acquisto stipulati durante la pandemia. Già nel 2021 gli europarlamentari si erano lamentati perché avevano chiesto accesso alla documentazione, in modo da comprendere gli accordi tra l’organo e le case farmaceutiche tra il 2020 e il 2021, e l’avevano trovata incompleta.

La Commissione aveva giustificato l’oscuramento di alcune clausole con la necessità di proteggere interessi commerciali o con questioni di privacy. I Verdi però non hanno ritenuto valide tali motivazioni e si sono rivolte al tribunale.

La sentenza contro la Commissione

Oggi la Corte ha stabilito che l’organo esecutivo europeo, guidato da Ursula von der Leyen, è stata poco trasparente. In particolare, si legge nella sentenza, per “le clausole di detti contratti relative all’indennizzo nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini”.

Sono due quindi gli aspetti su cui il tribunale ha accolto parzialmente l’azione legale: la Commissione avrebbe dovuto fornire maggiori spiegazioni per giustificare il rifiuto di accesso a determinate disposizioni dei contratti, in quanto non è riuscita a dimostrare in che modo tali clausole -riguardanti gli indennizzi – avrebbero potuto compromettere gli interessi commerciali delle aziende farmaceutiche.

Inoltre avrebbe dovuto fornire i dati personali relativi ai membri dei gruppi negoziali, composti da rappresentanti degli Stati membri e funzionari della Commissione: un rifiuto giustificato con la privacy mentre secondo la Corte i ricorrenti hanno dimostrato l’interesse pubblico nell’identificare quel team, al fine di accertare l’eventuale presenza di conflitti di interesse.

Quello che viene contestato alla presidente, che a nome dei 27 Stati membri ha acquistato i vaccini anti-Covid, è di “non aver preso sufficientemente in considerazione tutte le circostanze pertinenti al fine di soppesare correttamente gli interessi in gioco, connessi all’assenza di conflitto di interessi e a un rischio di pregiudizio alla vita privata degli interessati”.

Il commento della Commissione: “Accolte anche le nostre ragioni”

Allo stesso tempo vengono accolte in parte anche le ragioni della Commissione, che in una nota non ha mancato di sottolinearlo, dopo aver preso nota della decisione e affermato che la studierà “insieme alle sue implicazioni”.

Il tribunale, evidenzia l’organo esecutivo europeo, ha riconosciuto infatti che alcune clausole dei contratti rientravano nella tutela degli interessi commerciali, nello specifico per quanto riguarda


• l’ubicazione dei siti produttivi;
• le disposizioni sui diritti di proprietà intellettuale;
• le disposizioni relative ai pagamenti anticipati o ai pagamenti anticipati;
• l’accesso ai programmi di consegna.

In generale, continua la nota, “la Commissione garantisce il più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, nel rispetto dei principi di apertura e trasparenza”. Ma, nel caso in esame, “la Commissione ha dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, all’informazione e gli obblighi giuridici derivanti dagli stessi contratti Covid-19, che avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti”.

“In ogni caso, la Commissione aveva fornito al Parlamento europeo (…) informazioni complete sui contratti relativi al vaccino anti-Covid-19”, continua la nota.

Intanto, “la Commissione europea è rimasta soccombente per la parte essenziale“, riporta il testo della sentenza, e dunque è stata “condannata alle spese, secondo le conclusioni delle ricorrenti”.

Sulla Commissione e su von der Leyen pende anche la causa per il cosiddetto Pfizergate, lo scandalo legato a presunti sms scambiati tra la presidente e il ceo di Pfizer Albert Bourla per una maxicommessa anche in questo caso relativa alla fornitura di vaccini anti-covid. A questo proposito, a maggio il Tribunale di Liegi ha deciso di rinviare la decisione a dicembre.

Le reazioni, alla vigilia del voto per il VDL bis

Quest’altra decisione arriva invece proprio alla vigilia del giorno più importate per von der Leyen: domani infatti l’Europarlamento si esprimerà sulla sua riconferma o meno alla guida della Commissione.

E tra i gruppi tra cui la tedesca in queste settimane ha cercato appoggio ci sono proprio i Verdi, che hanno intentato la causa in questione. A tal proposito Kim van Sparrentak, eurodeputata olandese dei Verdi/Ale, ha commentato: “È importante che la Corte di Giustizia dell’Ue abbia confermato la rilevanza della trasparenza, poiché è fondamentale nella lotta allo scetticismo sui vaccini e alla sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche”.

“Questa sentenza è significativa per il futuro – ha continuato van Sparrentak – poiché si prevede che la Commissione intraprenderà più appalti congiunti in settori come la sanità e la difesa. La nuova Commissione deve ora adattare la gestione delle richieste di accesso ai documenti per essere in linea con la sentenza di oggi”.

“L’automatismo della Commissione di rivendicare la riservatezza per quasi tutto ciò che è rilevante nei contratti è stato respinto. Eventuali affermazioni di questo tipo possono e dovrebbero essere avanzate solo laddove si possa dimostrare che l’accesso del pubblico potrebbe effettivamente e specificamente compromettere gli interessi commerciali” delle imprese coinvolte, ha concluso.

Dal canto suo Renew Europe ha detto a Politico che ora von der Leyen “deve fare delle concessioni su questo per il nostro voto“. “È importante che von der Leyen dimostri di poter valutare personalmente la serietà e la soluzione appropriata”, ha specificato una fonte del gruppo.

Il capodelegazione della Lega, Paolo Borchia, ha poi commentato: “Von der Leyen dia finalmente risposte e paghi per le irregolarità emerse“. Per l’europarlamentare, sono state “smascherate molte delle ambiguità legate a una questione delicatissima e importante sulla quale, come Lega, da tempo chiediamo chiarimenti. Trasparenza e integrità devono essere valori imprescindibili delle istituzioni”.

D’altronde la Lega ha sempre criticato la tedesca e tutta la sua gestione, e ha già detto chiaramente che domani voterà contro la sua conferma.

Mantiene invece il suo sostegno Forza Italia: il ministro degli Esteri Antonio Tajani, membro di spicco del Partito Popolare Europeo di cui fa parte von der leyen, ha ribadito che “l’auspicio è che possa essere rieletta presidente della Commissione europea e Forza Italia la sosterrà”.

Intanto, la Commissione nella nota ha anche fatto sapere che “in questa fase si riserva” di esplorare le opportune “opzioni legali” a sua disposizione. L’organo può presentare ricorso contro la decisione del tribunale entro due mesi e dieci giorni.

Ma le ‘implicazioni’ della sentenza potrebbero vedersi già domani alla prova del voto.