Corruzione, conflitto d’interessi, interferenza nelle funzioni pubbliche e distruzione di documenti. Queste le accuse che pendono su Ursula von der Leyen (e non solo) in quello che è stato chiamato ‘Pfizergate’, ovvero le indagini legate all’acquisto dei vaccini contro il Covid durante la pandemia. Per queste accuse, secondo quanto riferito da Euronews, l’avvocato che ha fatto partire lo scandalo ha adesso chiesto le dimissioni della von der Leyen e degli altri commissari, e di deferire la questione alla Corte di giustizia.
Non solo: nella lettera inviata ufficialmente al Consiglio europeo, quindi a tutti i 27 Stati membri dell’Unione, e a Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo (Ppe), si chiede anche al Ppe di ritirare la candidatura bis della von der Leyen alla carica di presidente della Commissione europea, e a tutti di non presentare né una tale candidatura, né una candidatura a qualsiasi altra carica nelle istituzioni europee finché la von der Leyen “è oggetto di un procedimento penale”.
Al centro dello scandalo, l’appalto più grosso mai concluso dall’Unione europea: 1,8 miliardi di dosi di vaccino contro il Covid per quasi 20 miliardi di euro, un contratto concluso nel 2021.
Nessuno al momento è stato ancora accusato, ma sicuramente lo scandalo è un’ombra che aleggia sopra le ormai imminenti elezioni europee (6-9 giugno), dal quale uscirà un nuovo Europarlamento e poi una nuova Commissione. La von der Lyen è in corsa per un secondo mandato a capo dell’organo esecutivo europeo, e lo scandalo potrebbe crearle più di un problema.
Cos’è il Pfizergate
Tutto è partito nel 2023, quando un lobbista belga, Frédéric Baldan, ha presentato una denuncia penale alle autorità giudiziarie di Liegi per degli sms scambiati tra la von der Leyen e l’amministratore delegato della Pfizer, Albert Bourla, in relazione a quella che poi sarebbe diventata la maxi-commessa dei vaccini. Le accuse mosse da Baldan vanno da “usurpazione di funzioni e titoli” a “distruzione di documenti pubblici” e infine “appropriazione illegale di interessi e corruzione”.
Secondo il lobbista, infatti, la presidente della Commissione avrebbe agito al di fuori dei trattati Ue e del proprio mandato, andando anche a minare la fiducia nelle istituzioni comunitarie.
A questa denuncia si sono aggiunti Paesi come la Polonia e l’Ungheria, in scontro con la Commissione che li accusava di violare i principi dello Stato di diritto. La Polonia, dopo l’ascesa a primo ministro dell’europeista Donald Tusk (appartenente al Partito popolare europeo, lo stesso della von der Lyen), vorrebbe ora ritirare il proprio ricorso, ipotesi però non prevista dalla legge belga.
A maggio del 2023, il Belgio ha poi trasmesso la denuncia alla Procura europea (EPPO, European Public Prosecutor’s Office), che si è dichiarata competente in materia. L’EPPO infatti ha il compito di
indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE, quali:
• frodi
• corruzione
• riciclaggio
• frodi IVA transfrontaliere
L’EPPO stessa, dopo l’ultima udienza tenutasi in Belgio il 17 maggio scorso, ha fatto sapere che stava investigando già da ottobre 2022 sul ‘Pfizergate’ ma di non aver mai rivelato i dettagli per proteggere l’esito dell’inchiesta.
D’altronde già nel 2021 il New York Times aveva rivelato l’esistenza degli sms con i quali von der Leyen e Bourla stavano definendo i termini dell’accordo. Lo stesso New York Times a febbraio 2023 aveva deferito il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Non solo: nel giugno 2022 si era espressa in merito la mediatrice europea Emily O’Reilly (analoga al difensore civico italiano) che aveva definito la negoziazione del contratto un esempio di “cattiva amministrazione”.
Tutto rinviato a dicembre
Si arriva così all’udienza preliminare dello scorso 17 maggio, alla quale von der Leyen, Bourla e Pfizer Biontech non hanno partecipato di persona ma tramite i propri avvocati. I querelanti, gli imputati, i loro avvocati, il giudice istruttore belga e l’EPPO sono stati ascoltati davanti alla Chambre du Conseil del Tribunale di Liegi.
Il tribunale ha deciso di rinviare l’udienza al prossimo 6 dicembre per dare a tutte le parti il tempo di riflettere ulteriormente su alcune questioni: la competenza dell’EPPO, il cui regolamento non è stato approvato da tutti gli Stati membri, l’immunità di von der Leyen, l’interesse e la legittimità delle azioni dei querelanti. La portavoce dell’EPPO ha già dichiarato che “il caso non ha scadenza”. A dicembre, dunque, il tribunale belga dovrà valutare se la Procura europea è competente.
Dal canto suo l’avvocato autore della lettera che chiede le dimissioni della von der Leyen sostiene che l’intenzione dell’EPPO sia quella di “dichiarare nulle tutte le parti civili, e annullare l’intera indagine”, aggiungendo anche che la Procura europea potrebbe non avere i fondi necessari per completare le indagini entro il 2024.
La difesa della von der Leyen
Intanto la Commissione, che non ha mai confermato l’esistenza degli sms e delle chat, né tantomeno quindi ne ha divulgato il contenuto, ha dato conto di una email, di una lettera e di un comunicato stampa. Anche la von der Leyen non ha mai rivelato nulla su questi scambi privati. La sua difesa è che i contratti sono stati siglati dai Paesi membri direttamente così come i soldi sono stati messi da ogni Stato: “Su questo dossier siamo stati trasparenti”, sostiene.
Un’impostazione che potrebbe portare a contestare direttamente la competenza della Procura europea sul caso.
Quello che è certo è che il rinvio a dicembre avrà fatto tirare un sospiro di sollievo alla von der Leyen, dato che a quel punto i giochi per il rinnovo della Commissione saranno belli che fatti.
Un sollievo che non è durato tantissimo vista la richiesta ufficiale, depositata il 29 maggio al Consiglio europeo, delle sue dimissioni.