Proteste senza fine in Georgia: assalto al palazzo presidenziale, Kobakhidze accusa l’Ue

Tbilisi brucia ancora: dopo le elezioni amministrative è stato preso d'assalto il palazzo presidenziale
22 ore fa
4 minuti di lettura
proteste georgia
Proteste in Georgia ottobre 2025 (Afp)

Tbilisi brucia ancora, mentre il futuro della Georgia è sempre più lontano dall’Ue e vicino a Mosca. Sabato 4 ottobre, dopo le elezioni amministrative tenutesi nelle 64 municipalità georgiane senza una vera opposizione né osservatori internazionali, decine di migliaia di persone hanno invaso Piazza della Libertà nel centro della capitale per protestare contro il governo di Irakli Kobakhidze.

La risposta è arrivata sotto forma di idranti e lacrimogeni quando gruppi di manifestanti hanno tentato di forzare l’ingresso del palazzo presidenziale. Il giorno dopo, il premier Kobakhidze ha dichiarato guerra aperta a chi protesta, promettendo di “neutralizzare completamente gli agenti stranieri“, formula cara alla Russia di Vladimir Putin, e accusando l’ambasciatore dell’Unione europea Paweł Herczyński di aver orchestrato un tentativo di colpo di Stato.

Le elezioni fantasma che hanno infiammato la piazza

Il Sogno Georgiano, partito al potere dal 2012, ha conquistato tutti i seggi municipali con oltre l’81% delle preferenze e un’affluenza al 41%. A Tbilisi, l’ex calciatore del Milan Kakhaber Kaladze è stato confermato sindaco per la terza volta con il 71% dei voti. Quella che in Italia chiameremmo una maggioranza bulgara: così schiacciante da risultare poco trasparente.

Due dei quattro principali blocchi di opposizione hanno boicottato il voto, ritenendo illegittimo un governo uscito dalle contestate elezioni parlamentari dell’ottobre 2024, quando il Sogno Georgiano aveva ottenuto il 54% tra comprovate accuse di brogli e falsificazioni. In molti distretti, i candidati governativi non hanno avuto nessuno sfidante, raccogliendo (per forza di cose) il 100% delle preferenze.

L’assenza di osservatori internazionali ha esacerbato la tensione sociale e politica, nonché la distanza tra Tbilisi e Bruxelles.

L’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Osce, che aveva monitorato ogni tornata elettorale in Georgia dagli anni Novanta, questa volta non c’era. Il governo aveva prima escluso l’invito, poi fatto dietrofront quando ormai era impossibile organizzare la missione. Anche gli osservatori locali della Società internazionale per elezioni e democrazia leali hanno dichiarato che le condizioni per un voto libero ed equo “non sarebbero state in gran parte soddisfatte”.

Proteste quotidiane da 312 giorni

La rabbia nelle strade affonda le radici nel 28 novembre 2024, quando Kobakhidze ha annunciato la sospensione dei negoziati di adesione all’Unione europea fino alla fine del 2028. Una decisione che ha tradito le aspettative della maggioranza dei georgiani, per i quali l’integrazione europea è un obiettivo costituzionale oltre che emotivo. Da quel giorno, gruppi di cittadini non hanno smesso di manifestare davanti al parlamento neanche per un giorno, trasformando Viale Rustaveli in un simbolo di resistenza. Le proteste hanno attraversato fasi diverse: inizialmente di massa, poi concentrate nella capitale con qualche centinaio di manifestanti durante l’estate, ma sempre presenti, sempre ostinate.

Il governo ha risposto con una repressione sistematica. Dall’inizio delle manifestazioni, 181 giornalisti sono stati feriti, attaccati dalla polizia o da bande di picchiatori. Telecamere di fabbricazione cinese installate davanti al parlamento identificano i manifestanti, che si vedono recapitare multe di migliaia di euro per “blocco del traffico”. Uno degli organizzatori ha accumulato 245.000 lari di sanzioni, circa 75.000 euro. La giornalista Mzia Amaghlobeli, fondatrice di testate indipendenti, è stata condannata a due anni di carcere dopo uno sciopero della fame di 38 giorni e ora soffre di gravi problemi alla vista.

Le accuse di Kobakhidze e gli “agenti stranieri”

Durante la conferenza stampa di ieri, domenica 5 ottobre, Kobakhidze ha alzato il tiro contro Bruxelles, accusando l’ambasciatore Ue Herczyński, diplomatico polacco in carica dal 2022, di aver coordinato e sostenuto il tentativo di sovvertire l’ordine costituzionale. La polizia ha arrestato una decina di stranieri di nazionalità ucraina, moldava e lettone, trovati in possesso di armi leggere, che secondo i primi interrogatori apparterrebbero a gruppi paramilitari neonazisti dei rispettivi Paesi. Il premier ha garantito che gli agenti stranieri responsabili dei disordini saranno puniti senza concessione di estradizione, con pene che vanno da cinque a dieci anni di reclusione.

L’accusa di ingerenza europea si inserisce in una strategia più ampia. Quest’anno il governo ha adottato una versione ancora più restrittiva della legge sugli “agenti stranieri”, ispirata alla normativa russa, rendendo punibili penalmente e non solo amministrativamente chi viola le regole. La legge ha preso di mira organizzazioni della società civile, media indipendenti e partiti di opposizione. 6 leader dell’opposizione sono stati arrestati a giugno da una commissione ministeriale istituita per individuare “i responsabili della guerra del 2008”. Una norma recente permetterà alla Corte costituzionale, sotto il controllo del Sogno Georgiano, di bandire i partiti di opposizione.

La divisione profonda del paese

La Georgia oggi è un paese lacerato tra due visioni incompatibili. Da una parte, il governo di Kobakhidze e il Sogno Georgiano dell’oligarca Bidzina Ivanishvili, che guidano il Paese verso un modello autoritario con stretti legami con Mosca. Dall’altra, una fetta consistente di popolazione – soprattutto urbana e giovane – che vede nell’Europa l’unica via per democrazia e prosperità. L’ex presidente Salomé Zourabichvili, fortemente europeista e rimpiazzata a dicembre 2024 da Mikheil Kavelashvili (anche lui ex calciatore come Kaladze), si è schierata apertamente con i manifestanti, definendo il tentato assalto al palazzo presidenziale “una messa in scena del regime per screditare i 310 giorni di protesta pacifica del popolo“.

L’opposizione politica al Sogno Georgiano appare frammentata e senza una strategia efficace. Il boicottaggio parziale delle amministrative è stato un fallimento: a Tbilisi, dove ha votato solo il 31% degli aventi diritto, un candidato unitario dell’opposizione avrebbe potuto contrastare Kaladze, che invece ha ottenuto una netta maggioranza. Dopo le parlamentari del 2024, i partiti di opposizione non sono riusciti a mobilitare i cittadini contro i brogli, lasciando che fosse paradossalmente il governo a scatenare le proteste con l’annuncio della sospensione dei negoziati europei. Da allora hanno accumulato sconfitte e ora non siedono nemmeno in parlamento, rifiutandosi di riconoscere la legittimità dell’assemblea.

La replica di Bruxelles e l’isolamento crescente

L’Unione europea ha respinto con fermezza le accuse di Kobakhidze. In una dichiarazione firmata dall’Alto rappresentante per la politica estera Kaja Kallas e dalla commissaria per l’Allargamento Marta Kos, il servizio diplomatico europeo ha condannato “la disinformazione sul ruolo dell’Ue in Georgia” e chiesto il rilascio immediato dei detenuti arbitrari. Il documento invita tutte le parti ad astenersi dalla violenza e chiede un “dialogo costruttivo e inclusivo”. Parole che suonano come un rituale ormai vuoto di fronte a un governo deciso a consolidare il proprio potere con ogni mezzo.

Kobakhidze ha dichiarato di essere “pronto a dimenticare tutto, a ripristinare le relazioni, a ripartire da zero”, offrendosi al dialogo “per il bene del Paese”. Ma la sua promessa di “neutralizzare completamente gli agenti stranieri” e la repressione continua raccontano una prospettiva diversa. Anche Paesi vicini hanno preso posizione: la neo-rieletta presidente moldava Maia Sandu ha espresso solidarietà ai manifestanti, ribadendo che “la democrazia non può essere zittita“. L’Ucraina ha manifestato preoccupazione per quella che definisce la “russificazione” della Georgia.

Mentre il Paese si allontana dall’Ue e si avvicina al Cremlino, i cittadini continuano a riempire Viale Rustaveli, sfidando cannoni ad acqua e telecamere cinesi, pur sapendo che l’Europa è ogni giorno più lontana.