Europa preoccupata per Trump, ma se il vero problema fosse Musk?

La diretta su X con la leader del partito di estrema destra tedesca Alice Weidel è solo l'ultima delle ingerenze del patron di X sulle elezioni europee. Cosa fa l'Europa?
11 ore fa
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Elon Musk su X
(IPA/Fotogramma)

Da mesi l’Europa è preoccupata per il secondo mandato di Trump alla Casa Bianca, e non a torto, ma se il vero problema fosse Musk? Il miliardario Usa, ormai considerato come un co-presidente di fatto, da settimane sta intervenendo sempre più spesso nelle vicende europee elargendo pareri, esortazioni ed endorsement non richiesti che rischiano di far pendere la bilancia dell’opinione pubblica da una parte o dall’altra, in ogni caso quella da lui desiderata. Il tutto, nel contesto dell’alto rischio fake news che caratterizza le piattaforme social, compresa X di cui Musk è proprietario.

L’Europa sta dunque cercando un modo per arginare questo attivismo, che rischia di minare l’assetto democratico del continente e che viene visto da molti come un’ingerenza negli affari interni di Stati sovrani.

Diretta su X con la leader dell’estrema destra tedesca: un vantaggio in vista delle elezioni di febbraio?

Un timore esploso con la decisione del miliardario di ospitare la ‘capa’ del partito di estrema destra tedesca Alternative fuer Deutschland Alice Weidel in una diretta streaming su X, cosa che ha portato leader e legislatori dell’Unione Europea a chiedere a Bruxelles di agire attraverso “tutti i mezzi legali disponibili” contro le intemperanze del magnare Usa e il pericolo disinformazione.

Al momento i sondaggi danno il partito radicale secondo alle elezioni tedesche del 23 febbraio, dopo i cristiani conservatori di Friederich Merz, ma il timore è che la visibilità data a Weidel la avvantaggi indebitamente, a scapito di forze democratiche.

Il problema non è tanto di contenuto: l’evento in streaming, che si terrà stasera, è coperto dalla libertà di parola e non è motivo di preoccupazione, ha detto lunedì il portavoce della Commissione Thomas Regnier. Il punto è se la diretta offrirà a Weidel un eccesso di visibilità rispetto agli altri leader e dunque un vantaggio. Ed è questo che la Commissione controllerà, ha aggiunto Regnier ricordando che le piattaforme molto grandi hanno un onere particolare per quanto riguarda i contenuti che pongono “rischi per i processi elettorali”.

Il portavoce ha aggiunto che la Commissione, le autorità di regolamentazione tedesche e X si incontreranno per una tavola rotonda il 24 gennaio per discutere i rischi legati alle elezioni di febbraio in Germania, e nello specifico se X dia un ingiusto impulso all’estrema destra.

L’eurodeputata tedesca dei Verdi Alexandra Geese ha spiegato il nocciolo della questione: “Elon Musk che chiacchiera con la leader dell’Afd Alice Weidel su X è coperto dalla libertà di espressione. La sua manipolazione algoritmica, che sta intenzionalmente inondando le timeline tedesche di X con propaganda di estrema destra e soffocando i contenuti progressisti, non lo è”.

Cosa aspetti, Europa?

Chiarita la natura del problema, e vista la crescente richiesta di contenere il potere delle piattaforma nella formazione e nella manipolazione dell’opinione pubblica, il problema è: quali mezzi ha a disposizione l’Europa per arginare Musk e X?

Oltre a protestare verbalmente, si intende, come hanno fatto il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre – che ha affermato che gli interventi di Musk, “un uomo con un enorme accesso ai social media”, sono “preoccupanti” -, il presidente francese Emmanuel Macron – secondo cui Musk sta sostenendo “un nuovo movimento reazionario internazionale” – o il vicepresidente esecutivo della Commissione Stéphane Séjourné – che in un’intervista a Politico ha detto che la prossima amministrazione Trump “deve tenere conto del fatto che anche gli altri Paesi hanno il diritto di scegliere i loro leader in modo sovrano, democratico e senza interferenze“.

La premier Giorgia Meloni invece oggi nella conferenza stampa di fine anno, diventata di inizio anno, ha detto che Musk non è un pericolo per la democrazia e che “non si intromette come Soros”, il magnate noto anche per aver finanziato partiti di sinistra. “Musk è una persona molto nota e facoltosa che esprime le sue posizioni”, ha spiegato aggiungendo che “il problema è quando delle persone facoltose utilizzano quelle risorse per finanziare partiti ed esponenti politici per condizionare le scelte politiche. Questo non lo fa Musk, questo lo fa Soros e quando è accaduto si è parlato di filantropi (…). Lo considero molto più ingerente di Elon Musk”.

Il ruolo del Dsa

In ogni caso certamente Musk non si fa impressionare dalle critiche, perciò se l’Unione europea vuole fare qualcosa dovrà mettere in campo qualcosa di più concreto. Ovvero, il Digital Service Act, la legge sui servizi e sui mercati digitali che è la più adatta per valutare se l’uomo più ricco del mondo rappresenti un rischio per le elezioni europee.

Già lo scorso luglio la Commissione ha già avvisato X di violazioni al Dsa, secondo una valutazione preliminare a cui però (ancora) non ha fatto seguito un’azione legale. Ma non ci sono precedenti sulla materia di questi giorni, per cui attualmente nessuno può dire con certezza se le azioni di Musk violino o meno la legge. Gli esperti, tuttavia, ritengono che se il sistematico vantaggio dato a qualcuno porta rischi come un aumento dell’incitamento all’odio o l’indebolimento del pluralismo, le autorità di regolamentazione potrebbero sostenere che X sta venendo meno ai suoi obblighi di mitigazione del rischio ai sensi del Dsa.

Thierry Breton, ex commissario Ue all’industria, ha le idee chiare e sabato ha detto- su X – che la diretta di stasera dà a Weidel un vantaggio “significativo e prezioso” rispetto ai rivali e ha ricordato a Musk i suoi obblighi dati dalla legge europea.

Il rischio di uno scontro con Washington

Se quindi sembra che un’azione si possa trovare nella cornice del Dsa e del Codice di condotta contro la disinformazione – quest’ultimo però non vincolante – rimane tuttavia un secondo problema: c’è la volontà politica di portare avanti indagini che provocherebbero inevitabilmente una risposta feroce di Musk e che aprirebbero un fronte caldo con Washington?

Non va dimenticato infatti, e l’Europa certo non lo fa, che il magnate non solo è una sorta di presidente ombra, stretto consigliere di Trump, ma avrà anche un posto nella nuova amministrazione che si insedierà ufficialmente il 20 gennaio (sarà capo del Dipartimento per l’efficienza del governo, DOGE).

Questo significa due cose: la prima è che le opinioni di Musk possono essere interpretate come quelle del presidente entrante, e in effetti ieri, in una conferenza stampa nella sua tenuta di Mar-a-Lago in Florida, il presidente eletto ha affermato che il suo braccio destro sta “facendo un ottimo lavoro” e ha dichiarato di ignorare gli attacchi specifici del suo principale donatore ai leader d’oltreoceano.

La seconda è che una reazione forte – indagini massicce o, non sia mai, una multa – può compromettere le relazioni con gli Usa, già complesse per via delle minacce di inasprire dazi che Trump sparge a piene mani da mesi.

Una situazione delicata, resa ancora più delicata dalle ultime uscite del tycoon, che ha fatto sapere di non escludere la forza militare o la coercizione economica per ottenere il controllo della Gronlandia.

E mentre l’Unione europea tiene un profilo basso, arrivando a ignorare queste uscite augurandosi forse che lascino il tempo che trovano, l’onere di far rispettare il Dsa spetta alla nuova commissaria Henna Virkkunen, che ha preso il posto di Breton dopo le sue dimissioni la scorsa estate.