“L’euro digitale è l’espressione digitale del contante. Sostenere che il denaro digitale sia una bomba nucleare, penso che sia un po’ esagerato. Non abbiamo bombe nucleari in tasca, per quanto ne so“. Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (Bce), durante la conferenza stampa del 24 luglio seguita all’annuncio che i tassi sarebbero rimasti invariati è tornata a parlare di euro digitale.
Il progetto, avviato dall’Eurosistema (Bce e Banche centrali dei 20 Paesi dell’Eurozona) nel 2021, negli ultimi mesi sta prendendo una certa accelerazione, e si è cominciato a discuterne molto anche fuori dal circolo degli addetti ai lavori.
Perché nel momento in cui andasse in porto, riguarderà tutti gli europei. Non mancano timori e critiche, da una parte perché è complesso chiarire di cosa si stia parlando, dall’altra perché l’euro digitale viene considerato dai detrattori come “espressione del controllo (per parafrasare Lagarde)” da parte dell’Ue sui cittadini del blocco. Critiche rispedite al mittente dalla francese, per la quale, appunto, “non abbiamo bombe nucleari in tasca, per quanto ne so”.
Incertezza, Donald Trump, criptovalute
Quello che si sa, invece, è il contesto che sta spingendo ad accelerare sul progetto dell’euro digitale e che si può riassumere con tre parole, peraltro correlate tra loro: incertezza, Donald Trump, criptovalute. Con il presidente degli Usa a fare da minimo comun denominatore tra tutte, anche se non è l’unico elemento destabilizzante sulla piazza, né l’unico motore delle mutate dinamiche globali.
Durante la conferenza stampa Lagarde lo ha detto chiaramente: “Tra i rischi principali vi sono l’ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali su scala mondiale e le incertezze a queste associate, e le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medio Oriente”.
Dunque, ha continuato, è “più che mai essenziale rafforzare con urgenza l’area dell’euro e la sua economia”, attraverso maggiore produttività, competitività, riforme strutturali e investimenti strategici.
Ma è anche attraverso “l’unione dei risparmi e degli investimenti e l’unione bancaria”, e la definizione “in tempi rapidi il quadro legislativo per la possibile introduzione di un euro digitale”.
Ue in cerca dell’autonomia strategica
Anche rimanendo agli ultimi mesi, in molte occasioni la presidente della Bce ha espresso la necessità di proseguire e accelerare con l’euro digitale, in quanto strumento funzionale all’autonomia strategica dell’Eurozona. Un euro digitale infatti ridurrebbe la sua dipendenza da fornitori esterni (Usa) per i sistemi di pagamento, una dipendenza che la pone alla mercé dei cambiamenti geopolitici anche più impensabili, come la sterzata trumpiana all’ordine internazionale e all’Alleanza atlantica ha reso evidente.
L’euro digitale, spiega la Bce, darebbe a Bruxelles un sistema di pagamenti autonomo. “Ciò che è particolarmente preoccupante in Europa è che il divario lasciato dal calo dell’uso del contante viene colmato da soluzioni di pagamento extraeuropee”, ha sottolineato lo scorso 14 luglio Pietro Cipollone, membro del Comitato esecutivo della Bce, alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.
“Per i pagamenti con carta, solo sette dei 20 paesi dell’area dell’euro dispongono di un circuito nazionale. Questi circuiti non possono essere utilizzati in altri Paesi dell’area dell’euro e stanno anche perdendo quote di mercato a livello nazionale”, ha spiegato ancora.
In sostanza, “la nostra sovranità monetaria si sta erodendo”, ha continuato Cipollone. “Una forma digitale di denaro contante proteggerebbe la nostra sovranità e garantirebbe che la nostra unione monetaria sia anche un’unione monetaria digitale”.
Criptovalute destabilizzanti
Altro punto caldo: le criptovalute. Come ha avvisato Lagarde lo scorso giugno in audizione all’Europarlamento, “il sistema finanziario internazionale sta entrando in un territorio inesplorato”, una dinamica di cui è un elemento centrale “la rapida ascesa delle criptovalute e delle stablecoin (un tipo di criptovaluta ancorato al valore di un altro asset come l’oro o una valuta fiat (ad esempio il dollaro), cosa che le rende più stabili, ndr)”.
Le stablecoin infatti “spesso fungono da punto di ingresso ai cripto-asset” e al trading ad esse collegato, ha spiegato la francese; inoltre “attirano gli utenti promettendo pagamenti transfrontalieri aziendali e al dettaglio più rapidi ed economici”.
Ma l’assenza di regole globali apre a possibili punti ciechi per l’economia. Non va scordato che le nostre valute sono legate al dollaro. E che al momento “il 99% delle stablecoin è denominato in dollari statunitensi“, ha ricordato Lagarde.
“Le stablecoin sono emesse privatamente e comportano in particolare rischi per la politica monetaria e la stabilità finanziaria”, ha continuato la presidente della Bce, sottolineando anche che, sebbene “per ora i rischi per la stabilità finanziaria dell’area dell’euro derivanti dalle criptovalute appaiano limitati“, “il rapido ritmo degli sviluppi, unito alle lacune nei dati che potrebbero creare punti ciechi, richiede un monitoraggio più attento“.
Insomma, per Lagarde le stablecoin devono “essere disciplinate da regole sane, soprattutto quando operano a livello internazionale”.
Il Genius Act di Trump farà esplodere le stablecoin
E proprio pochi giorni prima della conferenza stampa in cui Lagarde ha parlato (anche) di euro digitale, qualcuno s’è mosso nella direzione di regolare la materia: gli Stati Uniti di Trump che, non scordiamo, ha avvisato che vuole fare degli Usa la capitale mondiale delle criptovalute (e che deve grossa parte dei finanziamenti per la propria campagna elettorale presidenziale ad operatori del settore, oltre ad avere una società attiva e molto redditizia nel campo).
Il presidente Usa, infatti, il 18 luglio ha firmato il Genius Act, già approvato in via definitiva dal Congresso. L’atto (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins) crea nuove regole per le stablecoin, con l’obiettivo di sdoganarle definitivamente come metodo di pagamento alternativo alle monete fiat. E dunque aprendo al loro sviluppo: secondo il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent, il Genius act favorirà l’economia delle stablecoin, un mercato che potrebbe schizzare dagli attuali 195 miliardi di dollari a oltre 2mila miliardi (e c’è chi parla di 3mila).
L’intenzione di Trump è quella di fare delle stablecoin una specie di ‘dollaro digitale’, portare “afflussi immediati in favore dei Treasury (titoli di Stato americani)” e rafforzare lo status del dollaro. Tuttavia, secondo molti analisti si tratta di una scommessa che potrebbe portare piuttosto a un ridimensionamento della moneta americana come valuta di riserva mondiale.
Quello su cui c’è consenso è il fatto che la regolamentazione, come il Genius Act, farà esplodere le stablecoin, dapprima negli Usa e poi ovunque: anche banche e fintech più tradizionali si stanno preparando a entrare nel business.
Lagarde: “Euro digitale priorità strategica”
Ma come ha sottolineato Lagarde, la proliferazione incontrollata delle stablecoin potrebbe destabilizzare il sistema finanziario, a quel punto ‘invaso’ da numerosi emittenti di monete ad affidabilità variabile, compresi privati (aziende tecnologiche e start-up crittografiche), con la possibilità paventata da alcuni esperti di trovarsi in scenari estremi con vendite a catena di titoli Usa e corse agli sportelli.
Ecco perché la presidente dell’Eurotower già la scorsa primavera aveva definito il progetto dell’euro digitale di “importanza critica e più rilevante e imperativo che mai, una priorità strategica”: in sintesi, sarebbe un’alternativa ai circuiti di pagamento internazionali usati oggi e fungerebbe da stabilizzatore e baluardo di fronte sia all’ascesa di stablecoin e bitcoin, sia a nuove iniziative portate avanti da privati, tra i quali le piattaforme tecnologiche con miliardi di utenti (vedi Meta o Amazon, già interessate alla questione). Inoltre, aiuterebbe l’euro ad assumere il ruolo di moneta globale al posto del dollaro.