Elezioni Francia, ‘barrage’ contro RN. Le Pen: “Golpe amministrativo contro la volontà degli elettori”

Record di sfide a tre nei collegi, Macron e le sinistre scelgono la desistenza per sbarrare la strada al Rassemblement National, mai così vicino a conquistare il governo
2 giorni fa
4 minuti di lettura
Jordan Bardella
Jordan Bardella, presidente di RN (Foto Lafargue Raphael/ABACA / ipa-agency.net / Fotogramma)

Francia: sono le ultime ore per mettere a punto la strategia di sbarramento anti-estrema destra, quest’ultima in piena ascesa in queste elezioni lampo indette a sorpresa dal presidente Emmanuel Macron dopo la cocente sconfitta alle europee. Il primo turno si è tenuto domenica scorsa e ha visto in testa Rassemblement National, seguito dalla coalizione di sinistra Nouveau Front Populaire e, in pieno tracollo, Ensemble, la coalizione centrista del presidente.

Fino alle 18 di oggi pomeriggio, i partiti hanno tempo per presentare la propria lista dei candidati che domenica prossima si contenderanno il seggio nei collegi che non sono stati assegnati subito.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno francese, sono stati già attribuiti 76 seggi su 577. RN ha ottenuto 38 deputati eletti, tra cui Marine Le Pen, e ha 297 candidati in testa al primo turno. Nei restanti collegi risultano 190 duelli, 306 triangolari e 5 quadrangolari, ovvero collegi dove sono in corsa 3 o addirittura 4 sfidanti.

Una situazione resa possibile dalla particolare legge elettorale francese e dall’alta affluenza al voto (oltre il 66%) e che evidenzia con grande chiarezza il caos in cui versa il Paese in questo momento. Per fare un confronto, nelle legislative del 2022 i triangolari sono stati otto e nel 2017 uno, mentre il precedente record risale al 1997 ma non c’è storia: furono solo 76.

Il fronte anti-RN

Ecco perché è ancora incerto se RN avrà o meno la maggioranza assoluta. Il campo macroniano e le sinistre infatti si stanno accordando per rinunciare in maniera strategica ai propri candidati arrivati terzi in modo da massimizzare le possibilità di vittoria contro l’estrema destra.

Fin dai primi exit poll domenica sera i leader hanno cominciato a parlare di desistenza e a chiamare alle armi contro il pericolo nero, una battaglia da combattere sia a livello di elettori, a cui si chiede di andare a votare, sia a livello di apparato, con la scelta di puntare tutte le fiches solo su alcuni candidati – polarizzando ancora di più la scelta.

In questo modo infatti gli elettori avrebbero da una parte la persona proposta dall’estrema destra e dall’altra quella che fa capo o al centro o all’estrema sinistra.

Macron ha sottolineato con forza che per lui “è tempo, di fronte al Rassemblement National, di un grande blocco, democratico e repubblicano per il secondo turno”.

L’esponente socialista Raphaël Glucksmann, artefice della creazione del Nuovo Fronte popolare, ha detto: “La storia ci guarda e ci giudica. Ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità. Vogliamo, sì o no, che l’estrema destra prenda il potere al ballottaggio per la prima volta? È l’unica cosa che conta. Tutte le identità politiche, sinistra e destra, svaniscono di fronte a questa clamorosa questione”. E ancora: “Siamo preparati a consegnare il nostro Paese, il Paese di Victor Hugo, Voltaire, Rabelais, alla famiglia Le Pen? Per questo chiediamo anche agli aventi diritto di votare, senza ambiguità e senza esitazione, per i repubblicani democratici, che siano di destra o di sinistra, per fermare RN. Abbiamo sette giorni per evitare una catastrofe tale che la Francia non ha mai dovuto affrontare nella sua storia”.

190 candidati hanno già rinunciato

La cosa però non è così liscia: nella coalizione macroniana ci sono state delle prese di distanza: il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha detto che lui la sinistra non la vota, mettendo il radicale Mélenchon e Bardella/Le Pen sullo stesso piano. Una scelta molto criticata e che sicuramente aumenta l’entropia di tutta la situazione e la confusione degli elettori. Anche l’ex premier Edouard Philippe, leader di Horizons (della coalizione centrista), ha chiarito: “Nessun voto dovrebbe andare ai candidati di RN, né a quelli de La France Insoumise, con i quali divergiamo non solo sui programmi ma sui valori fondamentali”. Una linea che però potrebbe favorire RN.

Al momento, secondo i dati del Ministero dell’Interno francese, 190 candidati avrebbero rinunciato, tra cui 123 della sinistra e 64 del campo presidenziale, come ad esempio, fa sapere Le Figaro, le tre ministre Sabrina Agresti-Roubache, Marie Guévenoux e Fadila Khattabi. Inoltre, nel Calvados il candidato di La France Insoumise si è ritirato per favorire l’elezione contro RN dell’ex primo ministro Elisabeth Borne. Stesso approccio a Tourcoing, dove il candidato nominato da NFP ha rinunciato per non correre il rischio di vedere RN battere il ministro degli Interni Gerald Darmanin.

Al contrario, ha già deciso di non ritirarsi la candidata di Ensemble Sylvie Casenave-Péré, arrivata terza dietro alla sorella di Marine Le Pen, Marie-Caroline (RN), e al Nouveau Front Populaire.

Le Pen: “Golpe amministrativo contro la volontà degli elettori”

Di fronte a questo risiko, e soprattutto alle voci che circolano sulla volontà del capo dell’Eliseo di voler “contrastare il voto degli elettori, i risultati delle elezioni” formando un governo di coalizione, Le Pen è insorta: “E’ golpe amministrativo contro la volontà degli elettori“.

Sul fronte anti-Le Pen che si sta coagulando in queste ore si è espressa ieri anche Meloni che, sentita dall’Adnkronos, l’ha definito un “tentativo costante di demonizzare e di mettere all’angolo il popolo che non vota per le sinistre. È un trucco che serve a scappare dal confronto sul merito delle diverse proposte politiche. Ma è un trucco in cui cadono sempre meno persone… lo abbiamo visto in Italia, si vede sempre di più in Europa e in tutto l’Occidente”.

Mentre a livello europeo per ora non ci si sbilancia, anche se tutti sono col fiato sospeso: “Non commentiamo mai i risultati delle elezioni negli Stati membri”, si è limitato a dire il portavoce della Commissione Europea Eric Mamer. “Occorre aspettare la sera del 7 luglio, ma se con le desistenze la ‘tagliola’ del doppio turno farà il suo lavoro, appare poco probabile, allo stato, che Jordan Bardella, il giovane figlio di immigrati italiani scelto da Marine Le Pen come ‘delfino’, possa arrivare a conquistare il governo del secondo Paese dell’Ue”, ha concluso.

Intanto Le Pen assicura che non entrerà a fare parte di un eventuale governo di Jordan Bardella, che non si candiderà per la presidenza dell’Assemblea nazionale e che rispetterà il ruolo di premier del 28enne presidente del Rassemblement National.

Bardella, tra l’altro, ha sempre detto che non accetterà di diventare premier se non avrà la maggioranza assoluta, ma forse qualcosa potrebbe cambiare: oggi Sebastien Chenu, esponente di RN, ha dichiarato che il partito è pronto a governare anche con una maggioranza relativa.

Si procede così a grandi passi verso il momento della verità, domenica prossima. Nel frattempo, in mezzo a tante incertezze, quello che appare certo è che per il campo presidenziale si tratta di un fallimento totale. Dai 250 seggi che Ensemble aveva solo 3 settimane fa rischia infatti di ottenerne ora un’ottantina. Un messaggio chiaro e forte. La fine del macronismo se non anche di Macron.

Gli ultimi articoli