A oltre trent’anni dalla fine del regime comunista, l’Albania affida per la quarta volta consecutiva il governo a Edi Rama. Con il 51,8% dei voti secondo gli exit poll, il Partito Socialista ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (79 su 140), distanziando nettamente la coalizione conservatrice guidata da Sali Berisha, ferma al 38% (54 seggi) (i risultati definitivi delle elezioni saranno pubblicati dalla Commissione Elettorale Centrale entro 48 ore dalla chiusura dei seggi, ndr). Un risultato che consolida una leadership decennale e rafforza l’attuale indirizzo politico centrato sull’integrazione europea e sulle riforme istituzionali.
Il voto si è tenuto domenica 11 maggio in un contesto di alta sorveglianza civile e politica. Per la prima volta nella storia democratica del Paese, anche i cittadini albanesi residenti all’estero hanno potuto partecipare al voto. Questa apertura, unita all’assenza di exit poll da parte dei principali media nazionali, ha reso l’appuntamento elettorale uno dei più osservati e discussi degli ultimi anni nei Balcani occidentali.
La campagna pro-Europa di Rama per l’Albania del 2030
Edi Rama ha impostato l’intera campagna su un messaggio di continuità con le riforme degli ultimi anni, associando la stabilità interna al percorso di adesione all’Unione Europea. Il Partito Socialista ha promosso il programma “Albania 2030 nella Ue“, enfatizzando gli obiettivi raggiunti durante la legislatura in corso: l’apertura di 16 dei 35 capitoli negoziali previsti dall’acquis comunitario e il consolidamento delle relazioni con Bruxelles, Roma e Berlino.
Lo slogan è stato rilanciato pubblicamente il 12 aprile, in Piazza Skanderbeg a Tirana, dove è stato organizzato un evento simbolico con le 12 stelle della bandiera europea proiettate nel cielo a rappresentare i 12 distretti del Paese.
Tra i punti principali della piattaforma socialista anche la digitalizzazione dei servizi pubblici, l’aumento della trasparenza amministrativa e la lotta alla corruzione, elemento prioritario nei rapporti con l’Ue. Rama ha sostenuto la necessità di una cooperazione strutturata tra i Paesi dell’Europa meridionale, anche in materia di gestione migratoria. L’accordo con il governo italiano per l’apertura dei centri di transito a Shengjin e Gjader è stato uno dei temi centrali del confronto politico nazionale e internazionale.
Il ritorno di Berisha
Dopo oltre un decennio di divisioni interne, il centrodestra si è presentato unito alle elezioni sotto l’etichetta “Alleanza per una Magnifica Albania”, con a capo l’ottantenne Sali Berisha. Il fronte conservatore, tuttavia, non ha ottenuto il risultato sperato, fermandosi al 35% secondo i risultati preliminari e subendo una perdita significativa rispetto al precedente ciclo elettorale.
La campagna elettorale dell’opposizione si è sviluppata attorno a temi di carattere identitario e populista, con lo slogan “Make Albania Great Again” e il supporto strategico di Chris LaCivita, consulente politico noto per il suo lavoro nelle campagne presidenziali statunitensi. Berisha, rilasciato dagli arresti domiciliari a fine 2023 dopo essere stato incriminato per corruzione, ha cercato di mobilitare la base storica del Partito Democratico e attrarre il voto di protesta.
A complicare il quadro per l’opposizione è stata la posizione giudiziaria di altri leader della coalizione, in particolare dell’ex presidente Ilir Meta, attualmente detenuto. In parallelo, alcune forze minori come Mundësia (guidata da Agron Shehaj) e il Movimento Insieme (guidato da Arlind Qorri) hanno raccolto un numero limitato di consensi, conquistando insieme circa 7 seggi.
La diaspora al voto per la prima volta
Per la prima volta nella storia elettorale albanese, anche i cittadini residenti all’estero hanno potuto votare ufficialmente. Secondo la Commissione Elettorale Centrale, su circa 245.935 elettori registrati nella diaspora, hanno effettivamente votato 191.912 persone, con modalità postale, pari al 78% degli aventi diritto.
L’inclusione della diaspora rappresenta una svolta istituzionale importante e risponde a richieste storiche avanzate da comunità albanesi in Italia, Grecia, Germania e Regno Unito. Il voto estero è stato introdotto per garantire maggiore rappresentatività e contribuire a rafforzare il legame tra il Paese e i suoi cittadini emigrati.
Tuttavia, la novità ha sollevato anche interrogativi tecnici e politici. Innanzitutto, non esistono ancora strumenti di monitoraggio pubblico affidabili sulla distribuzione geografica e politica di questo voto, che in assenza di exit poll disaggregati rimane di difficile interpretazione. Inoltre, alcune organizzazioni della società civile hanno segnalato criticità nei meccanismi di verifica dell’identità e nella gestione logistica delle schede.
In termini di impatto, il voto della diaspora potrebbe aver inciso in modo significativo in alcune circoscrizioni con forte emigrazione, soprattutto nei distretti settentrionali e costieri. Non è escluso che questa nuova partecipazione influenzi già da ora il dibattito sulle future riforme elettorali e sulla rappresentanza parlamentare riservata agli albanesi all’estero.
L’Albania al centro dell’Adriatico
Le elezioni parlamentari si sono svolte in un momento di particolare esposizione internazionale per l’Albania. Le prime tre tappe del Giro d’Italia 2025 si sono disputate nel Paese, portando l’attenzione mediatica europea su Tirana, Durazzo e Valona. La concomitanza con il voto parlamentare ha evidenziato la crescente strategia di posizionamento geopolitico e culturale del governo Rama.
Negli ultimi due anni, l’Albania ha rafforzato le relazioni bilaterali con l’Italia, la Grecia e i Paesi dell’Europa centrale. L’accordo per la gestione congiunta di due centri per migranti in territorio albanese, firmato con Roma, è stato oggetto di ampio dibattito politico, ma ha anche segnato un ulteriore passo nel processo di cooperazione euro-adriatica.
Il settore turistico albanese ha beneficiato in parallelo di una crescita costante: nel triennio 2022–2024, il numero di visitatori stranieri è aumentato di oltre il 30%, con l’Italia come primo Paese di provenienza. Iniziative culturali e promozionali hanno contribuito a modificare la percezione internazionale dell’Albania, non più associata esclusivamente alle crisi migratorie degli anni ’90, ma progressivamente riconosciuta come attore emergente e affidabile nella regione.
L’ampia vittoria del Partito Socialista rafforza questa traiettoria. Il voto del 2025, segnato da un’inedita partecipazione della diaspora e da un’attenzione internazionale senza precedenti, non si è limitato a confermare una leadership: ha ribadito l’intenzione del Paese di consolidare il proprio ruolo politico, economico e culturale al centro dell’Adriatico e nel più ampio contesto europeo.