The Economist, il futuro dell’Europa in mano a tre donne. Meloni ago della bilancia

Ursula von der Leyen e Marine Le Pen hanno entrambe motivo per corteggiare Giorgia Meloni, dalle cui scelte dipenderà l'assetto conservatore o la deriva estremista
5 mesi fa
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Giorgia Meloni
La presidente del consiglio Giorgia Meloni (IPA/Fotogramma)

Tre donne plasmeranno l’Europa. Il settimanale inglese The Economist dedica loro la copertina dell’uscita di questa settimana, focalizzata sulle elezioni europee in programma il 6-9 giugno. Posta significativamente al centro del terzetto, c’è Giorgia Meloni. Ai suoi lati, rivolte entrambe verso di lei che diventa una sorta di ‘ago della bilancia’, ci sono Ursula von der Leyen, presidente in carica della Commissione europea e candidata al bis in vista delle prossime votazioni, e Marine Le Pen, leader del partito populista francese Rassemblement National.

Tre donne che, sottolinea la rivista, dovranno affrontare un dilemma: come gestire il populismo, che peraltro, quanto meno Meloni e Le Pen, hanno contribuito a creare a hanno cavalcato ma che rischia di diventare molto difficile da maneggiare.

L’Europa infatti si trova ad affrontare questioni particolarmente complesse, prime tra tutte la guerra con la Russia, che da oltre due anni imperversa alle sue porte orientali e che la sta mettendo di fronte a scelte difficili e delicate come quelle legate alla difesa comune, forse alla creazione di un esercito paneuropeo, e la possibile rielezione di Trump, che tra le altre cose vuole indebolire la Nato.

Ma in un mondo in policrisi, sono tante le partite da giocare: dall’immigrazione ai cyberattacchi, dalla competitività messa in crisi da una concorrenza globale sempre più feroce al cambiamento climatico che in modo crescente sta mostrando la sua violenza.

Una leadership coerente e stabile per l’Europa

Quello che serve all’Europa dunque è una leadership coerente, senza spinte centripete euroscettiche ed estremiste. La von der Leyen, che guida la Commissione europea dal 2019, si merita il secondo mandato, sostiene il settimanale inglese concedendole di fatto un endorsement: “Ha fatto un buon lavoro: ha organizzato la forte risposta collettiva dell’UE all’aggressione di Vladimir Putin e ha contribuito ad approfondire l’integrazione europea in un momento cruciale, ad esempio spingendo un programma innovativo per emettere debito comune. Conservatrice tedesca dalla mente fredda, ha anche messo la Commissione europea al centro del processo decisionale quando le relazioni franco-tedesche sono state spinose”.

Ma la posizione della tedesca al momento non è facilissima. La von der Leyen gode sulla carta dell’appoggio dei gruppi conservatori, liberali e socialisti che attualmente formano l’establishment politico. Ma i sondaggi prevedono una netta avanzata dei partiti più estremisti, nonché euroscettici, quindi dipenderà tutto, ovviamente, dall’esito delle elezioni di giugno. Senza contare poi scandali come il Pfizergate che potrebbero indebolirla. La tedesca infatti necessita del consenso dell’Europarlamento, quindi di una maggioranza, e dell’appoggio dei leader dei 27 Paesi membri.

Non è dunque un caso che abbia recentemente aperto alla Meloni, il cui partito di estrema destra, Fratelli d’Italia, è favorito alle elezioni e dunque potrà diventare un prezioso sostegno parlamentare. “Ho lavorato molto bene con Giorgia Meloni”, ha detto la scorsa settimana la von der Leyen, scatenando peraltro le ire dei liberali e della sinistra.

Meloni ago della bilancia

E se è vero che la Meloni è discutibile sotto molti punti di vista, non ultimo per le sue amicizie con l’estremista Orban, l’Economist in modo pragmatico riconosce che rifiutare a priori una collaborazione con lei potrebbe essere un autogol per i moderati. Intanto le due politiche sono già state d’accordo su temi come l l’immigrazione clandestina e il sostegno all’Ucraina, quindi non è impensabile trovare un terreno comune.

Poi ci sarebbe un altro vantaggio per i moderati se riuscissero a ottenere il sostegno della Meloni: spaccare la destra sovranista nelle sue componenti meno estreme e più estreme, destra peraltro già scaricata da Marine Le Pen, che nella cover dell’Economist completa il terzetto che ha in mano il pallino del futuro europeo.

La Le Pen guida a sua volta un partito, il Rassemblement National, dato per favorito alle elezioni. Ma i suoi obiettivi sono diversi rispetto alla presidente della Commissione. La francese infatti vorrebbe creare un super gruppo di nazionalisti per spingere a destra l’Unione. E anche qui, la Meloni si trova a giocare un ruolo chiave. Motivo in più, per l’Economist, perché la von der Leyen porti dalla sua parte, e quindi verso posizioni più centriste, la Meloni.

Se l’obiettivo è arginare l’ondata populista, il paradosso è che le scelte siano in mano a donne che hanno sfruttato l’estremismo per acquisire consenso e potere. Per il New York Times, ad esempio, l’estrema destra vuole conquistare l’Europa e la Meloni sta aprendo la strada.

Va comunque notato che, nel momento in cui è diventata premier in Italia, la Meloni ha smussato i toni e anche le opinioni, in un equilibrio a volte difficile con la sua storia politica e la sua base, e anche Le Pen, che aspira a vincere le prossime elezioni presidenziali in Francia nel 2027, ha dovuto spostarsi su posizioni relativamente ‘moderate’.

Rimane comunque il dilemma di come gestire il populismo proposto dall’Economist. Tirata di qua, tirata di là, la Meloni a questo punto diventa l’ago della bilancia, l’elemento che potrebbe decidere gli equilibri futuri. Dalle sue scelte, in sostanza, dipenderà da che parte andrà l’Europa, se verso una leadership stabile e moderata oppure verso una deriva sovranista ed estrema, probabilmente destabilizzante, che potrebbe non riuscire a rispondere alle sfide che assediano l’Europa.

“Se fanno la scelta sbagliata, i centristi europei potrebbero destabilizzare l’UE e contribuire a creare ciò che temono da tempo: un movimento di estrema destra unito e pancontinentale. Per evitarlo, varrebbe la pena trattare con la signora Meloni”, conclude l’editoriale dell’Economist.