Dalla Commissione Ue semaforo verde al debito tedesco: ok al maxi piano di spesa

L’Ue approva l’allentamento del freno al debito per spesa militare, infrastrutture e clima. Critiche per il presunto trattamento di favore
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Friedrich Merz Congresso Cdu
Friedrich Merz al Congresso della Cdu (Afp)

La Commissione europea ha dato l’ok al maxi piano di spesa della Germania, che prevede investimenti per centinaia di miliardi di euro, consentendole quindi di violare i limiti di spesa imposti dalle regole comunitarie. Ok anche al ricorso alla clausola di salvaguardia per aumentare la spesa in difesa.

Berlino da parte sua ha accettato di estendere il piano su un orizzonte di sette anni, invece dei quattro originariamente previsti, di ridurre la burocrazia e aumentare l’accoglienza di migranti altamente qualificati.

Quello tedesco era l’ultimo dei Ventisette piani di spesa valutati dalla Commissione nell’ambito della sua procedura di bilancio annuale. A novembre, è attesa una valutazione preliminare.

Maxi piano di investimenti espandendo deficit e debito pubblico

Il piano di bilancio 2025-2029 (2031) tedesco prevede di risollevare le sorti dell’economia tedesca, peraltro minacciate dalla profonda crisi del settore automotive, dai dazi di Trump e dalla sovracapacità produttiva cinese, investendo in difesa e infrastrutture 500 miliardi (di cui 100 per il clima). Il tutto, espandendo il debito pubblico e il deficit. Questi, secondo le previsioni, aumenteranno nei prossimi anni e diminuiranno nel lungo termine.

In particolare, in base alle stime, il debito della Germania salirà dal 64% del 2025 al 66,5% del 2029, per poi diminuire; lo stesso il rapporto deficit/Pil, che dopo un picco del 3,8% nel 2026 si ridurrà all’1,9% nel 2029 e all’1,1% nel 2032, e la spesa netta, che crescerà in media del 2,9% nel quinquennio 2025-2029 e del 2,8% su sette anni. Questo al netto dell’impatto della clausola di salvaguardia, che verrà calcolato separatamente.

Le polemiche: favoritismo verso la Germania

Stando così le cose, il maxi piano tedesco implica un epocale allentamento del freno al debito previsto dalla Costituzione tedesca, il cosiddetto ‘bazooka‘ fiscale approvato lo scorso marzo, subito dopo l’elezione del nuovo cancelliere Friedrich Merz.

Per Bruxelles il bazooka è conforme alle norme fiscali del blocco, e non verrà aperta una procedura per deficit eccessivo nei confronti della Germania, in quanto l’impennata della spesa pubblica si prevede temporanea e non in grado di creare rischi per la stabilità fiscale del Paese. Un’opinione, va detto, non condivisa da tutti gli analisti.

La decisione comunque non è passata senza polemiche e sospetti di favoritismo verso la Germania in quanto Paese più potente del blocco. Impossibile anche ignorare che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, oltre che tedesca è anche collega di partito del cancelliere (entrambi fanno parte della Cdu – di cui Merz è leader-, ovvero i cristiano-democratici, che nell’Europarlamento siedono tra i Popolari).

Ok anche alla clausola di salvaguardia per le spese militari tedesche

Discorso a parte per le spese militari. La clausola di salvaguardia per cui è arrivato l’ok di Bruxelles prevede che gli Stati possano sforare i massimi di spesa fissati dal Consiglio Ue, ma solo per quattro anni, non oltre l’1,5% del Pil, e solo per le spese per la difesa. Oltre alla Germania, 15 Paesi hanno fatto richiesta di ricorrere a questa possibilità, offerta dalla Commissione nell’ambito di un più ampio sforzo di riarmo.

A marzo il cancelliere è riuscito a far approvare in Parlamento una riforma storica che consente di sforare il debito, che come accennato è regolato anche a livello di Costituzione, per le spese per la difesa superiori all’1% del Pil. Superato il tradizionale freno al debito, potranno essere messi in campo centinaia di miliardi.

D’altronde Merz lo scorso maggio è stato chiaro: intende creare il più forte esercito convenzionale del continente, e per riuscirci è pronto ad aumentare il bilancio militare dal 2,4% di quest’anno al 3,5% del 2029. Sullo sfondo, l’impegno al 5% del Pil deciso al vertice Nato a L’Aja lo scorso giugno.

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