Crisi in Francia, Macron “alla fine della strada”? Ecco le opzioni in mano al presidente

Dopo le dimissioni lampo del fedelissimo Lecornu il Paese è di nuovo senza governo, e, mentre da più parti si chiedono le sue dimissioni, le scelte per il presidente francese si restringono
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Emmanuel Macron pensieroso
Emmanuel Macron in un'immagine di repertorio (Afp)

Le telecamere della tv francese lo hanno ‘pizzicato’ mentre passeggiava, da solo, lungo la Senna, in cerca probabilmente di ispirazione. Un’immagine che restituisce la situazione di grossa difficoltà in cui si trova il presidente francese Emmanuel Macron, che ieri ha accettato le dimissioni lampo del terzo primo ministro in poco più di un anno, il quinto dalla sua rielezione nel 2022. Scellerata fu, lo hanno detto in molti, la decisione di indire elezioni anticipate dopo i risultati negativi della sua coalizione al voto europeo di giugno 2024. Da allora, per il titolare dell’Eliseo e per la Francia tutta, ma anche per l’Unione europea, è stato un crescendo di disastri. Con un’Assemblea Nazionale frammentata, una legge di bilancio dura e impopolare da approvare, e tre primi ministri ‘bruciati’, quali sono le opzioni in mano al presidente? E dunque, gli scenari possibili per la Francia?

Le opzioni sono fondamentalmente tre, nessuna delle quale garantisce che la seconda economia dell’eurozona esca tanto presto e in modo indolore dalla palude in cui si trova.

La situazione attuale: “Non ci sono le condizioni per governare”

La situazione, in evoluzione, è questa: dopo 27 giorni dall’incarico di formare un nuovo governo, in seguito alla caduta di quello a guida François Bayrou, Sébastien Lecornu, fedelissimo di Macron, ha presentato domenica sera la nuova squadra di governo. Salvo poi dimettersi poche ore, ieri mattina: “Non ci sono le condizioni per governare”, ha spiegato. “Ogni partito pensa di avere la maggioranza”, ha aggiunto sottolineando che hanno prevalso gli interessi di parte.

Macron ha accettato le dimissioni ma ha anche chiesto al premier più breve della storia recente francese di condurre altri colloqui per “definire una piattaforma di azione e stabilità per il Paese“, come extrema ratio. Dead line, ovvero la scadenza: mercoledì sera.

Dopodiché, se non si saranno fatti passi avanti, Macron “affronterà le sue responsabilità“, hanno detto ai media francesi alcuni suoi stretti consiglieri. Ma quali sono queste responsabilità? Ecco le opzioni, tutte impervie, a disposizione del titolare dell’Eliseo.

Un nuovo premier

La prima ipotesi è quella di nominare un altro primo ministro. In tal caso, Macron potrebbe continuare a pescare nel proprio campo centrista, dimostrando che errare è umano ma perseverare è diabolico, o cambiare cercando in quello dell’opposizione, in particolar modo a sinistra. Il voto del luglio 2024 infatti venne vinto dal Nuovo Fronte Popolare, un’alleanza di forze di sinistra poi scioltasi per divergenze. Il Nfp non ottenne la maggioranza assoluta, ma da allora i partiti che lo componevano rivendicano di avere diritto ad esprimere un premier, un’istanza ripetuta anche in queste ore. C’è poi la possibilità di un primo ministro tecnico.

L’ipotesi della nomina di un nuovo premier rischia tuttavia di prolungare, e dunque aggravare, la crisi in corso. Senza contare che il prescelto si troverebbe davanti le stesse difficoltà dei precedenti, soprattutto per quanto riguarda la definizione e l’approvazione della legge di bilancio.

Elezioni anticipate

Un’altra ipotesi, ritenuta la più probabile, è quella di sciogliere l’Assemblea Nazionale e indire elezioni anticipate. Ma il rischio è che il risultato sia un Parlamento altrettanto frammentato, se non di più, di quello attuale. I centristi di Macron ne uscirebbero indeboliti, mentre i sondaggi danno per vittoriosa l’estrema destra di Rassemblement National (con circa il 33-34% dei voti), alla quale Macron sta cercando di non consegnare ‘la stanza dei bottoni’. Il partito del presidente è dato per terzo, con la metà prevista di voti rispetto a Rn, mentre la sinistra sarebbe seconda.

Inoltre, un nuovo voto significherebbe non approvare il bilancio, nodo su cui sono caduti gli ultimi due governi e su cui non c’è un minimo accordo tra le forze in campo. È già successo lo scorso anno, quando la caduta dell’esecutivo guidato da Michel Barnier ha fatto sì che si dovesse riprendere tale e quale il bilancio precedente fino all’adozione di quello nuovo a febbraio.

In queste ore tra politici ed analisti sta anche girando l’ipotesi che il presidente voglia il caos consapevolmente, e che cerchi le elezioni anticipate per rafforzare sul breve momento Rassemblement National, lasciare che perda consensi alla prova concreta di governo, e poi affrontarlo alle presidenziali del 2032. Macron, infatti, non può ripresentarsi per un terzo mandato nel 2027 ma potrebbe farlo alla tornata successiva. Una scommessa che viene definita “pericolosa”.

Adieu Macron?

La terza opzione sono le dimissioni da presidente. Il mandato di Macron sulla carta termina nel 2027, e lui ha sempre ribadito che rimarrà in carica fino all’ultimo quarto d’ora. Ma anche se al momento non sembra questa l’ipotesi più probabile, le pressioni sull’inquilino dell’Eliseo a farsi da parte sono in aumento. Ad esempio, il partito di estrema sinistra La France Insoumise chiede nuove presidenziali, nella convinzione che un nuovo voto cambierebbe poco le cose.

Sicuramente Macron sta perdendo la sua leadership, sia all’interno, dove è visto come il responsabile della crisi francese, sia all’esterno, dove appare sempre più come un leader zoppo e privo di una vera presa politica. A Bruxelles, riportano i media, si parla già della sua ‘eredità’, come il concetto di “autonomia strategica”, oggi diventato centrale in ogni campo, e la sua capacità di visione a lungo campo.

Per completezza, riportiamo che Valérie Pécresse, presidente della Regione di Parigi e membro del partito di destra Les Républicains, ha proposto una quarta opzione, quella di indire un referendum per “consultare i cittadini sulle principali riforme economiche” e su altre questioni chiave.

Le Pen si frega le mani

A destra intanto Marine Le Pen, leader di Rn, e Jordan Bardella, presidente del partito, si fregano le mani. “Siamo pronti a governare“, ha detto il giovane, arrivando ieri a un incontro al quartier generale del movimento. Rn, già ago della bilancia dei precedenti fallimentari governi Barnier e Bayrou, chiede elezioni anticipate, oppure le dimissioni di Macron.

Siamo alla fine della strada“, ha dichiarato Le Pen. “La barzelletta è finita, la farsa è durata abbastanza. Combattendo irrazionalmente le istituzioni, il presidente sta mettendo il Paese in una situazione terribilmente complicata. Lo invito a sciogliere l’Assemblea Nazionale, non ci sono altre soluzioni”, ha dichiarato la politica alla tv francese.

Eric Ciotti, capo di un piccolo partito di destra alleato di Le Pen, ha promesso che, insieme a Rn, censurerà “immediatamente qualsiasi nuovo governo”, nel caso Macron proponga un nuovo premier invece di indire le elezioni.

Ricordiamo che Le Pen, attualmente soggetta a un divieto di candidarsi a cariche pubbliche a seguito di una condanna per appropriazione indebita emessa lo scorso marzo, per la quale ha fatto ricorso, non potrebbe partecipare in prima persona a un eventuale voto. Ma ha anche affermato che la sua
situazione personale non influenzerà le sue decisioni di leadership. Se si andasse alle urne, sarebbe Bardella il candidato premier.

Bruxelles si mangia le unghie (per la preoccupazione)

Intanto, anche Bruxelles e gli investitori guardano con ansia verso Parigi, chiedendosi se e come la Francia potrà ripianare il deficit di bilancio e uscire dalla crisi politica. L’incertezza, come è noto, è nemica degli investimenti, e in un momento caratterizzato dalle politiche ondivaghe e aggressive di Donald Trump, da crisi plurime in tutto il Mondo, a partire dall’Ucraina, e dalla crescita delle estreme destre un po’ ovunque, l’instabilità della seconda economia dell’eurozona, unica potenza nucleare dell’Unione, rischia di destabilizzare tutto il blocco.

Questo perché una Francia senza guida e politiche chiare e autorevoli è debole, e la sua debolezza diventa anche quella di tutta l’Ue: Il Paese ha il 15% della popolazione dell’Unione e un grosso peso difensivo, finanziario e commerciale. Inoltre, Macron finora ha avuto un ruolo trainante – basti pensare alla Coalizione dei volenterosi con il Regno Unito -, mentre il motore franco-tedesco storicamente ha guidato e stimolato il cambiamento. L’indebolimento dell’influenza francese in Europa significa maggior potere per Germania e altri Paesi, ma il caos politico a Parigi potrebbe minare l’agenda del blocco e la sua competitività. La Francia, il cui debito è ora visto come più rischioso di quello italiano, rischia di diventare il nuovo ‘malato d’Europa’.

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