Cosa succede con Viktor Orbán al Consiglio Ue?

Inizia da oggi 1° luglio la presidenza ungherese al Consiglio dell’Unione europea: quali sono gli scenari plausibili nei prossimi sei mesi?
3 giorni fa
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Viktor Orban

Il governo di Viktor Orbán, a partire da oggi, presiederà le riunioni ministeriali del Consiglio dell’Unione europea. Con il 1° luglio, infatti, inizia ufficialmente la presidenza ungherese a Bruxelles. Il compito? Coordinare le operazioni stabilendo l’agenda settimanale. Lo slogan? “Make Europe Great Again”. Il premier dell’Ungheria strizza l’occhio al motto di Donald Trump durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2016. E mentre si prepara alla sua strategia politica e allunga una mano alla Cina, c’è chi si inizia già a preoccupare. Cosa potrebbe accadere nella seconda metà del 2024 in Europa?

Le priorità di Viktor Orbán al Consiglio dell’Ue

Il governo ungherese ha preso il testimone del Belgio e da domani inizierà a presiedere il primo Consiglio dell’Unione europea con Orbán a capo. Le sue priorità possono essere sintetizzate in sette punti:

• Competitività del mercato unico
• Politiche di difesa
• Allargamento dell’Unione
• Lotta all’immigrazione
• Futuro delle politiche di coesione
• Agricoltura
• Demografia

Il ruolo del Consiglio Ue definisce gli orientamenti politici principali sulle scelte da intraprendere fino al 31 dicembre 2024. In una nota, il Consiglio ha scritto: “L’Ungheria assume la presidenza del Consiglio dell’Ue in un momento di circostanze e sfide straordinarie. Il nostro continente si trova ad affrontare sfide comuni dovute alla guerra nei nostri paesi limitrofi, al crescente ritardo dell’Ue rispetto ai suoi concorrenti globali, alla fragile situazione di sicurezza, all’immigrazione illegale, alla vulnerabilità delle catene di approvvigionamento internazionali, ai disastri naturali, agli effetti del cambiamento climatico e all’impatto delle tendenze demografiche”.

E ancora: “Inoltre, poiché il 2024 è un anno di transizione, la presidenza ungherese dovrà garantire la continuità dei lavori in seno al Consiglio, in collaborazione con il Parlamento europeo e la Commissione europea di nuova costituzione, e dovrà avviare l’attuazione dell’Agenda strategica 2024-2029, che definisce gli orientamenti a lungo termine per il futuro lavoro dell’Unione. La presidenza ungherese e l’Europa devono essere preparate al fatto che guerre, conflitti armati, crisi umanitarie nel mondo e le loro conseguenze continueranno a mettere alla prova il continente nella seconda metà del 2024”.

“L’Ungheria – conclude il Consiglio – agirà da mediatore onesto, in uno spirito di sincera cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni, per la pace, la sicurezza e la prosperità di un’Europa veramente forte”. Ma qualche dubbio è già alle porte del dibattito pubblico. Scopriamo perché.

Budapest contro Bruxelles (e viceversa): gli scenari possibili

Partiamo dallo slogan. Il riferimento al motto di Donald Trump, del quale Viktor Orbán è grande estimatore, crea la prima preoccupazione. Gli scenari di una presidenza americana (si vota il 5 novembre negli Stati Uniti) con a capo il Tycoon non lasciano ben sperare l’Unione europea e gli Stati membri. Con una presidenza del Consiglio dell’Ue che gli sarebbe alleata si potrebbero favorire accordi bilaterali e politiche in controtendenza con il mandato europeo precedente. Tra ambiente e diritti civili, tutto potrebbe essere rimesso in discussione: compresa la sicurezza fornita dagli Usa all’Europa.

Altra grande preoccupazione è che il governo ungherese ha le sembianze di un semi autoritarismo che controlla stampa, media e organi principali di comunicazione, veicolando messaggi alla popolazione spesso in linea con le scelte del governo.

La presidenza del Consiglio dell’Ue, inoltre, ruota ogni sei mesi tra tutti i 27 Stati membri. Secondo un calendario stabilito in anticipo, si parla di “turni”. Quella italiana, ad esempio, è avvenuta nel 2014 con Matteo Renzi, mentre la prossima è prevista nel 2028. A partire dall’anno scorso, quindi, con l’avvicinarsi della presidenza ungherese, il Parlamento europeo aveva approvato una mozione non vincolante che chiedeva, nei fatti, di far saltare il turno di Orbán. E già nel 2022, secondo il Parlamento Europeo, l’Ungheria non poteva “più essere considerata pienamente una democrazia”, ma una “autocrazia elettorale”.

Dello stesso parere era la Commissione europea. Nel 2022, infatti, aveva sospeso il trasferimento dei fondi europei al Paese di Orbán accusando il suo governo di usare quegli stessi fondi per scopi personali. Fondi poi sbloccati lo scorso anno per favorire gli aiuti umanitari all’Ucraina, sulla quale l’Ungheria si è espressa con voto favorevole (serviva l’unanimità). Ma le posizioni del presidente ungherese sono note: in più occasioni ha rallentato le sanzioni alla Russia con veti o esenzioni per il suo Paese.

A giugno dello scorso anno, poi, la Corte di giustizia dell’Ue ha inflitto all’Ungheria una multa di 200 milioni di euro e una sanzione giornaliera di un milione di euro per non aver rispettato le leggi sull’asilo del blocco e per aver deportato illegalmente i migranti. Dopo aver eretto recinzioni di confine con filo spinato in risposta all’ondata migratoria del 2015, il governo di Orbán si è opposto a questo provvedimento e anche alla recente revisione delle leggi del blocco sulla gestione dei richiedenti asilo e dei migranti.

Infine, anche se la Commissione europea ha sottoposto la Cina a dazi per concorrenza sleale nel settore della mobilità elettrica, Xi Jinping sembra sorridere a Viktor Orbàn e ha investito nel Paese 16 miliardi di euro. L’Ungheria è il beneficiario di una fabbrica del produttore cinese di veicoli elettrici BYD, oggetto di un’indagine da parte della Commissione Europea sulle auto elettriche. Ha inoltre adottato misure per approfondire i legami con il colosso tecnologico cinese Huawei, visto da Bruxelles come un fornitore ad alto rischio. Poi c’è una ferrovia in costruzione, finanziata dalla Cina, che collega Budapest a Belgrado nella vicina Serbia. “Esiste la possibilità di un partenariato economico significativo e reciprocamente vantaggioso con la Cina – ha detto il ministro ungherese János Bóka a Politico -. E credo che questa sarà la sfida più grande del prossimo ciclo istituzionale”.

“L’Ungheria ha un’occasione d’oro per sabotare l’agenda di sicurezza economica dell’Europa”, ha affermato Tobias Gehrke, senior policy fellow dell’European Council on Foreign Relations.

C’è da preoccuparsi?

Non rimane che chiedersi se non ci sia da preoccuparsi per la presenza di Viktor Orbàn e per i poteri conferitogli. Ma alcuni analisti sono alquanto scettici sulla libertà delle mosse della presidenza ungherese. In sostanza, l’Unione europea vaglierà i candidati commissari suggeriti dai governi nazionali per il Parlamento europeo non prima di ottobre/novembre. Qualora il Parlamento Europeo volesse respingere i nomi indicati dai governi, potrà votare contro la nomina, in un voto non vincolante che però ha un enorme peso politico: la volontà “popolare” contro i governi nazionali. E per allora, la presidenza dell’Ungheria avrà scadenza breve.

Così, per non restarsene con le mani in mano, insieme al leader del partito nazionalista austriaco Fpo (Freiheitliche Partei Österreich) Herbert Kickl e al fondatore del partito populista ceco Ano ed ex premier Andrej Babis. Viktor Orbàn ha firmato a Vienna il ‘Manifesto patriottico‘ con cui suggellano la loro nuova alleanza politica. Parlando alla Tv Fpo, Orbàn ha invitato altri partiti a unirsi all’alleanza che, ha garantito, ”diventerà la rappresentanza più forte della destra europea all’interno del Parlamento europeo’.

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