L’Unione Europea sta attraversando una fase storica cruciale in cui le esigenze di rilancio economico si intrecciano con sfide geopolitiche e cambiamenti strutturali. Come nel passato Roosevelt con il suo New Deal, i leader europei si trovano oggi a dover risollevare l’Europa attraverso nuovi strumenti di crescita e cooperazione. Il recente incontro a Budapest, culminato nella Budapest Declaration on the New European Competitiveness Deal, rappresenta una tappa significativa verso una nuova strategia di competitività europea che mira a colmare il divario con le potenze economiche globali, in particolare gli Stati Uniti e la Cina.
L’incontro, tenutosi nello stadio Puskas di Budapest, ha riunito i Capi di Stato e di governo dell’Ue e l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, chiamato a offrire una visione d’insieme sui bisogni di competitività dell’Unione. Tuttavia, se da un lato l’obiettivo di recuperare terreno con le principali economie globali è condiviso, dall’altro le dichiarazioni uscite dal summit lasciano intravedere un approccio cauto e privo di dettagli operativi concreti, evidenziando le persistenti divisioni tra gli Stati membri. La dichiarazione si limita a indicare l’intenzione di “esplorare lo sviluppo di nuovi strumenti”, mantenendo un linguaggio vago che evita di assumere impegni stringenti.
Draghi e il richiamo all’azione
Il rapporto Draghi, che ha svolto un ruolo centrale nel summit, traccia un quadro chiaro delle difficoltà economiche e competitive dell’Ue. L’ex presidente della Bce ha espresso con urgenza la necessità di agire, soprattutto alla luce della rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti, che secondo Draghi porterà a un’ulteriore accelerazione della competizione internazionale in settori strategici come la tecnologia avanzata. “Ci sono grandi cambiamenti in vista” e “quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni”, ha dichiarato Draghi, sottolineando come il tempo perso sia costato in termini di sviluppo e crescita economica.
Draghi ha identificato l’alta tecnologia come uno dei settori in cui l’Europa si trova in netto ritardo rispetto agli Stati Uniti, il cui settore tecnologico beneficia di investimenti massicci e di un sistema di incentivi e politiche pubbliche volte a sostenere l’innovazione. In un contesto internazionale dove la produttività è il principale motore di competitività, l’Ue rischia di rimanere sempre più indietro, con conseguenze negative per la propria autonomia strategica e per la crescita occupazionale.
La visione europea
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha espresso un cauto ottimismo sulla possibilità di reperire fondi attraverso “nuovi contributi al bilancio o nuove risorse proprie”, lasciando però intatta la questione chiave su come finanziare concretamente l’ambizioso piano di investimenti necessari per competere a livello globale. La posizione della von der Leyen evidenzia un cambio di rotta, soprattutto a seguito della recente uscita di Christian Lindner dal governo tedesco, aprendo la strada a un possibile accordo sui finanziamenti comuni che finora avevano incontrato resistenze, specialmente da parte dei paesi più avversi al debito comune.
L’obiettivo finale è quello di costruire un’Europa più resiliente e sovrana dal punto di vista industriale, tecnologico e della sicurezza economica. Tuttavia, la realtà delle divisioni interne emerge con forza, soprattutto quando si affrontano tematiche sensibili come la mutualizzazione del debito o la creazione di nuovi strumenti finanziari. I leader europei hanno riconosciuto la necessità di migliorare il funzionamento del mercato unico, rafforzare la Banca Europea per gli Investimenti e sviluppare l’Unione dei mercati dei capitali, ma resta da vedere come queste misure saranno implementate e, soprattutto, finanziate.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha tracciato un quadro della situazione: “Sappiamo, grosso modo, cosa dobbiamo fare. La vera domanda ora è se siamo davvero disposti a dotare gli Stati membri degli strumenti necessari per centrare gli obiettivi che ci siamo prefissati. Il tema delle risorse è cruciale, perché gli investimenti richiesti per realizzare ciò che desideriamo sono ingenti. Questo, secondo me, è il vero nodo del dibattito”. Il premier ungherese, Viktor Orbán, ha evidenziato che nessuno desidera “gestire il declino”, bensì “rendere l’Europa nuovamente grande”. Il problema rimane: come e con quali fondi? Mentre i leader discutono, l’Europa continua a perdere competitività.
La Dichiarazione di Budapest
Il documento adottato a Budapest propone una serie di linee guida per rilanciare la competitività europea in un contesto sempre più polarizzato a livello globale. Tra le misure prioritarie, si evidenzia la necessità di intensificare gli sforzi per un mercato unico pienamente funzionante, essenziale per l’innovazione e la crescita. La Commissione è stata invitata a presentare una strategia dettagliata per il rafforzamento del mercato unico entro il 2025, con una roadmap di azioni e scadenze precise.
Allo stesso tempo, l’Unione Europea è chiamata a compiere passi decisivi verso un’unione dei risparmi e degli investimenti, rafforzando l’integrazione dei mercati dei capitali per permettere l’accesso alle risorse finanziarie necessarie per le imprese innovative e le Pmi. La creazione di un mercato dei capitali realmente unificato potrebbe contribuire significativamente alla competitività dell’Ue, soprattutto nei settori tecnologici e industriali chiave.
La Dichiarazione di Budapest include inoltre obiettivi per sostenere un rinnovamento industriale che supporti la decarbonizzazione, affinché l’Ue mantenga il suo ruolo di potenza industriale e tecnologica. A tal proposito, si auspica una politica industriale che non solo favorisca le tecnologie emergenti, ma che accompagni anche la transizione delle industrie tradizionali, mentre la Commissione viene esortata a delineare una strategia globale per l’industria.
Un altro punto di svolta riguarda l’introduzione di una “rivoluzione di semplificazione“, per ridurre la complessità normativa e i costi amministrativi per le imprese. Si chiede alla Commissione di proporre, entro la metà del 2025, misure concrete per abbattere gli obblighi di informazione almeno del 25%, adottando una visione che supporti la crescita delle imprese senza appesantirle di eccessiva burocrazia.
Sul fronte della difesa, la dichiarazione sottolinea la necessità di migliorare la prontezza e le capacità difensive dell’Ue, con un rafforzamento dell’industria della difesa e un sostegno alla competitività tecnologica in ambito militare.
Inoltre, la Dichiarazione mira a consolidare il ruolo dell’Europa nella ricerca e nell’innovazione globale, soprattutto nelle tecnologie di rottura, proponendo di raggiungere una spesa per la ricerca e sviluppo pari al 3% del Pil entro il 2030.
L’obiettivo di sovranità energetica e neutralità climatica entro il 2050 rappresenta una priorità assoluta per l’Ue, che si impegna a costruire una vera e propria Unione dell’energia, caratterizzata da un mercato integrato e interconnesso. Questo include la decarbonizzazione del mix energetico e la fornitura di energia pulita e a prezzi accessibili, in risposta alla volatilità dei prezzi energetici.
Per costruire un’economia circolare e ottimizzare l’uso delle risorse, l’Ue punta a creare un mercato integrato per i materiali secondari, concentrandosi in particolare sulle materie prime critiche. In questa direzione, la Commissione è stata invitata a proporre nuove normative sull’economia circolare.
Sul fronte digitale, l’Ue mira a potenziare le sue capacità tecnologiche e promuovere la trasformazione digitale in tutti i settori industriali, sfruttando l’economia dei dati in un ambiente sicuro e rispettoso della privacy. La Commissione è attesa a presentare proposte concrete su questo fronte entro giugno 2025.
Investire nelle competenze e nei talenti dell’Europa è un altro obiettivo centrale. Si intende promuovere la qualità dei posti di lavoro in tutta l’Unione, potenziando il dialogo sociale, garantendo pari opportunità e riducendo le disuguaglianze in conformità al Pilastro Europeo dei Diritti Sociali.
Infine, la Dichiarazione ribadisce l’importanza di una politica commerciale ambiziosa e resiliente, incentrata sull’OMC e sulla diversificazione economica, promuovendo al contempo la sicurezza economica dell’Ue. Un settore agricolo competitivo, sostenibile e resiliente è visto come un altro pilastro essenziale, con l’obiettivo di garantire condizioni di mercato stabili per gli agricoltori e di rafforzarne la posizione nella filiera alimentare.”
L’analisi della situazione europea
Il quadro tracciato a Budapest evidenzia una serie di sfide che l’Europa non può più ignorare. Il divario tra il Pil degli Stati Uniti e quello dell’Eurozona si è ampliato fino al 80% dal 2008, una differenza che non può essere sottovalutata. Inoltre, nessuna delle prime dieci aziende per capitalizzazione a livello mondiale è europea, un segnale evidente della mancanza di competitività del continente. La Dichiarazione di Budapest espone in modo diretto le principali carenze del sistema produttivo europeo, invitando a colmare il gap attraverso investimenti significativi sia pubblici sia privati, e a promuovere un ambiente in cui l’innovazione possa prosperare.
Nonostante l’urgenza di questi temi, le soluzioni prospettate rimangono generiche. Il documento di Budapest afferma la necessità di migliorare la competitività europea mobilitando risorse da varie fonti, inclusi i capitali privati, ma evita di affrontare direttamente la questione del debito comune, uno degli argomenti più divisivi in seno all’UE. Si invita a una maggiore coesione tra i paesi membri, ma senza specificare come superare le profonde differenze che ancora caratterizzano il dibattito.
Un punto cruciale riguarda il sistema di finanziamento necessario per realizzare questi progetti. La dichiarazione propone di “esplorare” nuovi strumenti finanziari, senza però offrire un quadro chiaro su come e quando questi strumenti verranno implementati. Il richiamo all’Unione dei Mercati dei Capitali e all’ulteriore coinvolgimento della Banca Europea per gli Investimenti è significativo, ma non rappresenta una novità radicale. Resta quindi incerto come l’Ue riuscirà a raccogliere i fondi necessari senza un impegno più incisivo da parte dei governi nazionali.