Commissione europea, i rumors su commissari e vicepresidenze. Polemiche su Fitto e Ribera

Mercoledì prossimo von der Leyen presenterà il suo collegio e dunque sapremo con certezza a chi saranno andati i portafogli più pesanti. Ecco le indiscrezioni emerse finora
1 settimana fa
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Ursula Von Der Leyen
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen

Manca poco a sapere con certezza come sarà composta la nuova Commissione europea, la seconda a guida Ursula von der Leyen. Mercoledì 11 settembre la tedesca presenterà il suo collegio e dunque sapremo i nomi dei commissari e delle vicepresidenze esecutive, e a chi saranno andati i portafogli più pesanti.

Ma fino ad allora si inseguiranno rumors, indiscrezioni e voci di corridoio. La prima, lunedì scorso, era piuttosto una bomba: Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva all’Economia, una nomina che, se confermata, potrebbe creare problemi a VDL, come vedremo fra poco.

Ecco cosa è emerso finora:

  • Kaja Kallas (Estonia – Alde): Alta Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (già certa)
  • Valdis Dombrovskis (Lettonia – Ppe): vicepresidente esecutivo all’Allargamento e la Ricostruzione dell’Ucraina (secondo voci di corridoio potrebbe coprire anche l’ambita Difesa)
  • Thierry Breton (Francia – Alde): vicepresidente esecutivo all’’Industria e Autonomia strategica  .
  • Raffaele Fitto (Italia – Fdi): vicepresidente esecutivo all’Economia e alla ripresa post-pandemica 
  • Teresa Ribera (Spagna – S&D): vicepresidente esecutiva per la Transizione, copre anche ecologia e digitale
  • Henna Virkkunen (Finlandia – Ppe): commissaria per l’Innovazione digitale/Trasporti
  • Josef Sikela (Repubblica Ceca – indipendente): commissario europeo per l’Energia
  • Piotr Serafin (Polonia – Ppe): commissario alle Questioni di bilancio dell’Unione
  • Maroš Šefčovič (Slovacchia – S&D): vicepresidente esecutivo agli Affari interistituzionali

Vediamo chi sono.

Kaja Kallas

Kallas, 47 anni, nativa della capitale Tallin, è stata primo ministro dell’Estonia dal gennaio 2021 al luglio 2024, quando si è dimessa per diventare Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione. Avvocata esperta in diritto della concorrenza estone ed europeo, ha iniziato la sua carriera lavorando per due importanti studi legali del suo Paese, per poi essere eletta nel Parlamento nazionale nel 2011 e approdare all’Europarlamento nel 2014, dove fa parte dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa. Appassionata di innovazione, è stata correlatrice della relazione “Verso un atto per il mercato unico digitale”.

Kallas ha l’impegno politico nel Dna: suo padre, Siim Kallas, è stato primo ministro del suo Paese tra il 2002 e il 2003 e poi commissario Ue ai Trasporti per 10 anni, mentre il suo bisnonno è addirittura tra i fondatori dell’Estonia indipendente dopo la fine dell’impero zarista.

Durante le deportazioni sovietiche dall’Estonia sua madre fu trasferita forzatamente con sua nonna in Siberia dove vi rimase fino ai dieci anni, un trauma che ha scavato una profonda ferita nel nucleo familiare di Kallas.

Nell’estate 2023 l’ex premier estone ha dovuto affrontare uno scandalo in patria, dovuto ai rapporti commerciali della società di logistica del marito con la Russia. Anche se lei ha detto di non saperne nulla, in patria si è registrato un calo di popolarità mentre la cosa non sembra avere avuto troppe ripercussioni a livello internazionale. Sicuramente non è stato un problema per la sua nomina alla più alta carica diplomatica dell’Unione.

I problemi principali nell’agone europeo Kallas li ha invece avuti a marzo, quando si è ventilata l’ipotesi che il suo governo abbia gonfiato artificialmente i rimborsi per le armi inviate all’Ucraina nell’ambito del Fondo europeo per la pace (Epf), accusa a cui il ministero degli Esteri estone ha replicato dicendo che Tallin ha rispettato le regole.

La premier estone è considerata un’europeista, con una ampia esperienza sia di politica interna che europea. Ma sono soprattutto le sue posizioni verso Est a caratterizzarla: Kallas è fermamente anti-putianiana, e ha sostenuto con forza la necessità di sanzionare la Russia e di fornire aiuti finanziari e militari all’Ucraina.

Già dal 2021, mentre Putin ammassava truppe al confine ucraino, Kallas aveva avvisato i leader europei e americani che la situazione rischiava di tracimare: per questo qualcuno, come riporta Repubblica, l’ha chiamata ‘Cassandra del Nord’.

La Russia intanto l’ha inserita nella propria lista dei ricercati. Coerentemente con il suo approccio antirusso, Kallas è a favore del rafforzamento della difesa comune europea anche perché, ha detto ad Afp: “Se questa aggressione paga in Ucraina, allora serve come invito a usarla altrove”.

Valdis Dombrovskis

Valdis Dombrovskis è nato a Riga, in Lettonia, 53 anni fa, da una famiglia di origini polacche. Laurato in Fisica (1993) e poi in Economia per Ingegneri (1995), ha ottenuto anche un master in amministrazione fiscale nel 2007. Ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro in campo scientifico, tra laboratori e di fisica e ricerche nell’ambito dell’ingegneria elettronica, collezionando esperienze in Germania e negli Stati Uniti.

Politicamente, è diventato membro della dirigenza di Nuova Era, partito politico lettone di orientamento conservatore, nel 2002. Durante la legislatura 2002-2004 fu ministro delle finanze e membro del Parlamento lettone, alternando l’impegno con quello di osservatore presso il Consiglio dell’Unione europea nel 2003-2004.

Dal 2009 al 2014 è stato primo ministro della Lettonia, carica da cui si dimise in seguito al crollo del tetto di un supermercato a Riga che provocò la morte di 54 persone.

Nel 2014 entrò nel Parlamento europeo nelle liste di Unità, partito politico di centro-destra di ispirazione liberal-conservatrice. Jean-Claude Juncker lo sceglie come vicepresidente della sua Commissione nel 2014, e da allora Dombrovskis ha gestito diverse tematiche (euro nel periodo 2014-2019, servizi finanziari nel periodo 2016-2020, commercio dal 2020 a oggi), venendo anche confermato da von der Leyen. Attualmente è vicepresidente esecutivo per l’Economia e commissario ai servizi finanziari con una delega ad interim per il commercio.

Dombrovskis, europeista convinto a favore di Europa cosmopolita ed aperta alle nuove realtà internazionali, è noto da anni per essere un falco in economia, addirittura il ‘falco tra i falchi’: fermo sostenitore del rigore e dell’austerità, quindi del rispetto delle normative europee e dei vincoli di bilancio, più volte è entrato in rotta di collisione con i governi italiani per i tentativi – e le richieste – di questi ultimi di sforare il budget di bilancio. Un problema che ha riguardato anche Paesi come la Spagna e la Grecia, sebbene verso l’Italia si sia parlato di una ‘ossessione’ che data al 2015. Nemmeno Mario Draghi fu risparmiato dagli strali del vicepresidente della Commissione, quando fu presidente del consiglio italiano.

Infine, anche se in seguito alla pandemia le norme su deficit e aiuti di stato sono state ‘congelate’, Dombrovskis ha più volte ricordato che l’emergenza prima o poi sarebbe finita e ha continuamente rinnovato i suoi appelli pro-rigore. 

Thierry Breton 

Thierry Breton nasce a Parigi nel 1955, figlio di un funzionario dell’agenzia responsabile dello sviluppo dell’energia nucleare. Nel 1979 si è laureato in ingegneria elettrica e informatica presso l’École Supérieure d’Électricité (ora CentraleSupélec) e in seguito ha conseguito un master all’Institut des hautes études de défense nationalale. Attualmente è commissario europeo per il mercato interno e i servizi.

Prima della politica, Breton ha svolto diverse professioni: professore di informatica e matematica in un liceo newyorkese, ceo (fino al 1986) della società di analisi di sistemi e ingegneria del software Forma Systems da lui stesso fondata, ma soprattutto è stato un manager di successo internazionale nell’ambito delle principali compagnie delle telecomunicazioni francesi. Esperienze che gli hanno valso il soprannome di “mago dei ribaltoni” per la sua capacità di rimettere in piedi società praticamente spacciate. Così è stato con il produttore di computer Groupe Bull nel 1993, salvato dalla bancarotta, con il gigante dell’elettronica Thomson Multimedia, passato dal disastro completo al +80% di utile, e con France Télécom. Breton passò alla ‘società quotata più indebitata al mondo’ su richiesta dell’Eliseo e la privatizzò triplicando il suo valore, senza danni per i dipendenti.

Dal 2005 al 2007, sotto la presidenza di Jacques Chirac, è stato ministro dell’economia nel governo de Villepin. Breton ha incentrato la sua politica economica sulla necessità di riformare le finanze pubbliche, in particolare per ridurre il debito. I francesi lo ricordano soprattutto per la frase secondo cui la Francia viveva al di sopra dei propri mezzi (correva l’anno 2005), ma i risultati sono stati chiari: alla fine del 2006 il disavanzo pubblico era ridotto al 2,5% del PIL mentre il PIL cresceva del 2,1% rispetto all’1,7% del 2005.

A livello europeo Breton si è distinto recentemente per una querelle con Elon Musk, in occasione di un’intervista che quest’ultimo ha fatto a Donald Trump in diretta su X. In una lettera aperta il commissario chiedeva al magnate di intervenire contro la disinformazione e l’odio on line che potevano derivare dallo streaming, ricevendone in risposta un velato invito ad andare a quel paese e poco velate critiche da analisti e politici a stelle e strisce che hanno visto nella sua mossa un’ingerenza negli affari interni USA e un tentativo di interferire con le presidenziali americane di novembre.

Piccola curiosità: Breton si diletta a scrivere thriller a sfondo tecnologico e geopolitico. Il suo primo libro è ‘Softwar’.

Raffaele Fitto

Raffaele Fitto nasce a Maglie, in provincia di Lecce, nel 1969, e inizia la sua militanza politica, che afferma di considerare una ‘vocazione’, molto presto, raccogliendo l’eredità del padre che è stato governatore della Puglia dal 1985 al 1988. Laureato in Giurisprudenza all’Università di Bari, già a 19 anni è entrato nella Democrazia Cristiana e a 20 venne eletto consigliere regionale in quota Dc, incarico confermato cinque anni dopo. Diventato assessore regionale al Turismo, dal 1995 al 1998 è stato poi vicepresidente della Regione Puglia. Nel 1999 venne eletto per la prima volta al Parlamento europeo, incarico lasciato nel 2000 per candidarsi alla Presidenza della Regione Puglia. Vinte le elezioni, Fitto è diventato il più giovane Presidente di Regione della storia della Repubblica Italiana.

Nel 2006 venne eletto alla Camera dei Deputati in quota Forza Italia per essere poi riconfermato due anni dopo nel partito Popolo delle Libertà, entrambe le forze a trazione Berlusconi. Nel 2008 ha assunto l’incarico di ministro degli Affari Regionali e le Autonomie Locali nel governo Berlusconi IV e dal 2010 fino alla caduta dell’esecutivo nel novembre 2011 anche la responsabilità della ‘coesione territoriale’, che implica la gestione del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica.

Si caratterizza così, sempre di più, come un amministratore e gestore di fondi pubblici.

Nel 2014 Fitto è tornato all’Europarlamento come esponente di Forza Italia ma negli anni successivi è entrato in Fratelli d’Italia e nel 2015 ha partecipato alla nascita del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), nonostante Fi fosse storicamente affiliata ai Popolari Europei, a causa di dissidi con Berlusconi.

Nel 2019 è diventato copresidente di Ecr all’Eurocamera ma con le elezioni politiche italiane del 2022 è tornato alla Camera dei deputati, diventando ministro degli Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr per il governo Meloni.

Fitto è dunque un politico di lungo corso, con esperienza sia in Italia che in Europa. Nell’arco di 35 anni è passato con continuità dalla Dc al ventennio berlusconiano a Fdi. Per questo viene considerato un politico adatto a tutte le occasioni, definito più volte ‘l’uomo giusto’ o anche ‘golden boy’.

La gestione dei fondi del PNRR tuttavia lo ha esposto a molte critiche – l’Italia è il Paese che in valore assoluto ha ricevuto più fondi –, soprattutto sulle priorità di spesa del governo oltre che sui ritardi. Critiche rispedite al mittente da Meloni e da Fitto, forti anche dei dati della Commissione, secondo cui l’Italia finora ha raggiunto un terzo degli obiettivi concordati, facendo meglio della media europea.

Teresa Ribera

Teresa Ribera Rodríguez nasce a Madrid nel 1969 e attualmente è ministro – dimissionario – della Transizione ecologica e della sfida demografica nel governo Sánchez II. Laureata in giurisprudenza presso l’Università Complutense di Madrid e diplomata in Diritto costituzionale e Scienze politiche presso il Centro di studi costituzionali, fa parte dell’organo superiore degli amministratori civili dello Stato ed è stata professoressa associata del Dipartimento di diritto pubblico e filosofia del diritto presso l’Università autonoma di Madrid. Annovera tra i precedenti incarichi quelli di capo coordinamento del Ministero dello Sviluppo, consigliera tecnica nel Gabinetto del segretario, assistente per l’Ambiente e capo dell’area Conformità e Sviluppo.

La sua attività è stata segnata da un fil rouge, anzi vert (verde): l’ambiente. Tra il 2004 e il 2008 è stata direttrice generale dell’Ufficio per i cambiamenti climatici e tra il 2008 e il 2011 segretario di Stato per i cambiamenti climatici presso il Ministero dell’agricoltura e della pesca, dell’alimentazione e dell’ambiente.

Sulla stessa linea, Ribera è membro di diversi consigli consultivi, tra cui il Global Leadership Council della Rete delle soluzioni per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (UNSDSN), il consiglio consultivo globale sui cambiamenti climatici del World Economic Forum, l’iniziativa Momentum For Change della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), il consiglio internazionale del BC3 e il consiglio consultivo dell’Institut pour la Recherche du Développement.

Ribera è stata anche negoziatrice delle Nazioni Unite per il clima.

Nel giugno 2018, Sánchez l’ha nominata ministro per la Transizione ecologica. Le sue prime misure sono state la fine della “tassa solare” per consentire la libera produzione di energia e un accordo con i sindacati per chiudere la maggior parte delle miniere di carbone ancora attive nel nord del Paese, investendo per evitare l’impoverimento dei minatori e ripristinare l’equilibrio ambientale dell’area.

Ribera è convintamente anti-nucleare, infatti ha guidato la chiusura dei centrali atomiche in Spagna, definendo un “grande errore” la decisione dell’Ue di considerare il nucleare ‘investimento sostenibile’.

Fitto e Ribera: le contestazioni

E proprio le sue posizioni sul nucleare, in un momento in cui si assiste a nuova ondata di entusiasmo a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, possono creare a lei, e di riflesso a von der Leyen, più di un problema tra gli europarlamentari a favore dell’atomica. Ad esempio, la Francia l’anno scorso ha dichiarato di voler aumentare la capacità nucleare dell’Ue del 50% entro il 2050, mentre gli eurodeputati cechi hanno detto chiaramente che non sosterranno Ribera per via della sua posizione sul nucleare e per l’allineamento con gli obiettivi climatici dell’Ue. Per la spagnola si prevedono audizioni molto dure.

Non è finita qua. Ferme proteste si sono levate soprattutto all’indiscrezione secondo cui Fitto sarà EVP all’Economia. “Spero che le voci non siano vere“, ha detto la presidente del gruppo liberale Renew Valérie Hayer durante una registrazione di “La faute à l’Europe”, un programma televisivo in lingua francese sugli affari europei.

Per Hayer, la nomina di Fitto come EVP – se confermata – è “inaccettabile“. Primo punto: in questo modo uno dei portafogli più pesanti della Commissione andrebbe a un esponente dell’estrema destra, vanificando il cordone sanitario messo in atto dai gruppi conservatori e della sinistra verso i partiti radicali.

Secondo punto: Fdi ha votato contro la nomina di VDL alla seconda guida della Commissione, per cui Hayer ritiene “politicamente incomprensibile” affidare a Fitto un incarico così delicato, e ha “già chiarito a Ursula von der Leyen che questo non può reggere”. Ma al dunque i liberali voteranno contro Fitto? La presidente è stata prudente, specificando che innanzitutto attendono di capire se VDL “deciderà di andare avanti”.

Contrarietà per la nomina di Fitto è stata espressa anche dai socialisti, già seccati perché molti ruoli di peso andranno al Ppe. Come riportato da Politico, una fonte anonima ha definito “inaccettabile” che un ruolo così alto della Commissione vada a un membro dei Conservatori e Riformisti europei e ha assicurato: ” Non c’è spazio per questo“.