“Chiedo alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del Budapest Pride. Senza alcuna minaccia di criminalizzazioni o sanzioni amministrative ad organizzatori e partecipanti. Alla comunità LGBTIQ+ ungherese e non solo dico: sarò sempre una vostra alleata”. Così la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ribadisce su X la propria vicinanza a chi manifesterà nella capitale ungherese sabato 28 giugno nonostante il pugno duro del premier Viktor Orbán.
Per dimostrare il proprio sostegno alla causa dopo l’ambiguo silenzio delle scorse settimane, Von der Leyen ha accompagnato il testo con questo video messaggio:
I call on the Hungarian authorities to allow the Budapest Pride to go ahead.
Without fear of any criminal or administrative sanctions against the organisers or participants.
To the LGBTIQ+ community in Hungary and beyond:
I will always be your ally. pic.twitter.com/Wz0GBFRz8C
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) June 25, 2025
La risposta del leader di Fidesz non si è fatta attendere: “Esorto la Commissione europea ad astenersi dall’interferire nelle attività di contrasto degli Stati membri, dove non ha alcun ruolo da svolgere. Invito inoltre la Commissione a concentrare i propri sforzi sulle urgenti sfide che l’Unione europea si trova ad affrontare, settori in cui ha un ruolo e una responsabilità chiari e in cui ha commesso gravi errori negli ultimi anni, come la crisi energetica e l’erosione della competitività europea”, ha scritto subito dopo Orban sulla stessa piattaforma di Elon Musk.
A stretto giro, si è passati dai post social alla lettera con cui l’Ungheria invita gli altri Paesi Ue a non partecipare al Budapest Pride, ricordano che all’evento sarà presente anche la polizia.
La lettera dell’Ungheria agli ambasciatori Ue
Nella missiva, visionata dall’Agence France-Presse, l’Ungheria ha intimato agli ambasciatori dell’Ue e al loro staff di non partecipare alla marcia di sabato, sottolineando che la polizia ha vietato il raduno.
Gli organizzatori del Budapest Pride hanno risposto con una propria lettera, sostenendo che la polizia non aveva l’autorità di vietare la parata e promettendo che si sarebbe svolta come previsto dallo stesso comune capitolino. “Continuiamo a lavorare per garantire che la più grande parata dell’orgoglio omosessuale in Ungheria si svolga questo sabato in un ambiente sicuro e protetto”, ha affermato la presidente della manifestazione, Viktoria Radvanyi.
La legge ungherese anti-pride
Ad aprile il Parlamento ungherese ha approvato una modifica costituzionale – con 140 voti favorevoli e 21 contrari – per sancire che “i diritti dei bambini allo sviluppo morale, fisico e spirituale prevalgono su qualsiasi altro diritto diverso dal diritto alla vita, compreso quello di riunirsi pacificamente“. Per il governo Orbán i Pride fanno parte di un più ampio programma di “propaganda omosessuale“.
La mozione, fortemente voluta da Fidesz, che detiene la maggioranza di due terzi in Parlamento necessaria per emendare la Costituzione ungherese, inquadra come reato l’organizzazione o la partecipazione ad eventi che violino la contestatissima legge sulla protezione dell’infanzia (2021).
Dopo l’emendamento di aprile, la Costituzione ungherese riconosce ufficialmente solo il genere maschile e quello femminile.
In base alla stretta di Orbán chi partecipa al Pride di Budapest rischia multe fino a 200.000 fiorini ungheresi (485 euro). Se non pagate, le multe saranno riscosse come tasse. Gli organizzatori rischiano fino a un anno di carcere. La polizia può utilizzare la tecnologia di riconoscimento facciale per identificarli. Ma questo non è bastato a fermare i circa 70 eurodeputati che parteciperanno alla manifestazione di sabato. Tra questi, figure di spicco come Valérie Hayer e Terry Reintke, che hanno scelto di “denunciare i provvedimenti illiberali e discriminatori di Orbán”.
Tra i più attivi, l’eurodeputata di Avs Ilaria Salis che ha promesso di tornare in Ungheria per il pride nonostante la stretta di Orbán e gli undici mesi di carcere passati nel Paese in via cautelare, ancora prima di essere condannata. Anche gli organizzatori della Pride Parade hanno inviato una lettera alle ambasciate, sostenendo che la polizia non ha alcun diritto di vietare un evento organizzato dal consiglio comunale e che la marcia “non è né proibita né illegale”.
La battaglia progressista del sindaco Karácsony
Il sindaco progressista Gergely Karácsony ha deciso di sfidare apertamente Orbán, annunciando che “il Pride si farà, e a organizzarlo sarà proprio il Comune”. Una mossa coraggiosa che sfrutta una possibile scappatoia legale: secondo l’interpretazione del sindaco e degli organizzatori, gli eventi organizzati dal municipio non necessitano dell’autorizzazione della polizia.
La polizia ungherese ha però respinto questa interpretazione, emettendo un “esplicito divieto” e minacciando l’uso di “tecnologie di riconoscimento facciale per individuare, schedare e multare i partecipanti”.
Budapest Pride, la posizione dell’Ue
Un mese fa, un’inchiesta di Euractiv aveva gettato ombre sulle reali intenzioni di von der Leyen, sostenendo che la presidente della Commissione Ue avesse chiesto ai commissari europei di non partecipare al Budapest Pride temendo la reazione di Orban. La tardiva risposta di Bruxelles, arrivata solo dopo che 17 Paesi Ue avevano preso posizione sul tema, non soddisfa chi chiede più solerzia all’esecutivo europeo.
Nonostante le parole di sostegno, la Commissione ha scelto di “non inviare rappresentanti” alla manifestazione, preferendo una linea di neutralità che ha suscitato critiche feroci. Alessandro Zan, eurodeputato del Partito democratico, ha definito questa posizione “al limite della complicità”, sottolineando come “l’inazione rischi di minacciare la democrazia”.
Oggi la lista di Paesi Ue che chiede all’Ungheria di rivedere le proprie posizione è salita a 20. Il Parlamento europeo ha avviato la procedura dell’articolo 7 che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto dell’Ungheria nel Consiglio Ue ma solo raggiungendo il voto favorevole dei quattro quinti degli Stati membri, un obiettivo al momento difficile da raggiungere.
L’articolo 7 del trattato sull’Unione europea prevede la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’Unione europea, nel caso in cui un Paese membro “violi gravemente e persistentemente i principi su cui si fonda l’Ue”. Tra questi, sottolinea la decisione del Gag, ci sono “l’uguaglianza, il rispetto della dignità umana, della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani”, valori che nel Paese di Viktor Orbán sarebbero a rischio.
Il commissario europeo alla Giustizia, Michael McGrath, in conferenza stampa al termine del Gag, ha confermato che “persistono notevoli preoccupazioni e purtroppo si sono aggravate“, motivo per cui “la posizione della Commissione nel complesso non è cambiata: la procedura dell’articolo 7 deve essere mantenuta finché le questioni che le hanno innescate rimangono irrisolte”.
McGrath ha assicurato che Bruxelles è pronta a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per difendere i valori fondamentali dell’Unione.
La polizia ha autorizzato una contromanifestazione di estrema destra
Il Budapest Pride del 28 giugno si preannuncia incandescente. Oltre 35mila persone sono attese alla manifestazione, un numero superiore alle edizioni precedenti, alimentato proprio dalla politica proibizionista del governo Orbán. Ma il pericolo maggiore viene dalla decisione della polizia di autorizzare una contro-manifestazione del gruppo di estrema destra Hatvannégy Vármegye Ifjúsági Mozgalom lungo lo stesso percorso del Pride.
“Abbiamo scelto il percorso del Pride per il nostro raduno”, dichiarano sul loro sito i neofascisti. “Abbiamo già mostrato come ostacolare le organizzazioni della lobby Lgbtq+”. Il rischio di scontri è concreto, in una città che dal 1997 – quando divenne “la prima capitale di un paese dell’ex blocco comunista a ospitare una marcia del Pride” – ha visto progressivamente erodere i propri spazi di libertà.